Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15449 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15449 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 356/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
CC – 21/02/2025
R.G.N. 38106/2024
Relatore –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Ischia il 09/11/1962
avverso l’ordinanza del 02/08/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 agosto 2024, depositata in data 5 agosto 2024, il Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’incidente di esecuzione proposto dal Pubblico Ministero, ha revocato la sospensione condizionale della pena concessa a NOME COGNOME con riguardo alla sanzione al medesimo inflitta per reati paesaggistici
e di violazione di sigilli, come rideterminata in sede di esecuzione con ordinanza del 31 luglio 2024, sul presupposto dell’inadempimento dell’onere di demolizione delle opere abusivamente realizzate, cui era subordinata la fruizione del beneficio.
NOME COGNOME nel giudizio di cognizione, con sentenza del Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, del 25 gennaio 2012, confermata dalla Corte d’appello di Napoli il 4 dicembre 2013, e divenuta irrevocabile il 3 dicembre 2014, era stato condannato alla pena di dieci mesi di reclusione, condizionalmente sospesa subordinatamente alla demolizione delle opere abusivamente realizzate, per i reati di cui agli art. 181, comma 1bis , d.lgs. n. 42 del 2004, e 349, secondo comma, cod. pen., avendo riguardo alla realizzazione di un manufatto, precedentemente posto sotto sequestro, avente una superficie coperta pari a 91 mq. per un’altezza di 2,90 m. circa, nonché una scala con superficie di 6 mq.
Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 31 luglio 2024, ha rideterminato la pena perché ha riqualificato la fattispecie che nel giudizio di cognizione era stata sussunta nel delitto di cui all’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n. 42 del 2004, riconducendola nella contravvenzione di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004. La riqualificazione è stata disposta in quanto, dopo la pronuncia della sentenza irrevocabile di condanna, la Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 2016 ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n. 42 del 2004, restringendone l’applicabilità a fatti materiali diversi da quelli accertati a carico di NOME COGNOME con conseguente ‘riespansione’ della contravvenzione prevista dall’art. 181, comma 1, d.lgs.
In particolare, il Tribunale ha espressamente precisato che il mutamento della qualificazione giuridica del fatto, originariamente sussunto nel delitto di cui all’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n. 42 del 2004 non ha comportato l’estinzione per prescrizione del reato, perché, pur essendo applicabili i più brevi termini previsti per le contravvenzioni, l’accadimento era databile al 5 maggio 2008, ed occorreva inoltre tenere conto delle sospensioni di tali termini per complessivi 379 giorni.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, preceduto da una breve premessa in ordine ai fatti oggetto del procedimento.
Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 168 cod. pen., 674 cod. proc. pen. e 181, comma 1-bis , d.lgs. 42 del 2004, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo all’erroneità dell’interpretazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli del 4 dicembre 2013, anche per travisamento delle prove, in ordine all’individuazione del tempo di commissione del reato paesaggistico.
Si deduce che il provvedimento impugnato è illegittimo nella parte in cui afferma che il tempo di commissione del reato paesaggistico coincide con la data del 5 maggio 2008, perché in netto contrasto con le risultanze processuali e gli esiti del giudizio di cognizione esperito nei confronti dell’attuale ricorrente.
Si osserva, in proposito, che: a) la sentenza di primo grado nel giudizio di cognizione aveva individuato come momento di accertamento dei reati oggetto delle imputazioni il 21 ottobre 2005, anche perché il sopralluogo del 5 maggio 2008 non aveva fatto constatare la realizzazione di opere ulteriori rispetto a quelle oggetto del sopralluogo del 21 ottobre 2005; b) l’atto di appello aveva contestato la datazione dei lavori nel 2005, nonché l’integrazione del reato di violazione di sigilli, in quanto comunque non era emersa la realizzazione di nuovi lavori dopo il sequestro del 2005; c) la sentenza di appello nel giudizio di cognizione si era limitata a rilevare il mancato decorso, al momento della sua decisione, del termine di prescrizione di sette anni e sei mesi previsto per il delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis , d.lgs. 42 del 2004, ma non aveva in alcun modo indicato come data di commissione del reato il 5 maggio 2008, ed anzi aveva precisato di ritenere «integralmente condivisibili la ricostruzione dei fatti e la motivazione posta a fondamento della stessa da parte del giudice di primo grado»; d) la successiva sentenza della Corte di cassazione non era intervenuta in alcun modo sul tema della individuazione della data di commissione dei reati.
Si conclude, perciò, che il Tribunale, nell’ordinanza impugnata in questa sede, ha operato una modifica della data di commissione del reato non consentita in sede di esecuzione, e che, invece, avrebbe dovuto attenersi agli accertamenti compiuti nel giudizio di cognizione; di conseguenza, avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del reato paesaggistico per prescrizione e, perciò, revocare l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, nonché, ulteriormente, rigettare la richiesta del P.M. di revoca della sospensione condizionale della pena.
Successivamente alla presentazione della requisitoria scritta del Procuratore generale della Corte di cassazione, che conclude per il rigetto del ricorso, il ricorrente ha depositato memoria, sottoscritta dall’Avv. NOME COGNOME nella quale si risponde alle osservazioni del Procuratore generale e si ripropongono e si sviluppano le censure formulate nell’atto di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito precisati.
Le censure contestano il mancato rigetto della richiesta del Pubblico Ministero di revoca della sospensione condizionale della pena, in conseguenza della illegittimità della mancata dichiarazione di estinzione del reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 per prescrizione, e, perciò, della mancata revoca dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, deducendo che illegalmente, ed anche con travisamento delle prove, l’ordinanza impugnata ha modificato la data di commissione del reato paesaggistico, individuandola nel 5 maggio 2008, invece che in epoca successiva, ma immediatamente prossima al 21 ottobre 2005, come risulta dalle sentenze del giudizio di cognizione.
A fini di chiarezza espositiva, è utile precisare le ragioni della rilevanza della questione dell’accertamento della data di commissione del reato paesaggistico, e delle diverse conseguenze se questa va individuata nei termini indicati dal ricorrente, o, invece, nei termini indicati dall’ordinanza impugnata.
3.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, al quale presta espressa adesione anche l’ordinanza impugnata, in tema di esecuzione, il giudice, adito con istanza di revoca della sentenza definitiva di condanna a seguito della sopravvenuta dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n.42 del 2004, deve dichiarare l’estinzione per prescrizione del reato oggetto della predetta sentenza, riqualificato come contravvenzione, ai sensi del comma 1 della norma citata, qualora la prescrizione sia maturata in pendenza del procedimento di cognizione e fatti salvi i rapporti ormai esauriti (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 55015 del 18/07/2018, COGNOME, Rv. 274321 -01, e Sez. 3, n. 38691 del 11/07/2017, Giordano, Rv. 271301 -01).
In questa prospettiva, anzi, una decisione ha precisato che il giudice dell’esecuzione, adito con istanza di revoca della sentenza definitiva di condanna, ha il potere-dovere di dichiarare l’estinzione per prescrizione del reato previsto dall’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n. 42 del 2004, riqualificato come contravvenzione a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità di tale disposizione, da cui deriva l’illegalità della pena inflitta e la maturata prescrizione, anche quando questa non sia stata ravvisata e valutata dal giudice della cognizione, non essendo precluso detto intervento in executivis dal giudicato, neppure se formatosi sulla base di una decisione assunta successivamente alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (cfr., Sez. 3, n. 12916 del 27/02/2019, COGNOME, Rv. 275899 – 01).
3.2. Ciò posto, nella specie, il reato paesaggistico, in quanto riqualificato dal Giudice dell’esecuzione a norma dell’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, dovrebbe essere sen z’altro dichiarato estinto per prescrizione, se la sua data di
commissione si individuasse, come chiede il ricorrente, in una data successiva, ma immediatamente prossima al 21 ottobre 2005.
Invero, pur computando i 314 giorni di sospensione in primo grado, e dei 65 giorni di sospensione nel giudizio di appello, puntualmente indicati nell’ordinanza impugnata a pag. 7, per il reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, se commesso in data di poco successiva al 21 ottobre 2005, la prescrizione dovrebbe ritenersi maturata prima della pronuncia della sentenza di primo grado, e comunque prima della sentenza di secondo grado.
Precisamente, pur tenendo conto dei 314 giorni di sospensione, la pronuncia della sentenza di primo grado, siccome emessa il 25 gennaio 2012, potrebbe essere ritenuta anteriore alla maturazione del termine di prescrizione solo se la data di commissione del reato fosse successiva alla metà di marzo del 2006. E, anche tenendo conto degli ulteriori 65 giorni di sospensione nel giudizio di appello, la pronuncia della sentenza di secondo grado, siccome emessa il 4 dicembre 2013, e statuente la conferma di quella di primo grado, non la dichiarazione di inammissibilità dell’atto di gravame, potrebbe essere ritenuta anteriore alla maturazione del termine di prescrizione solo se la data di commissione del reato fosse successiva al 30 ottobre 2007.
3.3. L’eventuale estinzione per prescrizione del reato paesaggistico rende illegittima anche la statuizione concernente l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, e quindi la subordinazione della sospensione condizionale alla demolizione delle opere abusivamente realizzate, con conseguente irrilevanza dell’inosservanza di tale prescrizione ai fini della fruizione del beneficio, p osto che gli unici reati residui, dopo il giudizio di cognizione, sono la contravvenzione di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, e il delitto di violazione di sigilli.
In proposito, è sufficiente considerare che, come precisato ripetutamente dalla giurisprudenza, l ‘estinzione per prescrizione del reato edilizio e di quello paesaggistico dichiarata dal giudice d’appello comporta la conseguente dichiarazione di revoca dell’ordine di demolizione e dell’ordine di remissione in pristino impartiti con la sentenza di primo grado, trattandosi di sanzioni amministrative accessorie che conseguono alle sole sentenze di condanna per detti reati ai sensi degli artt. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 38104 del 09/06/2022, COGNOME Rv. 283907 – 01). E che l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato, previsto dall’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, può essere impartito dal giudice soltanto con la sentenza di condanna e, pertanto, in caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, tale statuizione va revocata dal giudice dell’impugnazione, fermo restando l’autonomo potere-dovere
dell’autorità amministrativa (vds., tra le tantissime, Sez. 3, n. 31430 del 16/052018, Nappo, Rv. 273764 – 01).
Occorre aggiunge, inoltre, che altrettanto consolidato è l’indirizzo secondo cui è illegittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo nel caso di condanna esclusivamente per il reato di violazione di sigilli (cfr ., ex plurimis , Sez. 3, n. 41679 del 21/02/2018, B., Rv. 274060 – 01, e Sez. 3, n. 27698 del 20/05/2010, Bianco, Rv. 257926 01).
Indicato perché, e in quali termini, la questione posta dalla difesa è rilevante ai fini della decisione, occorre poi precisare i vincoli che derivano dal procedimento di cognizione per il giudice dell’esecuzione in ordine all’individuazione della data del commesso reato.
In proposito, costituisce principio ampiamente consolidato, non contrastato (almeno da altre decisioni massimate), e condiviso dal Collegio, quello in forza del quale in sede esecutiva non è consentito modificare la data del commesso reato, accertata nel giudizio di cognizione con sentenza passata in giudicato, anche quando il tempus commisi delicti non sia precisamente indicato nell’imputazione (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 25219 del 20/05/2021, Piacenti, Rv. 281443 – 01, e Sez. 3, n. 8180 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266283 – 01).
Di conseguenza, ai fini della individuazione della data di commissione del reato paesaggistico per il quale è stata pronunciata condanna, e riqualificato in sede di esecuzione a norma dell’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, è necessario verificare se vi siano stati precisi accertamenti in proposito nel giudizio di cognizione.
Per verificare se vi sia stata violazione dei vincoli nascenti dal giudicato, è opportuno anzitutto esaminare il contenuto dell’ordinanza impugnata in questa sede, al fine di rilevare come il Giudice del l’esecuzione abbia individuato la data di commissione del reato paesaggistico.
L’ordinanza impugnata, dopo aver espressamente precisato che la fattispecie di reato paesaggistico di cui al capo D) debba essere ricondotta nell’ambito contravvenzionale, attese le caratteristiche della violazione accertata (l’ampliamento illegale di un manufatto da 32 a 91 metri quadrati), afferma che non è decorso il termine di cinque anni necessario per la prescrizione.
Premette che, nel verbale di sequestro del 5 maggio 2008, «si dava peraltro atto della fuga di operai all’atto dell’intervento delle forze dell’ordine». Rappresenta, poi, che risultando 314 giorni di sospensione del corso della prescrizione nel processo di primo grado e 65 giorni di sospensione nel processo
di secondo grado, il termine necessario a prescrivere deve individuarsi nella data del 14 marzo 2014, per il primo grado, e al 19 maggio 2014, per il secondo grado. Osserva, quindi, che, se gli abusi edilizi dovessero farsi risalire al 2005, immediatamente dopo il sequestro del 21 ottobre 2005, il termine di prescrizione sarebbe maturato l’1 marzo 2011, ossia ben prima della sentenza di primo grado.
Il Giudice dell’esecuzione, a questo punto, rileva che, a fronte di un motivo di gravame nel giudizio di merito, con cui si chiedeva l’individuazione di una diversa e più antica data di commissione del reato paesaggistico, la Corte d’appello ha confermato la condanna facendo riferimento alle dichiarazioni dei testi, i quali avevano rilevato nel 2008 un ampliamento di 41 metri quadrati rispetto al primitivo manufatto abusivo di 32 metri quadrati, realizzato in adiacenza al manufatto iniziale di 18 metri quadrati.
Sulla base di questi elementi, l’ordinanza impugnata, sul punto, conclude: «in virtù della datazione del fatto al 5 maggio 2008, sancito nella sentenza di appello e non più passibile di revisione, essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione incentrato proprio sulla specifica questione del tempus commissi delicti , il termine di prescrizione dell’ipotesi contravvenzionale è decorso dopo la conclusione della fase di merito, giacché la sentenza di appello è stata emessa il 4 dicembre 2013».
Aggiunge, inoltre, che nessuna questione si pone per il delitto di violazione di sigilli, per il quale s i è formato il giudicato, attesa l’intervenuta irrevocabilità della sentenza di appello in data 3 dicembre 2014.
Ciò posto, per accertare se l’ordinanza impugnata sia incorsa in un vizio logicogiuridico nell’individuazione della data di commissione del reato paesaggistico determinato dalla violazione del giudicato, come denunciato nel ricorso, occorre esaminare gli atti del processo di cognizione a disposizione della Corte di cassazione, e alla quale la stessa ha accesso, essendo la stessa chiamata a compiere una verifica di natura processuale (cfr., in argomento, per tutte, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 -01).
6.1. L’imputazione per il reato paesaggistico, per come trascritta nelle due sentenze di merito, è la seguente: «D) del reato p. e p. dall’art. 181 co 1 bis del D.Lvo n° 42/04, per avere eseguito le opere di cui al capo A) in area o su bene dichiarato di notevole interesse pubblico in as senza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 D.Lvo n° 42/04. F.A. in Ischia il 05/05/2008».
L’imputazione di cui al capo A), testualmente richiamata nel capo D), è la seguente: «A) del reato p. e p. dalla lettera C) dell’art. 44 del D.P.R. 380 del 06.06.01 ed 81 e 349 c.p. per avere, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, iniziato continuato ed eseguito, in violazione dei sigilli in assenza del
permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo ex art. 131 e ss D.Lvo n° 42/04, in Ischia alla INDIRIZZO Loc. INDIRIZZO, premesso che trattasi di un manufatto di mq. 32 già posto sotto sequestro in data 21.10.2005 dai CC Ischia, si accertava il completamento del manufatto per una superficie coperta di circa mq. 91 e di mq. 6,00 di scala in c.a. posta a Sud-Ovest. Il manufatto diviso internamente in 6 ambienti con altezza di m 2,90 circa. Il sottoscala è in fase di abbozzo interno. Si precisa che i due corpi di fabbrica realizzati abusivamente sono stati uniti e costituiscono un’unica unità immobiliare. F.A. in Ischia il 05.05.2008».
6.2. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Ischia il 25 gennaio 2012, rappresenta che: a) in data 5 maggio 2008, due testi, COGNOME e COGNOME, si sono recati sul luogo dell’illecita edificazione, ed hanno contestato l’esistenza dell’opera descritta nei capi A) e D), in ampliamento rispetto al manufatto riscontrato il 21 ottobre 2005; b) in quel momento «Non vi erano lavori in corso e sul posto non vi erano operai»; c) secondo quanto riferito concordemente dai testi della difesa, «le opere di ampliamento sono state effettuate nel 2005, ossia subito dopo il primo sequestro».
E conclude: «Non essendovi prova precisa della data di commissione del reato, in mancanza di allegazioni di senso contrario, bisogna ritenere che la relativa condotta sia stata posta in essere a ridosso del 2005. Considerando, infatti, quale tempus commissi delicti tale data o comunque un periodo ad essa prossima, fatto comunque possibile per la sostanziale limitatezza delle innovazioni apportate, può ritenersi interamente decorso » il termine di prescrizione.
Sulla base di questa motivazione, per quanto di specifico interesse in questa sede, il Tribunale: 1) dichiara la pena responsabilità dell’imputato per i reati di cui ai capi D) ed E) (quest’ultimo relativo alla violazione di sigilli aggravata); 2) condanna l’imputato alla pena di dieci mesi di reclusione; 3) concede la sospensione condizionale della pena appena indicata subordinatamente alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese del condannato entro sessanta giorni al massimo dal passaggio in giudicato; 4) dichiara non doversi pr ocedere nei confronti dell’imputato per il reato di cui al capo A), oltre che per i reati di cui ai capi B), C) e F), in quanto estinti per prescrizione.
6.3. La sentenza di appello, emessa dalla Corte di appello di Napoli il 4 dicembre 2013, pronunciata p revia impugnazione dell’imputato, è meno esplicita.
La decisione di secondo grado, infatti, nel dare atto dell’avvenuto illegittimo ampliamento del manufatto in epoca successiva al sequestro del 21 ottobre 2005, non indica in modo preciso quale sia la data di commissione del reato, ma si limita ad affermare: «Ora, la data di accertamento dei reati comporta che non è spirato il termine di prescrizione di anni sette e mesi sei previsto per le fattispecie delittuose, cui va aggiunto il periodo di sospensione del dibattimento».
Rappresenta, poi, sulla base di questo rilievo, che la decisione di primo grado deve essere confermata in tutte le statuizioni, ivi comprese quelle relative a «pena sospesa subordinata alla demolizione, dissequestro alla esecuzione, riduzione in pristino e trasmissione di copia della sentenza».
6.4. La sentenza della Corte di cassazione, emessa il 3 dicembre 2014 (Sez. 3, n. 53450 del 03/12/2014), pronunciando su impugnazione dell’imputato, ha confermato la decisione della Corte d’appello.
In particolare, la sentenza di legittimità, al § 4 del Considerato in Diritto, afferma: «In relazione alla data di accertamento dei reati corretta è la valutazione che non risultasse e non risulta spirato il termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei previsto per i delitti, cui andava peraltro aggiunto il periodo di sospensione del dibattimento».
Sulla base degli elementi indicati, deve ritenersi che l’ordinanza impugnata sia incorsa in una lacuna logica, e, in parte, anche in travisamento di elementi istruttori rilevanti, nel giudizio concernente l’individuazione della data di commissione del reato paesaggistico effettuata in sede di cognizione.
7.1. L’ordinanza impugnata invero, si richiama, per individuare la data di commissione del reato paesaggistico, a quanto risulta dalla sentenza di appello del 4 dicembre 2013. Tuttavia, la sentenza di appello, non fornisce precise indicazioni in ordine alla data del commesso reato, e si limita ad escludere la prescrizione, avendo però come presupposto normativo di riferimento la disciplina relativa ai delitti, pari a sette anni e sei mesi, e non a cinque anni, come invece per le contravvenzioni; invero, all ‘epoca della decisione di secondo grado del giudizio di cognizione, il reato paesaggistico era contestato come delitto, secondo la disposizione in quel momento ‘apparentemente’ vigente, prima della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 181, comma 1bis , d.lgs. n.42 del 2004.
E, però, la sentenza di primo grado del giudizio di cognizione, emessa dal Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Ischia, il 25 gennaio 2012, afferma: «Non essendovi prova precisa della data di commissione del reato, in mancanza di allegazioni di senso contrario, bisogna ritenere che la relativa condotta sia stata posta in essere a ridosso del 2005 », dichiarando perciò l’estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 44, lett. c) , d.lgs. n. 380 del 2001 (v., per maggiori indicazioni, supra , § 6.2). Inoltre, occorre considerare che l’imputazione relativa al reato paesaggistico è formulata previo puntuale richiamo proprio ai fatti indicati nell’imputazione concernente il reato di cui all’art. 44, lett. c) , d.lgs. n. 380 del 2001 (cfr. supra , § 6.1).
Si può aggiungere, inoltre, che, mentre l’ordinanza impugnata rappresenta che, nel verbale di sequestro del 5 maggio 2008, «si dava peraltro atto della fuga di operai all’atto dell’intervento delle forze dell’ordine», la sentenza del Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Ischia, il 25 gennaio 2012, osserva, in modo del tutto opposto, che, in occasione del sequestro del 5 maggio 2008, «on vi erano lavori in corso e sul posto non vi erano operai» (cfr. supra , § 6.2).
7.2. È perciò necessario procedere ad un nuovo giudizio che, evitando le lacune e le contraddizioni evidenziate nel § 7.1, e al fine di verificare se si sia verificata l’estinzione per prescrizione dell’illecito contravvenzionale di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, e, conseguentemente, se siano da revocare l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi , nonché, per le ragioni indicate nel § 3.3, la sospensione condizionale della pena, accerti se, nel giudizio di cognizione, si sia formato un accertamento irrevocabile in ordine al tempo di commissione del reato paesaggistico.
A tal fine, il Giudice del rinvio -che, trattandosi di annullamento di un’ordinanza, si individua nel Tribunale di Napoli, a norma dell’art. 623, comma 1, lett. a) , cod. proc. pen. -procederà a tutte le verifiche necessarie, in particolare al fine di comprendere l’esatto significato delle indicazioni contenute in proposito nella sentenza di appello, esaminando, ove ritenuto utile, tutti gli atti del giudizio di sec ondo grado, ivi compresi l’atto di appello, eventuali memorie e richieste e conclusioni delle parti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli. Così deciso in data 21/02/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME