Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8100 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8100 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 03/02/1966
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME
Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611 comma 1-bis e ss. c.p.p.
p.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce in data 03/04/2024 che ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce, con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di giustizia in ordine ai reati di cui agli artt. 629 cod. pen. (episodio del 29 febbraio 2020) e 393 cod. pen. (episodio del 13 maggio 2020).
La difesa affida il ricorso a tre motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia la violazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., degli artt. 495, commi 2 e 4, cod. proc. pen. e 111 Cost. Mancata assunzione di una prova decisiva. In particolare, si censura la sentenza impugnata per avere disatteso, riportandosi pedissequamente alle motivazioni del primo giudice e senza alcun ulteriore contributo argomentativo, l’eccezione di nullità dell’ordinanza con cui il Tribunale, all’udienza del 2/03/2021, aveva dichiarato la decadenza della difesa dalla prova consistente nell’escussione dell’unico teste a discarico, sul presupposto che la difesa, pur avendo provveduto all’inoltro della raccomandata sette giorni prima della udienza, non fosse stata in grado di esibire la ricevuta di ritorno, così precludendo al Tribunale di adottare i provvedimenti coercitivi e sanzionatori.
Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe erroneamente equiparato, negli effetti, la citazione del teste non comparso non effettuata in tempo utile per consentire l’esibizione in udienza del relativo avviso di ricevimento della raccomandata a quella dell’omessa citazione, non tenendo conto che, a seguito dell’abrogazione dell’art. 142, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. (che prevedeva il più breve termine di tre giorni), non vi è alcuna norma che disponga un termine per la citazione del testimone a cura della difesa, né tanto meno che contempli una presunta intempestività della citazione quale causa della decadenza.
Si evidenzia, poi, l’assenza di qualsiasi valutazione circa la rilevanza o la superfluità della prova testimoniale, pur espressamente sollecitata nei motivi di appello, risultando, sotto tale profilo, la sentenza impugnata affetta da carenza di motivazione.
Infine, si precisa che la dichiarata decadenza aveva gravemente leso il diritto di difesa dell’imputato, stante il carattere decisivo delle circostanze, in relazione alle quali il testimone avrebbe dovuto deporre > che la difesa precisa nel ricorso.
p.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta il vizio di motivazione per la mancata valutazione di alcune risultanze probatorie decisive ai fini dell’inquadramento anche del primo dei due episodi nell’alveo dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni e la carenza di motivazione. Al contempo, viene rilevata la violazione degli artt. 393 e 629 cod. pen. per avere ritenuto la sussistenza del delitto di estorsione e non di quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, pur basandosi la condotta dell’imputato sulla pretesa garanzia per i vizi della cosa e, comunque, sul ritenuto mancato rispetto di una pattuizione contrattuale avente ad oggetto l’autovettura effettivamente vendutagli dalla persona offesa.
2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio di motivazione rispetto alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. Pur escludendosi che il danno patrimoniale fosse di elevato importo economico, si era fatto leva, ai fini del diniego, sulla natura plurioffensiva del reato, in assenza d pertinenti e validi indici rivelatori di un grave turbamento psichico sofferto dalla persona offesa.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 16 dicembre 2024, sul rilievo della fondatezza del primo motivo di ricorso, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Con memoria del 20 gennaio 2025, la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo.
1.1. Sollecitata a delibare la legittimità dell’ordinanza del 2 marzo 2021 con la quale il Tribunale ha dichiarato la decadenza dall’unica prova testimoniale indotta dalla difesa sulla scorta del rilievo della “intempestività” della relati citazione della teste, la Corte territoriale si è limitata ad argomentare in ordine all correttezza della rilevata tardività della citazione (peraltro in modo erroneo, come si dirà appresso), omettendo di confrontarsi con l’ulteriore argomento concernente la ritenuta irrilevanza della prova, oggetto di specifica doglianza da parte dell’appellante.
1.2. Nel dichiarare la decadenza dalla prova per intempestività della citazione del teste a difesa, la Corte di merito ha introdotto per via pretoria una causa di perenzione dalla prova non prevista dal codice di rito, né presente nel c.d. diritto vivente, per di più in una materia – quale quella concernente il diritto alla prova dell’imputato – fondamentale al fine di garantire il “giusto processo”, in quanto
strettamente funzionale alla piena e compiuta estrinsecazione del diritto di difesa, implicante (anche) il “diritto di difendersi provando”.
Ed invero, per come affermato da questa Corte con orientamento che il Collegio condivide, nessuna disposizione processuale prevede un termine per la citazione del testimone a cura della difesa, né, tantomeno, contempla l’intempestività di tale citazione quale causa di decadenza dalla prova orale, prevedendo anzi l’art. 133, comma 1, cod. proc. pen. che il giudice possa ordinare l’accompagnamento coattivo del testimone “regolarmente” citato o convocato che ometta “senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti”, senza connettere la “regolarità” della citazione all’osservanza di alcun termine temporale per il relativo espletamento (Sez. 6, n. 28951 del 17/09/2020, COGNOME Rv. 279685 – 01).
Piuttosto questa Corte ha ravvisato – con orientamento pressoché prevalente – una causa di decadenza dalla prova testimoniale già ammessa nella mancata citazione del teste (si veda ex plurimis Sez. 6, n. 46470 del 20/02/2019, M., Rv. 277390 -01; Sez. 4, n. 31451 del 13/10/2020, COGNOME, Rv. 279758 – 01; Sez. 5, n.17351 del 20/01/2020, Ferrara, Rv.279387 – 01; Sez. 2, n. 1951 del 16/01/2025, Greci, n.nn.; contra Sez. 2, n. 21788 del 04/10/2018 – dep. 2019, NOME Rv. 275593 – 01), ma giammai nella “intempestività” della citazione stessa.
Né, peraltro, risulta che l’intempestività della citazione ad opera della difesa fosse ripetuta e, dunque, ricorresse una patologia processuale integrante un’ipotesi di abuso del processo che avrebbe precluso eccezioni di nullità (Sez. U, n. 155, del 29/09/2011 Ud., dep. 10/01/2012, Rossi, Rv. 251500 – 01).
Come già rilevato, la Corte d’appello ha, inoltre, omesso di rispondere alla seconda obiezione con cui l’appellante aveva censurato l’irrilevanza della testimonianza, peraltro neppure rilevata dal Tribunale e, dunque, di vagliare la correttezza o meno del potere del giudice – del tutto rituale ove legittimamente esercitato – di revocare le prove già ammesse ove risultino superflue a mente dell’art. 495, comma 4, cod. proc. pen.
Il che si traduce in una mancanza assoluta di motivazione su di un aspetto rilevante dante luogo a nullità della decisione.
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio a diversa sezione della Corte di appello di Lecce che, ai sensi dell’art. 604, comma 5, cod. proc. pen., potrà rinnovare l’atto nullo o anche, dichiarata la nullità, decidere nel merito qualora riconosca che l’atto non fornisce elementi necessari al giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Così deciso, il 4 febbraio 2025.