Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22369 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22369 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato il 15/03/1972 a Taurianova avverso la sentenza in data 11/12/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori delle parti civili, Avv. NOME COGNOME in sost. dell’Avv. NOME COGNOME per Città Metropolitana di Reggio Calabria, e Avv. NOME COGNOME per Comune di Taurianova, che hanno depositato le conclusioni, cui si sono riportati; udito il difensore Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il dicembre 2023 la Corte di appello di Reggio Calabria ha parzialmente riformato quella pronunciata dal Tribunale di Palmi nei confronti
di NOME COGNOME in data 11 novembre 2021, riqualificando il fatto, che il Tribunale aveva inquadrato nell’ipotesi del concorso esterno in associazione di ‘ndrangheta, nel delitto di cui all’art. 390 cod. pen. in relazione all’assistenza prestata, in qualità di vivandiere, al latitante NOME COGNOME che era stato poi tratto in arresto il 26 giugno 2016. La Corte ha rimodulato il trattamento sanzionatorio in ragione del reato ritenuto, applicando la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, e ha revocato tutte le statuizioni civili.
2. Ha presentato ricorso COGNOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo denuncia mancanza e vizio di motivazione in relazione alla questione di nullità della sentenza di primo grado, sollevata ai sensi degli artt. 416, comma 2, 417, comma 1, lett. c), 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Posto che il giudizio si era basato anche sui risultati di positioning, operato sul cellulare del ricorrente e di altri coimputati, era stato dedotto che era rimasto assente agli atti del dibattimento il supporto informatico contenente i dati numerici corrispondenti ai positioning richiamati dal capitano COGNOME nel corso della sua testimonianza, ciò che aveva precluso la possibilità di vagliare i dati a mezzo di consulente.
Era stato inoltre rilevato che solo dopo che l’Avv. COGNOME aveva concluso la sua discussione in primo grado, il P.m. aveva prodotto un CD contenente i dati tecnici e il Tribunale aveva erroneamente motivato sulla sufficienza della deposizione del teste.
In tale quadro erano evidenziabili due profili di censura.
In primo luogo, veniva in rilievo la mancanza ab origine nel fascicolo del P.m. del CD contenente i dati di positioning e di GPS, da cui era derivata la mancata trasmissione di tali dati al G.i.p. ai fini del rinvio a giudizio, con pregiudizio delle facoltà difensive, tale da produrre una nullità destinata a travolgere lo sviluppo del processo.
In secondo luogo, era da considerare la tardiva produzione dopo la discussione del difensore, non avvenuta nel rispetto del contraddittorio nel corso del giudizio.
Se del caso, avrebbe dovuto per intero rinnovarsi la discussione finale, ciò che non era avvenuto, essendo configurabile la nullità di cui all’art. 523 cod. proc. pen.
Relativamente al primo punto, si segnalava che era irrilevante la presenza dei dati in allegato all’informativa “Rosa dei Venti”, in quanto gli stessi non erano compresi nel fascicolo del P.m. di cui la difesa aveva chiesto e ottenuto copia,
fermo restando che nel fascicolo non comparivano neppure i risultati del GPS riferiti alla Dacia COGNOME in uso a NOME e ad NOME COGNOME.
Ma la Corte di appello sul punto non aveva fornito motivazione.
In ordine al secondo punto, era frutto di travisamento, a fronte delle ripetute sollecitazioni difensive, l’assunto della Corte che la difesa avesse prospettato per la prima volta in discussione la doglianza legata all’assenza del dato tecnico e che avesse effettuato un compiuto controesame del teste COGNOME.
Era inconferente il rilievo che non fosse stata chiesta copia dei dati, dovendosi inoltre rilevare che la presenza degli stessi non significava che potessero divenire mezzo di prova fuori del contraddittorio in dibattimento e non potendosi invocare l’indirizzo giurisprudenziale formatosi con riguardo all’ipotesi dello smarrimento del supporto informatico.
Peraltro, nel caso del positioning avrebbe dovuto aversi riguardo alla complessità di un risultato non fruibile dalla parte processuale che intenda verificarne la portata, occorrendo l’elaborazione di un esperto.
2.2. Con il secondo motivo denuncia mancanza e vizio di motivazione in ordine alla concludenza dei mezzi di prova diversi dal positioning e dal GPS in relazione alla prova di resistenza.
La Corte aveva omesso di confrontarsi con i motivi di appello, con cui si era segnalata l’inconcludenza di ogni mezzo di prova diverso dalla localizzazione attraverso positioning e GPS.
Nel motivo di ricorso si riportano passaggi delle deduzioni formulate nell’atto di appello, per contestare il rilievo che non fosse stato dato conto della rilevanza dei dati di cui era contestata la concreta utilizzabilità.
Ciò valeva per l’assunto che il ricorrente lasciasse il telefono a casa per non essere localizzato, per la fruizione di passaggi in macchina da parte di NOMECOGNOME il quale spegneva ogni volta il telefono, per il rilievo che nessuna telecamera risultava aver ripreso il ricorrente o NOME e le loro autovetture nelle zone limitrofe al luogo del rifugio del latitante e che dalle riprese non fosse possibile identificare gli occupanti delle vetture, contrariamente a quanto riferito dal teste COGNOME senza che i giudici di merito avessero vagliato i filmati.
Contraddittoriamente la Corte per suffragare l’inconferenza dei rilievi difensivi aveva finito per valorizzare i dati inutilizzabili con riguardo al risultato di prova inerente all’allontanamento da parte del ricorrente nella giornata del 27 maggio 2016, in assenza della concludenza del servizio di osservazione.
In concreto, dunque, la Corte non aveva valutato l’insufficienza di fonti di prova diverse e si era rifatta in modo generico all’esistenza di tali fonti di prova, quando dallo stesso teste COGNOME era dato desumere che la mancanza di segnale
sul telefono di NOME COGNOME costituisse elemento sintomatico dello scopo illecito alla base degli spostamenti.
La sottrazione al contraddittorio dei dati tecnici di positioning e del GPS aveva dunque impedito alla difesa di interloquire in merito ai risultati di prove decisive, risultando la mancanza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.
La dedotta nullità aveva in radice pregiudicato l’udienza preliminare e si era trasferita alla sentenza impugnata, dovendosi considerare l’utilizzazione indebita di una prova non sottoposta al contraddittorio.
Alla produzione tardiva da parte del P.M. era seguita comunque la violazione del contraddittorio in quanto avvenuta dopo la discussione del difensore, vizio destinato ad estendersi per derivazione alla sentenza in questa sede impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve premettersi che relativamente al reato di cui all’art. 390 cod. pen., risalente al 26 giugno 2016, non è maturato il termine di prescrizione.
Va infatti rilevato che: nel corso del giudizio di primo grado, a partire dal 4 giugno 2020 fino all’il novembre 2021, è stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare per la complessità del processo; è stata poi disposta la sospensione durante il termine per il deposito della sentenza; analoghe sospensioni sono state disposte anche nel giudizio di appello.
Poiché tali sospensioni hanno prodotto anche quella del termine di prescrizione, operando nei confronti di tutti gli imputati nel medesimo processo, anche se non sottoposti a misura cautelare o sottoposti a misura per reati diversi da quelli di cui all’art. 407 cod. proc. pen. (sul punto Sez. 5, n. 14863 del 21/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281138 – 04; Sez. 1, n. 28073 del 08/07/2020, COGNOME, Rv. 279665 – 01), deve concludersi che, anche volendo computare le sole sospensioni disposte nel giudizio di primo grado, il termine massimo di prescrizione alla data odierna non è decorso.
Venendo all’analisi dei motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente, deve rilevarsene la complessiva infondatezza.
Va rimarcato che gli stessi si incentrano essenzialmente su due profili: l’inutilizzabilità dei dati G.P.S. e di positioning valorizzati, unitamente ad altri elementi, per ricostruire i movimenti del ricorrente e di altri soggetti e per giungere in tal modo all’individuazione del nascondiglio del latitante NOME COGNOME; la nullità della sentenza di primo grado e degli atti successivi in conseguenza
dell’acquisizione di materiale probatorio dopo che era già iniziata la discussione finale, senza che la stessa fosse stata poi rinnovata.
4. Deve subito osservarsi che i dati di positioning e di RAGIONE_SOCIALE sono stati utilizzati nella fase delle indagini per verificare l’ipotesi investigativa che NOME COGNOME, d’intesa con NOME COGNOME, compagna del latitante COGNOME, fosse in contatto con quest’ultimo e, avvalendosi dell’ausilio di altri soggetti, fosse solito raggiungerlo periodicamente nel nascondiglio in cui il predetto conduceva la sua ormai ventennale latitanza, situazione ritenuta propizia alla scoperta di tale nascondiglio.
E’ stato dato conto delle ragioni del sospetto nutrito sul conto di COGNOME, originato dal riscontro di singolari movimenti a bordo della vettura a lui in uso, una sorta di danza, in coincidenza con analoghi passaggi in macchina della citata COGNOME, movimenti spesso accompagnati da gestualità e dall’abbandono o dalla raccolta di buste.
E’ stato poi segnalato come la citata COGNOME in taluni periodi scomparisse, pur senza recare con sé bagagli, e ricomparisse dopo un paio di giorni e come analogamente capitasse che il ricorrente scomparisse senza portare con sé il telefono, circostanza comprovata anche da colloqui intercettati, coinvolgenti il fratello e la moglie di quest’ultimo (cfr. pag. 21 della sentenza impugnata).
Di qui l’impegno della polizia giudiziaria per ricostruire le modalità degli spostamenti di NOME COGNOME e il luogo in cui si recava, se del caso avvalendosi dell’ausilio di altri soggetti, per sfuggire a pedinamenti.
E’ stata così condotta dai giudici di merito un’ampia analisi di questa fase delle indagini, che si sono avvalse anche di operazioni di intercettazione telefonica e ambientale, nonché di servizi dinamici di controllo e di telecamere apposte in luoghi strategici, fino al momento in cui, sulla base di una sempre più stringente delimitazione dei luoghi di interesse, si è giunti all’individuazione di una stradetta in località Trepitò, che conduceva ad un casolare di proprietà di tale COGNOME, parente di NOME COGNOME altro soggetto impegnato in quel genere di operazioni, dove erano stati in effetti rinvenuti e tratti in arresto il latitante e la compagna NOME COGNOME
Ma se gli elementi descritti sono stati funzionali allo sviluppo delle indagini, deve per contro ritenersi che ai fini della prova del reato addebitato al ricorrente avrebbe dovuto compiersi il ben più agevole percorso inverso, dovendosi dare per provato che la pista investigativa era stata battura con successo e che i movimenti osservati erano funzionali alla gestione della latitanza.
Il dato saliente per comprendere tale profilo può cogliersi osservando che, come rilevato dai giudici di merito, presso il covo del latitante vennero rinvenute non solo bottiglie, dato valutabile alla luce del rumore di vetro talvolta captato in
ambientale nelle fasi degli spostamenti dei protagonisti, ma anche e soprattutto confezioni di formaggio corrispondenti a quelle che due giorni prima aveva acquistato in un supermercato proprio NOME COGNOME, il quale, peraltro, in una circostanza, parlando con il fratello, aveva avuto cura di segnalare che vi era da fare la spesa, «per là, perché non c’è una mollica» (cfr. sentenza impugnata a pag. 58), elementi valorizzati per attribuire al ricorrente la veste di «vivandiere» a supporto della latitanza di COGNOME veste a quel punto corroborata anche dai numerosi episodi nei quali egli era stato visto, attraverso le videoriprese effettuate, transitare nelle zone di interesse a bordo di una delle vetture che erano state specificamente prese in considerazione, circostanza che, come rilevato nelle sentenze di merito, era stata confermata più volte dal teste COGNOME il quale aveva tenuto a sottolineare come, al di là dei frames allegati all’informativa, dalla diretta visione dei filmati il dato risultasse nitidamente.
Orbene, a fronte di tale ricostruzione a ritroso, le deduzioni difensive con le quali si invoca l’inutilizzabilità dei dati di positioning e GPS sono prive di rilievo.
5.1. Deve invero rilevarsi che i dati in esame, secondo quanto segnalato dai giudici di merito, erano ampiamente riportati nelle informative di polizia giudiziaria e sono stati diffusamente analizzati nel corso della testimonianza del Cap. Col angeli.
Gli stessi, rivenienti da mezzi di ricerca della prova atipici (Sez. 6, n. 15422 del 09/03/2023, COGNOME, Rv. 284582 – 01), ben possono risultare da informative di polizia giudiziaria, nei quali vengano trasfusi, ed entrare a far parte del materiale probatorio utilizzabile ai fini del giudizio attraverso la deposizione di coloro che abbiano condotto le indagini (sul punto, in motivazione, Sez. 4, n. 21856 del 21/04/2022, COGNOME, Rv. 283386).
Tale materiale non è di per sé soggetto alla disciplina dettata per atti irripetibili o per operazioni di intercettazione telefonica, cosicché non assumono rilievo le relative scansioni procedimentali, essendo sufficiente che il dato sia comunque probatoriamente fruibile e conoscibile, anche al fine di un compiuto esercizio del diritto di difesa.
5.2. Deve aggiungersi che nel caso di specie i dati in esame, ritraibili da supporto non specificamente inserito nel fascicolo, erano comunque a disposizione delle parti.
E’ stato dato conto, infatti, della circostanza che essi erano stati depositati e indicati in allegato all’informativa riguardante l’indagine strettamente collegata «Rosa dei Venti», valorizzata anche ai fini in esame, e che dunque dovevano intendersi ab origine a disposizione delle parti interessate.
Inoltre, è stato specificamente sottolineato come quei dati fossero specificamente a conoscenza della difesa, o almeno di uno dei difensori del ricorrente, che, pur nella veste di legale di altro soggetto, aveva richiesto di potervi accedere, senza che per contro sia stato dato conto di specifiche analoghe richieste formulate nell’interesse del ricorrente, a fronte delle quali l’accesso ai dati fosse stato negato.
In definitiva, il dato di per sé era a disposizione e comunque aveva fatto ingresso nel processo attraverso le informative di polizia giudiziaria, nonché attraverso la deposizione testimoniale, dovendosi escludere in radice qualsivoglia profilo di radicale inutilizzabilità.
5.3. In ogni caso, non può dirsi che alla deduzione del vizio processuale abbia fatto riscontro la dimostrazione della decisiva influenza di esso sul quadro probatorio acquisito ai fini del giudizio di penale responsabilità del ricorrente.
E’ noto al riguardo che la parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali deve chiarirne l’incidenza sul complessivo compendio probatorio già valutato, si da potersene desumere la decisività (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 -01).
Nel caso di specie sono state sviluppate argomentazioni mirate sulla ricostruzione di singoli episodi ovvero sul dato di fondo della rilevanza attribuita al riscontro della mancanza di traffico del cellulare di alcuni soggetti in taluni frangenti.
Ma in realtà, deve ribadirsi come la prova dei fatti non possa che muovere dal dato certo dell’effettiva individuazione del rifugio del latitante, sulla base dei movimenti dei protagonisti, veduti passare in zone strategiche, peraltro isolate e non soggette a generico transito di vetture, movimenti valutati alla luce delle concomitanze riscontrate, cioè unitamente agli elementi sintomatici, per lo più ricorrenti, osservati o comunque valutati (si pensi, ad esempio, alla scomparsa periodica di Rettura NOME, ai movimenti rituali osservati nel collegamento con NOME COGNOME, alla raccolta di buste e al ripetuto rumore di buste, captato nel corso delle registrazioni), rispetto ai quali i dati del positioning e del GPS, se valorizzabili nella prospettiva seguita, non altrettanto avrebbero potuto dirsi, almeno nella gran parte dei casi, decisivi a ritroso, una volta verificata la bontà dell’intuizione investigativa e dell’univoca significatività dei movimenti accertati, in assenza di plausibili spiegazioni alternative.
E’ stato però prospettato che la materiale produzione dei dati, avvenuta solo nel corso della discussione finale, avrebbe determinato un’insanabile nullità, per la mancata rinnovazione della discussione e per l’impossibilità per la difesa di effettuare un reale accesso a quei dati anche sotto il profilo tecnico.
6.1. Si tratta di deduzione che risulta, come anticipato, parimenti infondata.
Dopo che i dati erano stati acquisiti nella loro valenza probatoria, il Pubblico ministero nella fase della discussione finale aveva prodotto il relativo supporto informatico, nella prospettiva della materiale esplicitazione dell’effettiva immanenza dei dati al compendio probatorio, in quanto sostanzialmente ammessi e come tali consultabili ab origine.
Il Tribunale non aveva rinnovato la fase della discussione, pur a fronte del fatto che alcuni difensori l’avevano già conclusa, sostanzialmente ritenendo che quella produzione fosse inconferente, in quanto priva di concreta incidenza in termini di integrazione della prova acquisita.
6.2. Contrariamente agli assunti difensivi, che suggestivamente prospettano un profilo di nullità, deve convenirsi che quella produzione non avesse capacità integrativa e innovativa, in quanto il dato esisteva ontologicamente, era stato acquisito e rappresentato nelle forme già indicate e comunque ne risultava l’originaria esistenza.
Né d’altro canto avrebbe potuto dirsi che lo stesso non fosse valutabile in assenza di quella produzione, a fronte dell’originaria possibilità di accesso che nel corso del procedimento e del processo avrebbe dovuto dirsi sussistente attraverso l’inequivoco riferimento all’informativa «Rosa dei Venti».
6.3. Deve aggiungersi che la prospettazione difensiva riguardante la possibilità di un’analisi tecnica dei dati risulta generica, in quanto, come rilevato, non avrebbe potuto dirsi preclusa a monte una siffatta verifica a cura della difesa e, comunque, deve aggiungersi che non è stata formulata alcuna specifica deduzione propiziata dall’analisi di quella produzione, tale da segnalarne l’effettiva incidenza e per contro la legittimità di un approccio difensivo, volto a falsificarne la concludenza.
Sotto diverso profilo si rileva che all’acquisizione di quanto prodotto non ha fatto riscontro una specifica utilizzazione di quella produzione, avendo i giudici di merito coerentemente valorizzato i dati di positioning e GPS nei limiti di quanto acquisito sulla base delle altre fonti indicate.
Di qui la sostanziale legittimità dello sviluppo del processo fino alla decisione finale, senza che possa utilmente dedursi una nullità ai sensi dell’art. 523 cod. proc. pen.
Da ciò discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Devono essere compensate le spese di costituzione e rappresentanza di parte civile, in quanto la pretesa civilistica era stata respinta dalla Corte di appello che
aveva revocato le relative statuizioni, ciò cui non era seguita impugnazione delle parti civili, da ritenersi dunque non ulteriormente interessate all’esito del processo.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese di costituzione di parte civile.
Così deciso 1’11 marzo 2025