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DASPO urbano: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto sanzionato per la violazione di un DASPO urbano ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che per configurare il reato è sufficiente la mera presenza nell’area interdetta, indipendentemente da ulteriori condotte illecite. La decisione ribadisce anche i criteri per la valutazione delle attenuanti generiche e le conseguenze di un ricorso formulato in modo generico.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Urbano: la Sola Presenza Basta per la Condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su aspetti cruciali relativi al reato di violazione del DASPO urbano. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, ha ribadito principi fondamentali sia sulla natura del reato sia sui requisiti formali che un’impugnazione deve possedere per essere esaminata nel merito. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine dalla condanna di un individuo per la violazione di un provvedimento di DASPO urbano. A quest’ultimo era stato imposto il divieto di accedere per 12 mesi a una specifica piazza cittadina. Nonostante il divieto, l’uomo veniva ritrovato dalle forze dell’ordine all’interno dell’area interdetta, tra le automobili in sosta, a seguito della segnalazione di alcuni passanti.
Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano confermato la sua responsabilità penale. L’imputato, tuttavia, decideva di presentare ricorso per cassazione, contestando la valutazione delle prove e la motivazione delle sentenze precedenti.

Il Ricorso in Cassazione e la Violazione del DASPO Urbano

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge: Sosteneva che i giudici avessero errato nel considerare provata la sua colpevolezza. In particolare, insisteva sulla distinzione tra la sua semplice presenza fisica nella piazza e lo svolgimento effettivo dell’attività di parcheggiatore abusivo, che a suo dire non era avvenuta.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si doleva del fatto che la Corte d’Appello non gli avesse concesso le circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale.

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambe le censure inammissibili. In primo luogo, ha qualificato i motivi del ricorso come generici, poiché non si confrontavano in modo specifico e puntuale con le argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza impugnata. Questo è un errore procedurale grave che impedisce alla Corte di entrare nel merito della questione.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e inequivocabile le ragioni della sua decisione. Per quanto riguarda il reato di violazione del DASPO urbano, i giudici hanno sottolineato che la condotta penalmente rilevante consiste nella mera presenza del soggetto nell’area a lui vietata. È del tutto irrilevante, ai fini della configurazione del reato, che l’individuo stia compiendo o meno un’ulteriore attività illecita (come quella di parcheggiatore abusivo). Il bene giuridico tutelato dalla norma è l’ordine pubblico, che viene leso dalla semplice e consapevole trasgressione del divieto imposto dall’autorità.

Sul secondo punto, relativo alle attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata e immune da vizi. I giudici di merito avevano correttamente negato il beneficio sulla base di elementi concreti: i precedenti penali a carico dell’imputato e il suo tentativo di allontanarsi alla vista degli agenti. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: il giudice può negare le attenuanti generiche basando la sua decisione anche solo su alcuni elementi ritenuti preponderanti, senza dover analiticamente confutare ogni singolo fattore favorevole prospettato dalla difesa.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, chiarisce che il reato di violazione del DASPO urbano è un reato di pericolo astratto: la semplice disobbedienza al provvedimento è sufficiente a integrare la fattispecie, a prescindere dalle intenzioni o dalle ulteriori azioni del soggetto. In secondo luogo, essa funge da monito sull’importanza di redigere ricorsi specifici e non generici. Un’impugnazione che non affronta le fondamenta della decisione contestata è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende.

Per essere condannati per violazione del DASPO urbano è necessario compiere un’altra attività illecita nell’area vietata?
No, la sentenza chiarisce che la sola presenza fisica e consapevole nell’area interdetta è sufficiente per integrare il reato, a prescindere dallo svolgimento di qualsiasi altra attività.

Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se le critiche sono generiche?
Sì, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché le censure erano formulate in modo generico e non si confrontavano specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte.

Avere precedenti penali può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì, la Corte ha confermato che i precedenti penali, unitamente ad altri elementi come il tentativo di fuga, sono fattori rilevanti che possono legittimamente portare il giudice a negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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