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Dati telefonici: IMEI e SIM non sono tabulati

Due soggetti, condannati per ricettazione di un cellulare, hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’illegittimità dell’uso dei dati telefonici come unica prova. Il ricorso si basava sulla nuova normativa che richiede elementi di prova aggiuntivi per l’uso dei tabulati. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, specificando che la semplice associazione tra il codice IMEI del telefono e le schede SIM degli imputati non costituisce acquisizione di traffico telefonico, ma un’attività investigativa preliminare che non richiede né autorizzazione giudiziaria né ulteriori prove a supporto.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dati telefonici: la Cassazione distingue tra associazione IMEI-SIM e tabulati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’utilizzo dei dati telefonici nelle indagini penali. La Corte ha stabilito una netta distinzione tra la semplice associazione del codice IMEI di un dispositivo rubato con una scheda SIM e l’acquisizione di veri e propri tabulati telefonici, con importanti conseguenze sulla loro utilizzabilità come prova in un processo.

I Fatti del Caso: La Condanna per Ricettazione

Il caso trae origine dalla condanna di due fratelli per il reato di ricettazione di un telefono cellulare. La loro responsabilità era stata accertata in primo e secondo grado sulla base di un’indagine tecnica che aveva rivelato come le loro schede SIM personali fossero state inserite e utilizzate nel dispositivo rubato in un momento successivo al furto. Questa associazione tra l’IMEI del telefono e le SIM degli imputati era stata l’unica prova a loro carico.

L’Appello e la Questione sui Dati Telefonici

La difesa ha impugnato la sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo una violazione della legge. In particolare, i ricorrenti facevano leva sulla normativa introdotta con la Legge n. 178/2021, la quale, recependo i principi europei, stabilisce che i dati relativi al traffico telefonico, se acquisiti prima della sua entrata in vigore senza autorizzazione giudiziaria, possono essere utilizzati solo unitamente ad altri elementi di prova. Secondo la difesa, la condanna, basandosi esclusivamente sull’associazione IMEI-SIM, violava questo principio, rendendo la prova inutilizzabile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: La Distinzione Chiave sui Dati Telefonici

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo i motivi infondati. Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica dell’attività investigativa svolta. I giudici hanno chiarito che l’accertamento dell’associazione tra un codice IMEI e una scheda SIM non rientra nella nozione di ‘dati relativi al traffico telefonico’ a cui si riferisce la legge.

L’acquisizione dei tabulati telefonici è un’attività che consente di conoscere i dettagli delle comunicazioni (numeri contattati, durata, localizzazione), interferendo con la riservatezza. Al contrario, la verifica di quale SIM sia stata inserita in un determinato apparecchio è considerata un’attività di accertamento preliminare, un ‘precursore’ delle indagini più invasive. Si tratta di un’operazione che associa un dispositivo (la res, il telefono) a un’utenza, senza svelare nulla sulle comunicazioni effettuate.

La Corte ha qualificato questa attività come un atto ‘innominato’ e urgente della polizia giudiziaria, non assimilabile a un mezzo di ricerca della prova e, pertanto, non soggetto alla necessità di una preventiva autorizzazione del giudice. Di conseguenza, non si applica nemmeno la norma transitoria che richiede elementi di prova corroboranti.

Conclusioni: L’Importanza della Qualificazione dell’Attività Investigativa

La sentenza stabilisce un principio di diritto cruciale per le indagini moderne. L’utilizzo dei dati telefonici non è un concetto monolitico: bisogna distinguere la natura e l’invasività dell’atto investigativo. L’associazione IMEI-SIM è considerata un ‘dato freddo’, la cui acquisizione non lede la segretezza delle comunicazioni o altri diritti fondamentali alla riservatezza. Pertanto, può legittimamente costituire l’unica prova alla base di una condanna per reati come la ricettazione, senza che sia necessario affiancarla ad ulteriori elementi probatori.

L’associazione tra il codice IMEI di un telefono rubato e una scheda SIM è considerata ‘traffico telefonico’ ai sensi della normativa sulla privacy?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa attività è un accertamento preliminare, un ‘dato freddo’ che non riguarda il contenuto o i dettagli delle comunicazioni. Pertanto, non rientra nella nozione di ‘traffico telefonico’ la cui utilizzabilità è limitata dalla Legge 178/2021.

È necessaria l’autorizzazione di un giudice per associare un IMEI a una SIM durante un’indagine?
No, secondo la sentenza non è necessaria. Questa attività è considerata un atto di polizia giudiziaria che non richiede un preventivo decreto autorizzativo, in quanto non è assimilabile a un mezzo di ricerca della prova invasivo come l’acquisizione di tabulati o le intercettazioni.

Una condanna per ricettazione può basarsi unicamente sulla prova che l’imputato ha usato la propria SIM in un telefono rubato?
Sì. La sentenza stabilisce che l’accertamento dell’accoppiamento IMEI-SIM è una prova sufficiente e non necessita di ulteriori elementi di corroborazione, poiché non è soggetta alla disciplina transitoria della Legge 178/2021 che impone tale requisito per i dati del traffico telefonico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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