Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33666 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a in GAMBIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 17/03/2025 della CORTE di APPELLO di GENOVA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del 31/03/2022 del Tribunale della medesima città in composizione monocratica, che aveva ritenuto NOME colpevole del reato di cui all’art. 10, comma 2, decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 18 aprile 2017, n. 48 – commesso perchØ non ottemperava al divieto di accesso alle aree urbane (nella specie, trattavasi del centro storico genovese) emesso dal AVV_NOTAIO di Genova in data 20/02/2020, notificatogli il 19/03/2020 ed avente la validità di dodici mesi, venendo sorpreso da personale della Polizia di Stato in INDIRIZZO, luogo a lui interdetto – e per l’effetto, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di arresto, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi, che vengono di seguito enunciati entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 143, 178, lett. c), 180 e 125 cod. proc. pen., per inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità, per non esser stati tradotti all’imputato, soggetto che non parla e non comprende la lingua italiana, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio, oltre che per illogicità della motivazione adottata dalla Corte di appello, in ordine alla relativa eccezione formulata dalla difesa.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale e per apparenza e, dunque, mancanza della motivazione in relazione agli artt. 10, comma 1, decreto legge n. 14 del 2017 e 125 cod. proc. pen., non essendo motivato il provvedimento di allontanamento
adottato dal AVV_NOTAIO e, a sua volta, non essendosi confrontata la Corte di appello con la relativa doglianza difensiva.
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per apparenza e, dunque, mancanza della motivazione in merito alla richiesta di disapplicazione del provvedimento del AVV_NOTAIO, nella misura in cui esso rinvia al regolamento di polizia urbana del Comune di Genova.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
¨ infondato il primo motivo di ricorso, dato che la Corte territoriale ha specificamente esposto gli elementi dai quali risulta che l’imputato comprende la lingua italiana, esponendo una motivazione immune da censure rilevabili in sede di legittimità. Quanto ai residui motivi di impugnazione, in sentenza sono puntualmente richiamate le considerazioni espresse, sul punto, sia dal primo giudice sia dalla Corte di Appello.
La difesa ha depositato memoria di replica, a mezzo della quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Con riferimento al primo motivo, nØ il Tribunale nØ la Corte territoriale hanno motivato circa l’utilizzo di un modulo plurilingue, dal quale si Ł desunto che l’imputato comprendesse la lingua italiana. Quanto alle ulteriori censure, il provvedimento del AVV_NOTAIO non ha motivato, in merito alla sussistenza degli elementi atti a legittimare l’applicazione del Daspo; la Corte di appello, inoltre, non si Ł confrontata con la doglianza inerente alla legittimità del provvedimento amministrativo, che rinvia al regolamento di Polizia Urbana, nell’individuare l’area per cui Ł previsto il divieto di accesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Come già sintetizzato in parte narrativa, viene in rilievo la contravvenzione a un daspo urbano. La norma violata Ł l’art. 10 comma 2 d.l. n. 14 del 2017, che così recita: ‘2. Nei casi di reiterazione delle condotte di cui all’articolo 9, commi 1 e 2, il questore, qualora dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza, può disporre, con provvedimento motivato, per un periodo non superiore a dodici mesi, il divieto di accesso ad una o piø delle aree di cui all’articolo 9, espressamente specificate nel provvedimento, individuando, altresì, modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell’atto. Il questore può disporre il divieto di accesso di cui al primo periodo anche nei confronti di coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per alcuno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio, di cui al libro secondo, titoli XII e XIII, del codice penale, commessi in uno dei luoghi indicati all’articolo 9, comma 1. Il contravventore al divieto di cui al presente comma Ł punito con l’arresto da sei mesi ad un anno’.
Nella concreta vicenda, NOME COGNOME Ł stato sorpreso – in tre distinte occasioni – in luoghi nei quali gli era stato interdetto l’accesso, mediante il suddetto provvedimento.
Con il primo motivo, reiterato in sede di memoria di replica, la difesa lamenta non esser stati tradotti – in lingua nota al soggetto alloglotta – l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio.
3.1. A sostegno della censura, la difesa adduce come la conoscenza della lingua italiana non possa essere fondatamente desunta, nØ dalla sottoscrizione di un verbale di elezione di domicilio (verbale compilato, peraltro, mediante l’utilizzo di un modulo plurilingue), nØ dal dato meramente empirico, rappresentato dall’utilizzo di alcune espressioni di tenore offensivo, rivolte dall’imputato – in una data occasione – a personale di polizia giudiziaria. Nemmeno dirimente Ł poi – in ipotesi difensiva – il fatto che il ricorrente sia stato sottoposto
ad altri procedimento penali e che si trovi in Italia sin dal 2016, ivi lavorando come giardiniere.
Secondo la difesa si tratterebbe di elementi di valenza recessiva, rispetto al fatto che – in epoca coeva, rispetto a quella nella quale si colloca il presente procedimento – il ricorrente sia stato ritenuto dal Tribunale di Genova, nel corso di una udienza di convalida di arresto per la prosecuzione in rito direttissimo, non in grado di esprimersi in lingua italiana, nØ di comprenderla adeguatamente.
3.2. Trattasi di una doglianza che, in realtà, ripropone pedissequamente il relativo motivo di gravame. La Corte di appello, però, ha dialogato in maniera sostanziale con tale prospettazione ed ha fornito, sul punto specifico, ampio ed esaustivo riscontro; i Giudici di secondo grado, infatti, hanno sottolineato come:
NOME si trovi in Italia ormai da lungo tempo, ossia a partire dal 2016 ed abbia qui lavorato come giardiniere;
l’imputato abbia dichiarato di comprendere l’italiano, nel verbale di identificazione ed elezione di domicilio versato nell’incarto processuale;
dall’annotazione di p.g. presente nel fascicolo sia possibile evincere come il ricorrente abbia insultato i poliziotti, adoperando espressioni offensive tipicamente rientranti nella lingua italiana;
nell’udienza di convalida relativa ad altro procedimento, il giudice abbia convocato l’interprete in via meramente prudenziale, dando poi atto della presenza di questi.
3.3. A fronte di tale motivazione, la difesa non riesce a oltrepassare la soglia della mera doglianza generica, rivalutativa e versata in fatto.
¨ noto, però, che il ricorso per cassazione non può essere fondato su motivi che ripropongano le medesime ragioni esposte in precedenza, ossia già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame; motivi di tal genere, infatti, devono esser considerati non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, secondo il parametro della indeterminatezza, bensì anche per la mancanza di correlazione, tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (fra tante, si vedano Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME Sami, Rv. 277710).
3.4. In definitiva, ad una tipica questione di fatto – quale Ł quella inerente alla conoscenza della lingua italiana – la Corte territoriale ha offerto una risposta puntuale e coerente, nonchØ scevra da spunti di contraddizione, sia essa logica o infratestuale e, quindi, meritevole di restare al riparo da qualsivoglia stigma, in sede di legittimità. La difesa, per disarticolare la saldezza delle conclusioni sussunte nell’avversata decisione, dipana invece una critica che Ł solo rivalutativa ed aspecifica.
Il secondo e il terzo motivo presentano una chiara scaturigine unitaria; e dunque tali censure – ribadite nelle argomentazioni poste a fondamento della memoria – ben si prestano ad una trattazione congiunta.
4.1. Rappresenta la difesa come – nel provvedimento del AVV_NOTAIO – sia dato rinvenire esclusivamente il riferimento a tre occasioni, nelle quali il ricorrente sarebbe stato sorpreso in condizioni di manifesta ubriachezza; non sarebbero specificate, però, le modalità di notifica degli ordini di allontanamento adottati nei suoi confronti, nØ sarebbe chiarito in cosa siano concretamente consistiti i comportamenti aggressivi e molesti serbati da NOME.
Era stato invocato – prosegue la difesa – il sindacato giurisdizionale, in merito alla legittimità del regolamento di polizia urbana (atto integrativo del precetto penale), che di fatto indica in maniera eccessivamente estesa e sproporzionata la zona interessata dal divieto di accesso all’area urbana. Tutto il centro storico di Genova, comunque, non presenta le caratteristiche richieste dall’art. 9 comma 2 d.l. 14 del 2017.
4.2. Giova premettere che il cd. daspo urbano ex art. 10 d.l. n. 14 del 2017 può essere adottato dal AVV_NOTAIO, testualmente, ‘nei casi di reiterazione delle condotte di cui all’articolo 9, commi 1 e 2’ e ‘qualora dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza’, oltre che nei confronti di chi, in determinate zone, si renda protagonista di condotte rilevanti ex art. 688 o 726 cod. pen.; a ciò va aggiunto il caso in cui si tratti di soggetti ‘che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per alcuno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio …’.
4.3. Nella concreta fattispecie, l’elemento oggettivo posto a fondamento dell’adozione del daspo urbano Ł l’aver posto in essere fatti di ubriachezza riconducibili entro l’alveo previsionale dell’art. 688 cod. pen., venendo tali condotte realizzate ‘nelle aree di cui al medesimo comma’ (secondo il dato testuale della norma). Emerge, in effetti, come il secondo comma del succitato art. 10 postuli che il fatto di trovarsi in condizioni di ubriachezza venga posto in essere all’interno delle zone indicate dal primo comma della medesima disposizione, che sono, testualmente ‘aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze’.
4.3.1. I tre episodi di ubriachezza addebitati al ricorrente sono avvenuti, secondo quanto ricavabile dalla lettura del provvedimento del AVV_NOTAIO, rispettivamente in INDIRIZZO, in INDIRIZZO e in INDIRIZZO, zone che il AVV_NOTAIO dichiara essere ricomprese fra quelle che il regolamento urbano del Comune di Genova, all’art. 8bis , indica quali luoghi sottoposti all’operatività del successivo art. 9. A sua volta, il terzo comma di quest’ultima disposizione specifica anche che ‘i regolamenti di polizia urbana possono individuare aree urbane su cui insistono presidi sanitari, scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli, ovvero adibite a verde pubblico, alle quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo’.
4.3.2. La conclusione da trarne Ł nel senso che l’indicazione preventiva e astratta delle zone di rilievo, attuata per il tramite del regolamento comunale, debba reputarsi pienamente consentita.
E nel regolamento del Comune di Genova, i suddetti tre luoghi, teatro delle manifestazioni di intemperanza di NOME, devono ritenersi adeguatamente indicati. Pur non potendo essere ciascuna di tali strade e piazze nominativamente indicata nel corpo del regolamento, infatti, vi Ł comunque una dettagliata indicazione dell’intero centro storico, perimetrato da una serie di strade che lo circondano e delimitano.
4.4. Tanto premesso, non può che disattendersi il terzo motivo, che – auspicando la disapplicazione di un regolamento comunale, sulla base della delimitazione di una determinata area asseritamente operata in modo illegittimo, in quanto generico e poco comprensibile – invita questa Corte, in realtà, ad una valutazione prettamente incentrata sul fatto, ossia al compimento di una attività interpretativa estranea al giudizio di legittimità.
Non vi Ł chi non rilevi, comunque, come la delimitazione preventiva dell’area interessata dalla possibile applicazione del divieto di accesso -di carattere necessariamente ampio,
nonchØ attuata mediante la mera perimetrazione della zona di interesse – sia pienamente consentita dalla norma sopra citata. Trattasi, del resto, di una operazione descrittiva che si rende indispensabile, proprio in vista della massima comprensibilità del regolamento comunale, oltre che al fine della stessa conoscibilità dell’estensione dell’area di interesse; una elencazione certosina delle singole vie, al contrario, produrrebbe il contrario effetto della scarsa comprensibilità e, comunque, sarebbe sostanzialmente inattuabile nel corpo di un regolamento comunale.
Siffatta interpretazione del vigente assetto normativo della materia, infine, Ł coerente con la piana lettura della norma di riferimento, essendo bastevole riflettere sul fatto che il terzo comma dell’art. 9 d.l. n. 14 del 2017 demanda ai regolamenti di polizia urbana l’individuazione non di singole strade (o magari piazze, vicoli o luoghi fisici della città comunque denominati), bensì di ‘aree urbane’, così rimandando al concetto dell’ampia demarcazione di una determinata zona, piuttosto che della minuziosa specificazione topografica.
Ciò vale ad assicurare la perfetta comprensibilità delle zone di vigenza del divieto, saldandosi alla perfezione con l’ulteriore elemento, di natura formale, rappresentato dalla conoscibilità dei regolamenti locali, da parte dell’indifferenziata comunità di cittadini e residenti.
4.5. Non sussistono nemmeno le lamentate carenze motivazionali del provvedimento questorile, che Ł – ad onta delle deduzioni difensive – adeguatamente motivato, anche attraverso il riferimento alla pericolosità sociale del destinatario. In esso vi Ł, in primo luogo, il riferimento agli episodi di ubriachezza dei quali il ricorrente si Ł reso protagonista, in relazione ai quali Ł bene precisare come la legge non preveda affatto l’intervento di una condanna (vi Ł, invece, l’esclusivo richiamo, nel secondo comma del già citato art. 9 del d.l. n. 14 del 2017, alla commissione delle violazioni e ‘ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative’).
Vi Ł poi, nel provvedimento del AVV_NOTAIO, un espresso riferimento a comportamenti aggressivi, tenuti da NOME nei confronti dei passanti, oltre che a condotte moleste in danno degli operatori, non trascurandosi un passaggio dedicato alla frequentazione di pregiudicati ed alle precedenti condanne per spaccio di sostanze stupefacenti.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 02/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME