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DASPO sportivo: quando è legittimo il divieto?

La Corte di Cassazione ha confermato un DASPO sportivo di due anni a carico di un tifoso per aver lanciato un petardo di notevole potenza nel settore ospiti durante una partita. Il ricorso del tifoso, che lamentava vizi di motivazione e definiva il gesto come ‘coreografico’, è stato respinto. La Corte ha stabilito che la gravità del gesto è di per sé sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale del soggetto e a giustificare la misura preventiva, indipendentemente dalla presenza di disordini o dal fatto che nessuno sia stato colpito. L’urgenza del provvedimento è stata confermata dalla necessità di prevenire future condotte simili.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Sportivo: Lancio di Petardo e Pericolosità Sociale, la Decisione della Cassazione

Il DASPO sportivo rappresenta una delle misure più incisive per contrastare la violenza negli stadi. Ma quali sono i presupposti per la sua applicazione? Un singolo gesto, come il lancio di un petardo, è sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale di un individuo? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4761 del 2024, offre chiarimenti importanti, confermando che la gravità intrinseca di una condotta può, da sola, giustificare il divieto di accesso alle manifestazioni sportive.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Questore che imponeva a un tifoso un divieto di accesso a manifestazioni sportive per due anni, con l’obbligo di presentarsi presso un ufficio di Polizia durante gli incontri della sua squadra. Il provvedimento era scaturito dal lancio di un petardo ‘di notevole potenza’ nel settore ospiti dello stadio, occupato in quel momento da circa 800 persone. Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) convalidava l’ordinanza, ritenendola fondata.

Contro tale decisione, il tifoso proponeva ricorso per cassazione, basandolo su diversi motivi.

I Motivi del Ricorso

La difesa del ricorrente articolava la propria impugnazione su più fronti:
1. Violazione del diritto di difesa: Si lamentava che il giudice non avesse tenuto conto di una memoria difensiva depositata poco prima della decisione.
2. Carenza di motivazione: Si sosteneva che il provvedimento fosse basato su un presupposto errato, ossia la presenza di ‘disordini’ durante la partita, mentre si sarebbe trattato solo del lancio isolato di un petardo. Inoltre, si affermava che l’esplosione era avvenuta in una zona vuota e lontana dai tifosi, configurando un mero ‘gesto coreografico’ e non un pericolo concreto.
3. Pericolosità sociale e urgenza: La difesa contestava la motivazione sulla pericolosità sociale del proprio assistito, definendola apparente e basata su formule di stile. Infine, si metteva in dubbio la necessità e l’urgenza della misura, adottata a quattro mesi dai fatti e a campionato ormai concluso.

La Decisione della Corte di Cassazione sul DASPO sportivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. I giudici hanno confermato la piena legittimità del DASPO sportivo emesso nei confronti del tifoso, condannandolo al pagamento delle spese processuali.

La decisione si basa su una valutazione rigorosa della condotta e dei principi che regolano le misure di prevenzione in ambito sportivo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con un ragionamento logico e aderente alla normativa. In primo luogo, ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla memoria difensiva, poiché il ricorrente non aveva specificato quali argomenti cruciali essa contenesse e come avrebbero potuto influenzare la decisione del giudice.

Nel merito, i giudici hanno sottolineato come le censure relative alla dinamica dei fatti (presenza o meno di disordini, punto di esplosione del petardo, natura ‘coreografica’ del gesto) costituissero valutazioni di fatto, non ammissibili in sede di legittimità. La Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Il fulcro della motivazione riguarda la pericolosità sociale. La Corte ha stabilito che la condotta del tifoso – lanciare un oggetto esplosivo ‘di notevole potenza’ all’interno di uno stadio e in un settore che ospitava un pubblico numeroso – è ‘altamente sintomatica di un’intrinseca pericolosità sociale’. Non è necessario dimostrare un pericolo concreto o la presenza di tafferugli; l’atto stesso, per la sua gravità e sconsideratezza, è sufficiente a qualificare il soggetto come socialmente pericoloso in quel contesto.

Infine, anche la motivazione sulla necessità e urgenza è stata ritenuta adeguata. Il G.i.p. aveva correttamente evidenziato che l’urgenza derivava dalla ‘concreta possibilità’ che il soggetto, se non controllato, potesse ripetere gesti di simile gravità in altre manifestazioni sportive, anche non calcistiche. Il tempo trascorso o la fine del campionato non eliminano questo rischio futuro, che è proprio ciò che la misura preventiva mira a neutralizzare.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di DASPO sportivo: la valutazione della pericolosità sociale non richiede necessariamente una sequenza di atti violenti o la partecipazione a disordini generalizzati. Un singolo episodio, se caratterizzato da una particolare gravità e da un potenziale offensivo elevato – come il lancio di un ordigno esplosivo in un luogo affollato – è di per sé sufficiente a giustificare l’adozione della misura preventiva. La Corte chiarisce che la finalità del DASPO è quella di prevenire rischi futuri, e la pericolosità di un individuo si desume dalla sua incapacità di rispettare le regole di convivenza civile in un contesto ad alto potenziale di tensione come quello sportivo. La natura ‘coreografica’ o la mancanza di conseguenze lesive dirette diventano, in questa prospettiva, elementi secondari rispetto alla gravità intrinseca del comportamento.

È necessario che ci siano disordini in corso per giustificare un DASPO sportivo?
No. Secondo la Corte, la condotta del ricorrente, consistente nel lancio di un petardo di notevole potenza in un settore affollato, è stata ritenuta di per sé sufficiente a giustificare il provvedimento, indipendentemente dal fatto che in quel momento fossero o meno in corso disordini tra le tifoserie.

Il lancio di un petardo in una zona vuota dello stadio può essere considerato un gesto innocuo o ‘coreografico’?
No. La Corte ha ritenuto irrilevante la tesi difensiva secondo cui il gesto fosse solo ‘coreografico’ e non pericoloso. L’atto di lanciare un oggetto esplosivo all’interno di uno stadio, in un settore che ospita pubblico, è stato qualificato come altamente sintomatico di un’intrinseca pericolosità sociale, a prescindere dal punto esatto dell’esplosione.

La lunga distanza di tempo tra il fatto e l’adozione del provvedimento ne compromette l’urgenza?
No. La Corte ha confermato che l’urgenza della misura non viene meno. Essa è legata alla concreta possibilità che la persona, se non controllata, possa compiere nuovamente atti di simile gravità in future manifestazioni sportive. Il tempo trascorso o la fine del campionato non eliminano questo rischio preventivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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