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DASPO Urbano: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione di un DASPO Urbano. I giudici hanno ritenuto il motivo sull’illegittimità del provvedimento amministrativo generico e non proposto in appello, e hanno confermato il diniego delle attenuanti generiche basandosi sulla pericolosità sociale e i precedenti penali del ricorrente.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Urbano: La Cassazione Conferma la Condanna e Dichiara il Ricorso Inammissibile

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti di impugnazione delle condanne per violazione del DASPO Urbano. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per non aver rispettato il divieto di accesso a una specifica area cittadina. Questa pronuncia ribadisce principi fondamentali in materia di specificità dei motivi di ricorso e di valutazione delle circostanze attenuanti.

I Fatti del Caso: Violazione del Divieto di Accesso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per la violazione del reato previsto dal d.lgs. 14 del 2017, ossia l’inosservanza di un provvedimento di divieto di accesso a una zona urbana (il cosiddetto DASPO Urbano). Tale misura era stata emessa dal Questore a seguito di ripetute violazioni amministrative: l’individuo era stato sanzionato in più occasioni per l’esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo in una piazza cittadina, ricevendo anche tre ordini di allontanamento da parte del Sindaco. Nonostante il divieto, l’uomo aveva contravvenuto alla misura, facendo scattare il procedimento penale che ha portato alla sua condanna sia in primo grado che in appello.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa dell’imputato ha presentato un ricorso basato su due motivi principali:

1. Violazione di legge per illegittimità del DASPO: Si sosteneva che la condanna fosse ingiusta perché il provvedimento amministrativo alla base del reato, ovvero il DASPO emesso dal Questore, era illegittimo. Secondo la difesa, ciò avrebbe dovuto portare all’assoluzione perché il fatto non sussiste.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

La Decisione della Cassazione sul DASPO Urbano

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno analizzato separatamente i due motivi, evidenziando difetti procedurali e infondatezza nel merito che hanno reso impossibile un esame più approfondito. La decisione sottolinea come il processo di legittimità non possa essere utilizzato per introdurre nuove censure o per richiedere una rivalutazione dei fatti già compiuta dai giudici di merito.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Ritenuto Inammissibile

Genericità e Aspecificità del Primo Motivo: L’Illegittimità dell’Atto Amministrativo

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile per essere generico e aspecifico. La Corte ha osservato che la censura relativa alla presunta illegittimità del DASPO non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio (l’appello). In ogni caso, i giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse già motivato adeguatamente la legittimità del provvedimento, emesso sul presupposto corretto di sanzioni amministrative e tre ordini di allontanamento per l’attività di parcheggiatore abusivo. Contestare un atto amministrativo in sede di legittimità penale richiede motivi specifici e non generiche affermazioni di illogicità.

Manifesta Infondatezza del Secondo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo è stato rigettato, in quanto manifestamente infondato. La Cassazione ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche. Tale diniego era stato giustificato in modo logico, facendo riferimento alla “capacità delinquenziale” dell’imputato, rivelata non solo dai gravi precedenti penali, ma anche dalla stessa violazione del DASPO, vista come un’ulteriore manifestazione di trasgressività. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli elementi ritenuti decisivi, come in questo caso la pericolosità sociale del soggetto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza consolida due importanti principi giuridici. In primo luogo, un ricorso in Cassazione deve essere fondato su motivi specifici, pertinenti e, di norma, già discussi nei gradi di merito; non è possibile introdurre per la prima volta in sede di legittimità censure generiche sull’illegittimità di atti amministrativi presupposti al reato. In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Se la motivazione del diniego è logica e non manifestamente contraddittoria, come quando si basa sulla storia criminale e sulla personalità dell’imputato, essa non è sindacabile in Cassazione.

È possibile contestare la legittimità di un DASPO Urbano per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile tale censura perché, oltre a essere generica e aspecifica, non era stata dedotta nel precedente grado di giudizio (l’appello).

Quali elementi giustificano il diniego delle attenuanti generiche?
Il diniego delle attenuanti generiche può essere validamente giustificato dalla capacità delinquenziale dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali e dalla condotta complessiva, che dimostra una tendenza alla trasgressione delle norme.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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