Debito Tributario e Reati Fiscali: Il Pagamento Tardivo Non Salva dalla Condanna
Un’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di reati tributari: il momento decisivo per determinare la rilevanza penale di un omesso versamento è la data di scadenza dell’obbligazione. Questa pronuncia chiarisce che i pagamenti effettuati successivamente non possono essere utilizzati per ridurre l’importo del debito tributario al di sotto della soglia di punibilità. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche per gli imprenditori.
Il Caso: Un Ricorso Contro la Condanna per Omesso Versamento
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore condannato per reati fiscali. L’imputato aveva presentato ricorso sostenendo due principali argomentazioni: in primo luogo, che il pagamento parziale del debito, avvenuto dopo la scadenza, avrebbe dovuto essere considerato per la determinazione della soglia di punibilità, portando l’importo al di sotto del limite penalmente rilevante. In secondo luogo, l’imprenditore adduceva la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, giustificando l’omissione con una grave crisi di liquidità che aveva colpito la sua impresa e l’intero settore di appartenenza.
La Struttura del Reato e l’Irrilevanza del Pagamento Postumo del Debito Tributario
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le tesi difensive. I giudici hanno sottolineato che il reato di omesso versamento è un reato omissivo proprio, di carattere istantaneo. Ciò significa che il reato si consuma nel momento esatto in cui scade il termine previsto per l’adempimento dell’obbligazione tributaria. Di conseguenza, è a quella data che deve essere valutato il superamento della soglia di punibilità. Qualsiasi pagamento successivo, se non rientra nelle specifiche ipotesi di non punibilità previste dalla legge (come quelle disciplinate dagli artt. 13 e 13-bis del D.Lgs. 74/2000), è irrilevante ai fini della configurazione del reato. La condotta penalmente rilevante si è già perfezionata.
La Crisi di Liquidità Come Causa di Giustificazione
Anche la seconda argomentazione, relativa alla crisi di liquidità, è stata ritenuta infondata. La Corte ha osservato che la tesi difensiva era stata presentata in termini del tutto generici, senza fornire indicazioni specifiche e concrete che potessero dimostrare una reale e incolpevole impossibilità di adempiere. Il semplice riferimento alla crisi del settore, peraltro manifestatasi prima della pandemia, non è stato considerato sufficiente.
L’Onere della Prova per l’Imprenditore
I giudici di merito, con una valutazione logica e non censurabile in sede di legittimità, avevano già concluso che, a fronte di un debito tributario ingente (oltre 300 milioni di euro), l’imprenditore avesse omesso di accantonare le ritenute operate, come era suo dovere, destinandole ad altri scopi. La Corte ha richiamato il principio, consolidato anche dalle Sezioni Unite, secondo cui l’imprenditore ha l’obbligo di ripartire le risorse esistenti per far fronte ai propri debiti, inclusi quelli fiscali, e non può invocare una crisi di liquidità se questa deriva da sue scelte gestionali.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso meramente riproduttivo di censure già correttamente esaminate e respinte nei gradi di merito. La decisione si fonda su due pilastri giuridici solidi. Primo, la natura istantanea del reato tributario omissivo, che cristallizza la situazione penalmente rilevante alla data di scadenza del versamento. Secondo, l’insufficienza di una generica allegazione della crisi di liquidità per escludere l’elemento soggettivo del reato. La legge, anche con le recenti modifiche (art. 13, comma 3-bis, D.Lgs. 74/2000), richiede la prova di una concreta e incolpevole impossibilità ad adempiere, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Imprenditori
Questa ordinanza offre un monito importante per gli imprenditori. La gestione del debito tributario richiede un’attenta pianificazione e l’accantonamento delle somme dovute all’erario, specialmente le ritenute, che non sono di proprietà dell’azienda. Invocare una crisi di liquidità come scusante per l’omesso versamento è una strada percorribile solo se si è in grado di dimostrare, con prove concrete e specifiche, che l’impossibilità di pagare non è dipesa da scelte imprenditoriali ma da fattori eccezionali, imprevedibili e non imputabili. In assenza di tale prova rigorosa, i pagamenti tardivi non eliminano il reato, che si considera già commesso al momento della scadenza del termine di pagamento.
Un pagamento parziale del debito tributario effettuato dopo la scadenza può ridurre l’importo del debito al di sotto della soglia di punibilità penale?
No. Secondo l’ordinanza, il reato di omesso versamento si consuma istantaneamente alla scadenza del termine per l’adempimento. È in quel momento che si valuta il superamento della soglia di punibilità. I pagamenti successivi, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, non sono rilevanti per escludere la configurazione del reato.
La crisi di liquidità di un’azienda può essere usata come giustificazione per non pagare le imposte?
Solo in circostanze molto specifiche. La Corte ha stabilito che non è sufficiente un generico riferimento a una crisi del settore. È necessario fornire indicazioni specifiche e concrete che dimostrino una reale e incolpevole impossibilità di adempiere, non derivante da scelte gestionali dell’imprenditore, come quella di destinare le somme dovute al fisco ad altri scopi.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in un procedimento penale?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel proponente, l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la sanzione è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23582 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23582 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CARBONIA il 04/10/1982
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto neLinteresse di NOME COGNOME che denuncia il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge penale cori riferimento al superamento del soglia della punibilità per avere l’imputato pagato una parte del debito tributario, sussistenza dell’elemento soggettivo, stante la situazione di crisi di liquidità dell’im inammissibile perché meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e perché, lungi dall’evi profili di illogicità della motivazione, si limita ad attaccare profili ricostruttivi esulano dal perimetro stabilito dell’art. 606 cod. proc. pen.
Invero, la Corte di merito, per un verso, ha correttamente respinto la tesi, qui nuovam riproposta, secondo cui il successivo pagamento del debito tributario rileverebbe per determinazione della soglia di punibilità, in quanto in palese contrasto con la stru dell’illecito, delineato come reato omissivo proprio di carattere istantaneo, che, qui consuma con la scadenza per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, sicché ogni pagamento successivo, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste (cfr. artt. 13, 13-bis d.lgs. n. 74 de 2000), non assume alcuna rilevanza, tantomeno con riferimento alla soglia punibilità, il cui superamento va considerato al momento della scadenza dell’obbligo; per al verso, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica – e quindi non censurabile questa sede di legittimità – ha ribadito, in uno con le conclusioni assunte dal Tribunale tesi dell’asserita mancanza liquidità – la quale è ora disciplinata dall’art. 13, comma 3-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, come aggiunto dal d.lgs. n. 87 del 2024, norma che sostanzialment recepisce gli approdi giurisprudenziali elaborati sul punto – è stata prospettata in termi tutto generici, senza indicazioni specifiche e concrete, atte a ravvisare una reale impossi incolpevole all’adempimento, ma unicamente facendo riferimento alla crisi del settore, la qua peraltro, si manifestò nel 2019, e quindi prima del noto evento pandennico, sicché, anche relazione all’ammontare del debito tributario, pari a oltre 300 milioni di euro, i giudici hanno logicamente ritenuto che l’imputato ha omesso di accantonare le ritenute operate, come era suo dovere (cfr. Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758 – 01, in motivazione, par. 6), destinandole ad altri scopi; Corte di Cassazione – copia non ufficiale stante l’inammissibi:ità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
fr
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processu e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2025.