Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23911 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23911 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DEL RE NOME COGNOME nato a CANOSA DI PUGLIA il 01/02/1991 DEL RE NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il 05/05/1996
avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie della difesa;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1 bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza emessa in data 26 maggio 2022 dal Tribunale di Trani con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di giustizia per il reato di ricettazione di un telefono cellulare.
Nel presentare ricorso per cassazione, la difesa degli imputati formula tre motivi incentrati rispettivamente su:
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b,
cod. proc. pen., in relazione all’art. 648 cod. pen. ed 1, comma 1-bis D.L. n. 132/2021);
inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inammissibilità (art. 606, lett. c., cod. proc. pen., in relazione all’art. 1, comma 1-bis D.L. n. 132/2021);
manifesta illogicità della motivazione (art. 606, lett. e, cod. proc. pen.).
La citata norma di legge speciale richiede, per fatti anteriori all’entrata in vigore della disposizione, che i dati desumibili dal traffico telefonico siano utilizzat per l’accertamento di specifici reati, solo in unione ad ulteriori elementi di prova.
La Corte ha omesso ogni valutazione comparativa, affidandosi esclusivamente alle tracce telematiche per dedurre la responsabilità dell’imputato, così incorrendo nella violazione di inutilizzabilità sancita dalla disposizione menzionata.
Con memoria inviata per mail, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa ha depositato memoria in cui contesta la tesi del Procuratore Generale e sollecita l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I tre motivi di ricorso, che possono essere trattati unitariamente, per ragioni di economia e di logica espositiva, sviluppando, per diversi profili, il medesimo tema, sono infondati e comportano il rigetto del ricorso.
Con essi si contesta l’utilizzazione, da parte della Corte d’appello, ed ancor prima del giudice di primo grado, ai fini dell’affermazione di responsabilità dei due imputati, dei dati risultanti dai tabulati telefonici relativi al telefono cell ricettato, in spregio alla disciplina, di maggior garanzia, intervenuta a livell nazionale per regolare il settore a seguito di una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Occorre ricordare infatti che in tema di intercettazione di comunicazioni, si è verificata, a livello nazionale, come riflesso del mutato quadro di riferimento europeo, la progressiva giurisdizionalizzazione della procedura di acquisizione dei tabulati, in considerazione della disciplina che ha interessato tale attività. Ciò è avvenuto grazie al d.l. n. 132 del 30 settembre 2021, convertito in legge 178 del 23 novembre 2021. Tali provvedimenti normativi vennero adottati al fine di adeguare il nostro ordinamento ai principi enunciati dalla Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza nella causa C-746/18 del 2 marzo 2021, al fine di garantire il concreto bilanciamento, ai sensi dell’art. 15,
paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE, tra effettività delle indagini e tutela de diritto alla riservatezza e alla vita privata. La decisione della Corte europea aveva stabilito, inter alia, che la disciplina unitaria fosse ostativa ad una normativa nazionale che rendesse il pubblico ministero competente ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico ed ai dati relativi all’ubicazio fini di un’istruttoria penale.
In sede di conversione in legge del decreto legislativo, era stato poi inserito, nell’art. 1, il comma 1 bis, in forza del quale “I dati relativi al traffico telefonic traffico telematico e alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova…”. Ciò, al fine di risolvere dubbi interpretativi concernenti il regime transitorio, insor già con la introduzione del decreto legislativo, riguardanti la sorte, nei processi in corso, delle acquisizioni documentali effettuate prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina.
Premesso il quadro normativo predetto, occorre altresì evidenziare che nel presente caso l’acquisizione dei dati è avvenuta in epoca anteriore alla novella, e quindi, in base al regime all’epoca vigente, senza intervento giudiziale.
Quanto all’utilizzazione dei dati nel processo, la motivazione della sentenza (pg. 5) precisa che “il testimone …. COGNOME … ha chiarito di aver ricevuto l’incaric di verificare se il codice identificativo IMEI del dispositivo Samsung fosse associato a schede sim ed eventualmente di acquisire i tabulati telefonici per risalire agli utilizzatori dell’apparecchio rubato”. All’esito di tale attività erano stati individ gli imputati e, tra di loro, gli odierni ricorrenti, mediante associazione, in epoc successiva al furto del cellulare, tra l’IMEI del cellulare rubato e le SIM di cu ciascuno di essi era intestatario.
È quindi corretto affermare, come dedotto dalla difesa, che la decisione impugnata sia basata, in relazione all’affermazione di responsabilità, esclusivamente su dati acquisiti in assenza di provvedimento giudiziale.
E tuttavia, ciò non è sufficiente ad affermare che vi sia stata violazione della disciplina di settore, per mancanza, nella motivazione della sentenza, di elementi di corroborazione dei dati telefonici.
L’attività compiuta ai fini della verifica dell’eventuale accoppiamento tra il terminale rubato alla persona offesa e le Sim successivamente inserite, non rientra infatti tra quelle per le quali sia richiesto il provvedimento di un giudic costituendo, se mai, un ‘precursore’ degli accertamenti necessari per la individuazione del traffico telefonico, del traffico telematico e delle chiamate senza
risposta, cui l’art. 1 bis della legge 178/2021 si riferisce.
La natura di attività di accertamento di tal fatta, è stato chiarito nell pronuncia Sez. 3, n. 21661 del 22/02/2024, COGNOME, Rv. 286525 – 01, all’esito di una accurata analisi tecnica che è opportuno riportare: “il codice IMEI, che è l’acronimo di International Mobile Equipment Identity, è un codice numerico che identifica univocamente un terminale mobile (Mobile Equipment), che può essere un telefono cellulare o un modem, che sfrutti la tecnologia cellulare GSM, GPRS, UMTS, HSDPA/HSUPA, LTE, 5G/NGMN. Il codice IMEI è salvato nella memoria non volatile del cellulare (NVRAM) e all’avvio di ogni chiamata viene trasmesso alla rete dell’operatore. Esso, dunque, identifica l’apparecchio e non l’utilizzatore…. Risulta evidente, dunque, come l’acquisizione di tale codice non attenga a conversazioni o comunicazioni, ma solamente allo strumento, in particolare all’apparecchio telefonico portatile, utilizzato per effettuarle, come già chiarito da questa Corte con la sentenza n. 40654 del 2012 (Sez. 2, n. 40654 del 09/10/2012, Pm in proc. COGNOME, Rv. 253446 – 01)…. La non assimilabilità della acquisizione del codice IMEI alla captazione di conversazioni o comunicazioni, che richiede, invece, l’autorizzazione giudiziale, è stata già chiarita da questa Corte nella sentenza n. 41385 del 2018 (Sez. 4, n. 41385 del 12/6/2018, COGNOME, Rv. 273929 – 01) che ha rigettato le richieste di riesame … affermando che “l’individuazione da parte della polizia giudiziaria dell’utenza telefonica da sottoporre ad intercettazione attraverso il monitoraggio di utenze presenti in una determinata zona, mediante apparecchiature in grado di individuarne i codici identificativi previo posizionamento in prossimità del cellulare da “tracciare”, rientra tra gli atti urgenti e “innominati” demandati agli organi di polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 55 e 348 cod. proc. pen., non soggetto ad una preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria”. Nella motivazione di tale sentenza è stato chiarito che la mera attività di individuazione dell’identità del singolo apparecchio telefonico, attraverso il monitoraggio di una utenza, non operando alcuna intrusione nelle conversazioni in transito sull’apparecchio monitorato e costituendo unicamente il presupposto operativo di una successiva attività captativa di conversazioni, non necessita di un decreto autorizzativo, perché non è assimilabile a un mezzo di ricerca della prova. Si tratta, in definitiva, di un’attività di individuazione che si rivolge esclusivament all’identità del singolo apparecchio telefonico, che non è neppure finalizzata ad acquisire elementi sugli eventuali contatti telefonici che tale apparecchio intrattiene in un determinato arco temporale (cosicché non si tratta neppure di attività assimilabile all’acquisizione di tabulati telefonici, acquisibili sulla bas autorizzazione del pubblico ministero), che può essere ricondotta tra gli atti che la polizia giudiziaria pone in essere di propria iniziativa ai fini di cui all’art. 55 22 proc. pen., in vista di successive attività investigative, e in modo non dissimile Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ad altre specificamente previste dal codice di rito (come l’identificazione personale di cui all’art. 349 cod. proc. pen., o le ulteriori attività di cui agli artt. 352 cod. proc. pen.). Tale acquisizione non determina, dunque, alcuna intrusione nelle conversazioni in transito sull’apparecchio individuato e poi monitorato e non può, quindi, essere assimilata a un mezzo di ricerca della prova, costituendo unicamente il presupposto operativo della successiva attività captativa delle conversazioni.
Tali conclusioni, che il Collegio condivide e ribadisce, non mutano neppure nel caso in cui l’attività di accertamento si estenda, come nel caso di specie è avvenuto, alla associazione, in tempi successivi, tra il terminale identificato dalla IMEI e le SIM che vi siano state inserite, trattandosi di una accertamento condotto anteriormente, ed indipendentemente, da quello necessario per la individuazione del traffico telefonico, del traffico telematico e delle chiamate senza risposta, cui l’art. 1 bis della legge 178/2021 si riferisce. Conseguentemente, l’inutilizzabilità dei soli dati emergenti dal traffico telefonico, sancita dalla disposizione transitoria, non può travolgere l’accertamento preliminare.
Sulla stessa linea si pone quanto evidenziato recentemente in consimili da questa stessa Sezione (Sez. 2, n. 42166 del 23/10/2024, COGNOME, Rv. 287184 – 01). Ivi, l’attività accertativa (positioning) aveva condotto a conoscenze ancor più avanzate rispetto alla mera associazione RAGIONE_SOCIALE, in relazione al possessore del terminale, avendo consentito la verifica delrubi et quando consistat” dell’imputato, con relativo collocamento nel tempo e nello spazio. Tuttavia, s’era osservato, “il richiamo a tali dati oggettivi” non aveva comportato “alcun coinvolgimento dei chiamanti, ai dialoghi eventualmente intercorsi, in assenza di qualsiasi lesione del diritto alla segretezza delle comunicazioni o di profili d riservatezza”.
Tale conclusione è ancor più vera nel caso di mero accertamento dell’accoppiamento IMEI-SIM, dato che esso prescinde dalla ricostruzione della posizione del possessore del terminale, escludendo pertanto in radice qualsivoglia intrusione in uno degli ambiti di riservatezza tutelati dalla legge (segretezza delle comunicazioni, libertà di movimento, riservatezza della vita privata) proprio perché non riguarda altro che un dato ‘freddo’, attinente ad una res, senza nemmeno indagare sul suo contenuto e sui ‘segreti’ che essa potrebbe disvelare.
Ciò premesso si rileva che nel caso di specie, al di là della delega d’indagine sulla acquisizione dei tabulati, l’accertamento della polizia giudiziaria si è limitat ad identificare l’accoppiamento codice IMEI -relativo all’apparato telefonico – con le SIM card, pacificamente intestate ai ricorrenti, che nulla hanno chiarito al riguardo, limitandosi a contestare la consapevolezza della provenienza furtiva del telefono.
La Presidente
Alla luce di tale situazione di fatto, l’eccezione proposta, inerente alla
inutilizzabilità dei tabulati, risulta eccentrica rispetto alla piattaforma probator
posta a base della decisione.
Per completezza si rileva che anche la pretesa indisponibilità della scheda SIM
da parte di Del Re Giuseppe Alberto durante la sua detenzione è stata
coerentemente superata dalla Corte d’appello, con richiamo ad un atto dispositivo
della SIM a lui intestata per tale intervallo temporale, con decisione che risulta
logica e coerente con le risultanze processuali, insuscettibili di diversa valutazione
in questa sede.
6. Per queste ragioni, i primi due motivi sono infondati mentre il terzo, data
la natura pregiudiziale degli altri, è in essi assorbito.
Ciò comporta il rigetto del ricorso e, con esso, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 maggio 2025
Il Consigliere r atore
Corte di Cassazione – copia non ufficiale