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Daspo urbano: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione di un Daspo urbano. Il diniego della causa di non punibilità per tenuità del fatto e delle attenuanti generiche è stato confermato a causa delle plurime violazioni e dei precedenti penali, indicativi di una spiccata capacità a delinquere.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Daspo urbano: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’istituto del Daspo urbano è uno strumento sempre più utilizzato per garantire la sicurezza e il decoro delle nostre città. Ma cosa succede quando un soggetto viola tale divieto? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre importanti chiarimenti sui limiti dell’appello, in particolare riguardo alla non punibilità per tenuità del fatto e alla concessione delle attenuanti generiche. Analizziamo insieme questa decisione.

Il caso: violazione ripetuta del Daspo urbano

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo che ha impugnato una sentenza di condanna per la violazione del cosiddetto Daspo urbano, previsto dalla legge n. 48 del 2017. L’imputato lamentava principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il diniego delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

L’individuo era stato sorpreso a sostare in un’area a lui interdetta. Dagli atti processuali, però, emergeva un quadro più complesso: non si trattava di un episodio isolato. L’uomo era solito svolgere attività di parcheggiatore abusivo nella stessa zona, commettendo la violazione numerose volte e intralciando il traffico.

Il diniego della tenuità del fatto per il Daspo urbano

La difesa sosteneva che il singolo episodio dovesse essere considerato di lieve entità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ribadito un principio consolidato: per negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., è sufficiente una valutazione negativa anche di uno solo dei criteri richiesti dalla norma (modalità della condotta, esiguità del danno).

Nel caso specifico, i giudici hanno sottolineato come le plurime violazioni, documentate sia dal provvedimento di Daspo sia dagli atti processuali, escludessero a priori che il fatto potesse essere qualificato come di ‘minima offesa’. La reiterazione della condotta illegale è stata considerata un elemento decisivo per negare il beneficio, dimostrando una sostanziale indifferenza verso il precetto normativo.

Precedenti penali e diniego delle attenuanti generiche

Anche la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata respinta. La Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2008, il solo stato di incensuratezza non è più sufficiente per ottenere una riduzione di pena. Il giudice deve basare la sua decisione sulla presenza di elementi di segno positivo.

In questa vicenda, tali elementi erano del tutto assenti. Anzi, la Corte territoriale aveva correttamente evidenziato la ‘spiccata capacità a delinquere’ del ricorrente, basandosi su precedenti condanne per reati contro il patrimonio, ricettazione, minaccia, furto e falsità materiale, commessi nei cinque anni antecedenti al provvedimento di Daspo. Questo curriculum criminale è stato ritenuto un indicatore negativo preponderante, giustificando pienamente il diniego delle attenuanti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello completa e adeguata. La decisione si fonda su due pilastri:

1. Reiterazione della condotta: La violazione del Daspo urbano non è stata un fatto sporadico, ma un comportamento abituale. Questo elemento ha impedito di considerare l’offesa come ‘particolarmente tenue’.
2. Pericolosità sociale: I numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato hanno delineato un profilo di pericolosità sociale incompatibile con la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice non può ignorare la storia criminale di un soggetto nel valutare la sua meritevolezza di un trattamento sanzionatorio più mite.

Di conseguenza, non ravvisando alcuna colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di Daspo urbano e applicazione dei benefici di legge. Le conclusioni pratiche sono chiare: la non punibilità per tenuità del fatto non è un’opzione percorribile di fronte a condotte reiterate che dimostrano un disprezzo per le regole. Allo stesso modo, un passato criminale significativo costituisce un ostacolo quasi insormontabile per ottenere le attenuanti generiche. La decisione rafforza l’efficacia del Daspo come strumento di prevenzione, inviando un messaggio netto a chi intende violarlo sistematicamente.

Quando la violazione di un Daspo urbano non può essere considerata di ‘particolare tenuità’?
Secondo la Corte, la violazione non può essere considerata di particolare tenuità quando non è un episodio isolato, ma si inserisce in un contesto di plurime e ripetute violazioni della stessa misura, indicando un comportamento abituale e non occasionale.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate perché l’imputato aveva una ‘spiccata capacità a delinquere’, dimostrata da numerose e recenti condanne per reati gravi come ricettazione, minaccia, furto e falsità materiale. Questi precedenti negativi hanno superato qualsiasi potenziale elemento a suo favore.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria (3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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