Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36116 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME, nato ad Africo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 del Tribunale della libertà di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi i difensori, AVV_NOTAIO del foro di Catanzaro e NOME COGNOME COGNOME del foro di Roma, che insistono per l’accoglimento del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, che aveva applicato al predetto la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione a plurime violazioni all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, oggetto di provvisoria contestazione ai capi D), E), G), H).
Va premesso che la piattaforma indiziaria a carico del NOME è costituita, in via esclusiva, dal contenuto di chat intercorse, tramite l’applicativo SKY ECC, tra diversi soggetti e l’apparato cellulare avente PIN G8HRUU, che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato in uso all’indagato; tale dispositivo è stato intercettat unitamente a diversi altri, nell’ambito di una complessa attività investigativa che ha visto coinvolte forze di polizie e autorità giudiziarie di diversi Paesi europei.
In particolare, la Procura di Reggio Calabria, attraverso l’emissione di un Ordine di indagine europeo (d’ora in avanti: o.i.e.), aveva chiesto alle autorità francesi la trasmissione dei messaggi decifrati riferibili alle comunicazioni di interesse, già avvenute e conservate all’interno del relativo server; l’A.g. RAGIONE_SOCIALE aveva trasmesso i files integrali, estratti dal server e decriptati, delle comunicazioni già avvenute, riferibili allo specifico PIN oggetto della richiesta.
Ad avviso del Tribunale cautelare, i dati informatici trasmessi all’A.G. italiana sarebbero riconducibili alla disciplina dell’art. 234-bis cod. proc. pen., in quant legittimamente detenuti all’A.G. RAGIONE_SOCIALE e liberamente trasmissibili a quella italiana.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, per il ministero dei difensori di fiducia, ha · proposto ricorso per cassazione che denuncia, con un unico, complesso, motivo la violazione di legge con riferimento al combinato disposto degli artt. 266-bis, 268 e 271, degli artt. 234-bis e 191 cod. proc. pen., nonché dell’art. 191 cod. proc. pen. in relazione all’art. 15 Cost., e la mancanza d motivazione con riferimento alla denunciata violazione di diritti fondamentali della persona.
Ad avviso dei difensori, i dati informatici in questione sono stati acquisiti seguito di un’attività di intercettazione di flussi informatici, mediante captato informatico, che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, è soggetta alla disciplina di cui agli artt. 266 ss. cod. proc. pen., per come espressamente previsto dall’art. 270, comma 2, cod. proc. pen. Al proposito, la difesa aveva chiesto che fossero depositati gli atti relativi alla procedura di autorizzazione e d eventuale proroga e quelli espressamente previsti dalla disciplina in tema di
intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ma il deposito ha riguardato unicamente gli atti di autorizzazione e proroga di intercettazioni disposte sull’intero traffico dati degli apparati telefonici SKY ECC, atti non rife all’indagato. Di conseguenza, non è possibile comprendere se l’attività di captazione sia stata svolta in presenza di un controllo e di un’autorizzazione espressa e preventiva da parte dell’A.G., ciò che comporta l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, ai sensi degli art. 268 e 271 cod. proc. peri : , e, per l’effetto la nullità dell’ordinanza impugnata.
Ove, invece, si seguisse la tesi dell’acquisizione documentale, osserva il ricorrente che l’art. 234-bis cod. proc. pen. presuppone il consenso del soggetto titolare dei dati informatici, che, nel caso in esame, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non è l’RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE ma l’utente proprietario del dato o, al più, la società di telefonia RAGIONE_SOCIALE, ma né l’uno, né l’altra hanno mai espresso alcun consenso.
Il ricorrente, inoltre, critica l’ordinanza impugnata, laddove ritiene ch l’attività di intercettazione compiuta dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE sarebbe assistita da una presunzione di legittimità, considerando che non esiste alcun onere, in capo all’indagato, di fornire la prova della illegittimità del procedimento di acquisizion delle intercettazioni, anche considerando che l’indagato non ha la disponibilità materiale del dato da confutare.
In ogni caso, ad avviso dei difensori, è pacifico che al giudice nazionale compete il controllo circa l’eventuale violazione, con riferimento all’attivi investigativa estera, dei diritti fondamentali dell’individuo; in relazione a t aspetto, il Tribunale ha fornito una motivazione apparente.
In data 9 novembre 2023, i difensori hanno depositato “motivi nuovi”, che deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. con riferimento al combinato disposto degli artt. 266-bis, 268, 271, 234-bis e 191 cod. proc. pen., in relazione all’art. 15 Cost. A sostegno delle argomentazioni illustrate nel ricorso, i difensori richiamano alcune recenti decisioni della Corte d Cassazione – in particolare, la n. 44154 e n. 44155 del 2023 (le cui motivazioni vengono largamente riprodotti nei “motivi nuovi”) – che hanno stabilito la non applicabilità, all’acquisizione dei dati informativi proventi dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE dell’art. 234-bis cod. proc. pen.
I difensori, quindi, ribadiscono che i dati riversati dalla autorità giudiziar RAGIONE_SOCIALE – che devono ritenersi intercettazioni -, non sono utilizzabili né per la lex loci, né per la lex fori. Invero, secondo il codice di procedura penale RAGIONE_SOCIALE, in caso di intercettazione di utenza intestata a cittadino di altro Stato, che trovi fuori dei confini nazionali francesi, l’esito è inutilizzabile ove il mezz
ricerca della prova, se richiesto alla A.G. competente per territorio, non sarebbe stato autorizzato per contrasto con la legge ivi vigente, nell’ambito di analogo provvedimento nazionale (art. 100-8 cod. proc. pen.).
La lex foci, dunque, invoca l’applicazione della lex fori, che non consente tali modalità di indagine, le quali si sono sostanziate in intercettazioni preventive e generalizzate, in assenza di indizi di reato, mediante l’apprensione di tutti i fluss telefonici, in contrasto con l’art. 15 Cost. (come confermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 2023) e con l’art. 8 CEDU, oltre che con l’art. 616 cod. pen., con conseguente inutilizzabilità di tali intercettazioni, ai sensi dell’ 191 cod. proc. pen., essendosi provveduto alla creazione di una banca dati contenente la corrispondenza di decine di migliaia di individui, dalla quale attingere nel tempo alla ricerca, ex post e non ex ante, di ipotesi di reato.
I difensori, pertanto, insistono per l’accoglimento del ricorso e, in subordine, chiedono la rimessione dello stesso alle Sezioni Unite della Corte, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen.
4. In data 14 marzo 2024 i difensori hanno depositato un’ulteriore memoria, con la quale, nel ricollegarsi al ricorso principale, ribadiscono che i messaggi ascritti all’indagato sono stati acquisti dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE attraverso l’esercizio un’indiscriminata attività di intercettazione “a strascico” sui servers della piattaforma SKY ECC, attività che, quindi, risulta inutilizzabile.
In particolare, quanto alle intercettazioni disposte dal Tribunale di Lille, i c provvedimenti autorizzativi sono allegati al ricorso, evidenziano i difensori che: è stata disposta l’intercettazione di tutte le comunicazione elettroniche veicolate attraverso la piattaforma SKY ECC; l’attività di intercettazione ebbe inizio il 14 giugno 2019 e si protrasse sino al 3 aprile 2021; le comunicazioni ascritte al RAGIONE_SOCIALE sono tutte intervenute nel lasso di tempo coperto dai provvedimenti di proroga; le conversazioni intercettate furono perciò acquisite attraverso un’opera di intercettazione massiva e indiscriminata.
Quanto alle intercettazioni disposte dal Tribunale di Parigi, espongono i difensori che, dalle documentazione in atti, emerge come gli inquirenti e i tecnici olandesi siano riusciti a mettere a punto una tecnica, basata sull’installazione di un server che gioca il ruolo di “uomo di mezzo”, in grado di decriptare le conversazioni; orbene, secondo i difensori, l’utilizzo di tale apparato, suscettibil di violare la riservatezza della vita privata e il segreto di corrispondenza, f autorizzato dal giudice istruttore del Tribunale di Parigi con ordinanza del 17 dicembre 2020; ad avviso dei difensori, trattandosi di un vera e propria attività di intercettazione, essa non poteva essere acquisita in Italia mediante o.i.e. ai sensi dell’art. 234-bis cod. proc. pen., trattandosi, invece, di attività regol
dagli artt. 266 ovvero 266-bis cod. proc. pen., con conseguente diritto per il difensore di esaminare ed estrarre copia dei verbali delle intercettazioni, nonché di ottenere la trasposizione delle intercettazioni su supporto idoneo, il che non è avvenuto; si sarebbe perciò in presenza di una nullità di ordine AVV_NOTAIO a regime intermedio, che impedisce l’utilizzo di tale prova in fase cautelare, come affermato da SU n. 20300 del 2010.
I difensori, infine, danno atto delle decisioni assunte dalle Sezioni Unite all’udienza del 29 febbraio 2024 nelle cause COGNOME; da quanto si apprende dalle informazioni provvisorie, ad avviso dei difensori risulta che le conversazioni in esame costituiscono intercettazioni di un procedimento separato ex art. 270 cod. proc. pen., ritenute rispondenti a quanto previsto dall’art. 6 della Direttiva 2014/41/UE, come la conseguenza che possono essere richieste dal pubblico ministero tramite o.i.e. e non dal giudice, al quale, tuttavia compete la valutazione del rispetto dei diritti fondamentali, del diritto di difesa del giusto processo, valutazione che il Tribunale ha omesso di compiere, e considerando che l’art. 15 Cost. impedisce che si possa intercettare l’intero flusso di comunicazione gestite da un operatore digitale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che la trattazione del presente procedimento ha subito alcuni rinvii, disposti in accordo con le parti, in attesa delle decisioni – e d deposito delle relative motivazioni – assunte dalle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi, nell’ambito della medesima vicenda processuale in cui risulta indagato il NOME, in merito a una pluralità di questioni, sollevate dalla Terza dalla Sesta Sezione, in materia di acquisizione mediante o.e.i. di comunicazioni scambiate con sistema criptato.
Si osserva che tutte le questioni poste dal ricorrente trovano puntale, esaustiva e convincente risposta nelle indicate sentenze, che, all’esito di un’analisi approfondita del Contesto normativo di riferimento, hanno affermato i seguenti principi di diritto:
la trasmissione, richiesta con ordine Europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234-bis cod. proc. pen., che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, bensì nel
disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale desumibile dagli artt. 238 e 270 cod. proc. pen. e 78 disp. att. cod. proc. pen.;
in materia di ordine Europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle;
l’emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine Europeo di indagine diretto ad ottenere il contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in procedimento penale pendente davanti ad essa, non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria a norma dell’art. 6 Direttiva 2014-41-UE, perché tale autorizzazione, nella disciplina nazionale relativa alla circolazione delle prove, non è richiesta per conseguire la disponibilità del contenuto di comunicazioni già acquisite in altro procedimento;
la disciplina di cui all’art. 132 d.lgs. n. 196 del 2003, relati all’acquisizione dei dati concernenti il traffico di comunicazioni elettroniche l’ubicazione dei dispositivi utilizzati, si applica alle richieste rivolte ai fornit servizio, ma non anche a quelle dirette ad altra autorità giudiziaria che già detenga tali dati, sicché, in questo caso, il pubblico ministero può legittimamente accedere agli stessi senza chiedere preventiva autorizzazione al giudice davanti al quale intende utilizzarli;
l’utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmessa sulla base di ordine Europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sul parte interessata;
l’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo utilizzato nell’ambito un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente” (SU n. 23755 del 29 febbraio 2023, dep. 14 giugno 2024, COGNOME).
Tali principi sono stati ribaditi e precisati nella sentenza n. 23756 del 29 febbraio 2023, dep. 14 giugno 2024, NOME e altro, la quale ha così stabilito:
in materia di ordine Europeo di indagine, l’acquisizione dei risultati d intercettazioni disposte da un ‘autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234 bis cod. proc. pen., che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tr autorità giudiziarie, ma è assoggettata alla disciplina di cui all’art. 270 cod. proc pen.;
in materia di ordine Europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle;
l’emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine Europeo di indagine diretto ad ottenere i risultati di intercettazioni disposte da un ‘autorità giudizi straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate attraverso l’inserimento di un captatore informatico sui server di una piattaforma criptata, è ammissibile, perché attiene ad esiti investigativi ottenuti con modalità compatibili con l’ordinamento italiano, e non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria ex art. 6 Direttiva 2014-41-UE, perché tale autorizzazione non è richiesta nella disciplina nazionale;
l’utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte da un’auto giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, deve essere esclusa se il giudice del procedimento nel quale dette risultanze istruttorie vengono acquisite rileva che, in relazione ad esse, si sia verificata la violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata;
l’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo utilizzato nell’ambito d un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente.
Orbene, in applicazione dei principi enunciati dalle S.U., nella vicenda in esame, come sostenuto dal ricorrente, non risulta applicabile la disposizione di cui all’art. 234-bis cod. proc. pen. in materia di acquisizione ed utilizzab dati relativi alle comunicazioni intercorse attraverso il sistema criptato Sk
perché si tratta di disciplina alternativa, e, quindi, incompatibile con quell relativa al sistema dell’o.e.i., come ampiamente argomentato nei par. 9, 9.1 e 9.2 della sentenza COGNOME. Tuttavia, questo assunto non rende illegittima l’acquisizione, né preclude l’utilizzabilità dei dati relativi alle comunicazi intercorse attraverso il sistema criptato Sky-Ecc, ottenuti dall’autorità giudiziari RAGIONE_SOCIALE in esecuzione di o.e.i. emesso dal pubblico ministero italiano.
Invero, l’errore di qualificazione in cui è incorsa l’ordinanza impugnata non determina l’annullamento della stessa, sulla base di quanto previsto dall’art. 619, comma 1, cod. proc. pen.; perché esso non ha avuto influenza decisiva sul dispositivo, in quanto, nella specie, sussistono le condizioni di ammissibilità necessarie per emettere legittimamente l’o.e.i. e non risultano alcuna violazione dei diritti fondamentali.
Innanzitutto, deve ritenersi soddisfatta la condizione di ammissibilità posta dall’art. 6, paragrafo 1, lett. b), Direttiva 2014-41-UE, che richiede che l’atto o gli atti richiesti “avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni i un caso interno analogo”.
Invero, gli atti ricevuti dall’autorità giudiziaria RAGIONE_SOCIALE in esecuzione o.e.i. emesso dal pubblico ministero italiano, per quanto è desumibile dal contenuto dell’ordinanza impugnata e non è contestato nel ricorso, costituiscono “prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione”, perché acquisite nell’ambito di un procedimento penale pendente in quello Stato.
Ora, anche a voler ritenere che detti atti siano qualificabili come risultati d intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, la loro acquisizione può essere effettuata sulla base di o.e.i. emesso dal pubblico ministero in assenza di preventiva autorizzazione del giudice, in quanto tale autorizzazione non è richiesta nell’ordinamento italiano per l’utilizzazione degli esiti di intercettaz in procedimenti diversi da quelli in cui sono state disposte.
Né vi sono dubbi che gli atti ottenuti mediante o.e.i. siano stati richiesti quanto ritenuti “rilevanti ed indispensabili per l’accertamento di delitti per i qu è obbligatorio l’arresto in flagranza”.
Non può poi ritenersi che l’asserita violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 268, commi 6, 7 e 8, cod. proc. pen. possa rilevare ai fini de condizioni di ammissibilità di cui all’art. 6, paragrafo 1, lett. b), Direttiva c garanzie indicate, infatti, non costituiscono condizioni per l’acquisizione dei risultati di intercettazioni disposte in altro procedimento, ma rilevano in una fase successiva e di controllo, e la loro attuazione può essere differita fino all chiusura delle indagini preliminari, anche dopo l’utilizzazione degli esiti dell captazioni a fini cautelari. Invero, l’art. 268 cod. proc. pen. è stato dichiara
costituzionalmente illegittimo non nella parte in cui non prevede il deposito degli atti relativi alle intercettazioni effettuate, bensì, ben più limitatamente, n parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate (Corte cost., sent. n. 336 del 2008).
In secondo luogo, deve ritenersi soddisfatta la condizione di ammissibilità posta dall’art. 6, paragrafo 1, lett. a), Direttiva 2014-41-UE, relativa al necessità e proporzionalità delle attività richieste mediante o.e.i., anche in considerazione dei diritti degli indagati, avendo riguardo al procedimento nel cui ambito è emesso l’o.e.i.
E, nella specie, l’o.e.i. risulta formulato con espresso riferimento all’acquisizione delle comunicazioni relative a persone nominativamente indicate, in quel momento già tutte sottoposte ad indagini per i reati di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina e di acquisto, detenzione, importazione e cessione di partite di tale sostanza stupefacente.
Non è deducibile in questa sede la questione concernente la decisione dell’autorità giudiziaria RAGIONE_SOCIALE di dare esecuzione all’o.e.i., prospettata co riguardo alla violazione della legge RAGIONE_SOCIALE, perché questa non prevedrebbe l’utilizzabilità dei risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazion procedimenti diversi da quelli in cui le stesse sono stati disposti.
In effetti, le questioni concernenti la fase di esecuzione, e quindi anche quelle concernenti la scelta di riconoscere ed eseguire, sono proponibili solo nello Stato di esecuzione, salvo che non diano luogo a violazioni di “diritti fondamentali” che si ripercuotono sull’utilizzazione degli elementi istruttori ne procedimento pendente in Italia.
Né può dirsi che, nel presente procedimento, sia stata accertata la violazione di “diritti fondamentali”.
Innanzitutto, i dati probatori trasmessi dall’autorità giudiziaria RAGIONE_SOCIALE sono stati acquisiti in un procedimento penale pendente davanti ad essa sulla base di provvedimenti autorizzativi adottati da un giudice in relazione ad indagini per gravi reati, ed ampiamente motivati in ordine all’esistenza in concreto dei presupposti ritenuti necessari dalla giurisprudenza della Corte EDU.
Invero, dall’esame alle ordinanze emesse dal Giudice Istruttore del Tribunale di Lille e dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi, allegate dalla difesa a richiesta di riesame e prodotte in questa sede, si evince che i reati per i quali l operazioni sono state disposte sono quelli di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di traffico di sostanze stupefacent di fornitura di prestazioni di crittografia non autorizzate, e di fornitur importazione di mezzi di crittografia non autorizzati.
Il ricorso al sistema Sky-Ecc, inoltre, per le modalità di accesso, per la impenetrabilità dall’esterno, e per l’utilizzo che risulta esserne stato fatt costituisce una concreta e specifica fonte indiziante a carico dei singoli utenti proprio con riguardo a tali reati.
Si può preliminarmente osservare che il sistema Sky-Ecc, per le garanzie di anonimato assicurate agli utenti, non è certamente compatibile con la disciplina italiana, che richiede l’identificazione degli stessi, mediante l’acquisizione di da anagrafici riportati su un documento di identità, prima dell’attivazione anche di singole componenti di servizi di telefonia mobile (cfr. art. 98-undetricies D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259).
Ma, soprattutto, estremamente significative sono le circostanze esposte nelle già indicate ordinanze emesse dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE, le quali evidenziano che: a) l’acquisto del singolo dispositivo richiedeva il versamento di parecchie migliaia di Euro in funzione di una utilizzazione limitata ad alcuni mesi e, quindi, lasciava presupporre la percezione di elevati “redditi conseguenti”; b) la vendita dei singoli dispositivi avveniva in condizioni di clandestinità, tali da garant l’anonimato del venditore e dell’acquirente, anche perché effettuata dietro pagamenti in contanti, con conseguente esclusione della tracciabilità delle operazioni; c) il gestore del sistema di crittografia garantiva il massimo anonimato delle comunicazioni, in quanto precisava esplicitamente sul sito internet di non conservare alcun dato diverso da quello concernente l’apertura del rapporto e da quello della sua ultima utilizzazione; d) il sistema di crittograf era estremamente sofisticato, in quanto caratterizzato da ben quattro chiavi di cifratura, memorizzate in luoghi diversi.
Le medesime ordinanze, poi, anche facendo richiamo ad episodi specifici, rappresentano che il sistema Sky-Ecc è stato utilizzato da organizzazioni criminali operanti in Francia, in Belgio, nei Paesi Bassi e a livello internazionale proprio in materia di traffico di sostanze stupefacenti. Espongono, ancora, che l’inserimento del captatore informatico sui server della piattaforma della società Sky-Ecc è da ritenere indispensabile perché unico mezzo per decifrare i messaggi individuali degli utilizzatori del sistema di crittografia in questione, determinare livello di utilizzazione criminale dello stesso, identificare i dirigenti della so
“RAGIONE_SOCIALE” che lo gestisce e conoscere i legami di costoro con le organizzazioni criminali.
La stessa ordinanza impugnata, del resto, dà atto vl’acquisizione dei messaggi decifrati riferibili alle comunicazioni di interesse, conservate all’interno del relativo server, è avvenuta per il tramite di specifici o.i.e., tutti versati in at · riferibili allo specifico PIN oggetto di richiesta.
Le motivazioni esposte nelle ordinanze emesse dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE escludono anche la plausibilità della prospettazione secondo cui le autorità francesi avrebbero effettuato intercettazioni generalizzate ed indiscriminate.
Dette ordinanze, infatti, evidenziano specifici elementi indizianti anche nei confronti dei singoli utenti del sistema Sky-Ecc in ordine al coinvolgimento dei medesimi nella commissione di gravi reati, in particolare in materia di traffico di sostanze stupefacenti. Invero, non può ritenersi abnorme il riferimento alle onerosissime condizioni economiche sostenute dai singoli utenti per fruire di un servizio caratterizzato da elevatissimi livelli di anonimato e di impenetrabilità; questo a maggior ragione se si considera che, sempre alla luce di quanto indicato nelle precisate ordinanze, il sistema risulta essere stato ripetutamente utilizzato da organizzazioni criminali insediate in vari Stati e dedite al traffico anch internazionale di sostanze stupefacenti. Non va trascurato, inoltre, che, come precisato dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi, le indagini miravano anche ad individuare i dirigenti della società preposta alla gestione del sistema Sky-Ecc e a precisare il loro livello di coinvolgimento nelle attività illecite de utenti.
In ogni caso, e conclusivamente, non è dato comprendere – né il ricorrente l’ha argomentato – come l’eventuale intercettazione asseritamente indiscriminata di una pluralità di soggetti abbia inquinato l’acquisizione dei dati relativi al Fot acquisizione che, come detto più volte, è avvenuta sulla base di uno specifico o.e.i., in cui era puntualmente indicato lo specifico PIN oggetto della richiesta.
Ancora, non risulta configurabile la violazione delle garanzie previste dalla Direttiva 2014-41-UE.
Invero, anche a voler ritenere che gli atti ricevuti dall’autorità giudiziar RAGIONE_SOCIALE siano qualificabili come risultati di intercettazioni di conversazioni comunicazioni, deve escludersi che sia configurabile l’unica fattispecie di inutilizzabilità prevista dalla legge per il caso di captazioni disposte all’estero effettuate nei confronti di persone il cui “indirizzo di comunicazione” è attivato i Italia. Non può sostenersi, infatti, che, nella specie, le operazioni non sarebbero state consentite “in un caso interno analogo”, perché le stesse sono state
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disposte in ordine a reati per i quali la legge italiana prevede la possibilità ricorrere a tale mezzo di ricerca della prova, e, in particolare, per reati associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di traffico di sostanze stupefacenti.
Per i motivi indicati, il ricorso deve perciò essere rigettato, co conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 04/07/2024.