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DASPO: ricorso inammissibile per motivi di fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione del DASPO. I motivi, basati sulla presunta inconsapevolezza di violare il divieto, sono stati ritenuti mere doglianze in punto di fatto, non sindacabili in sede di legittimità. La condanna al pagamento delle spese e di una sanzione è stata confermata.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare per reati come la violazione del DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive). La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati nei precedenti gradi di giudizio.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sanzionato con un DASPO, una misura che vieta l’accesso a luoghi dove si svolgono eventi sportivi. Nonostante il divieto, questa persona è stata trovata in prossimità di uno di tali luoghi durante un controllo. A seguito di ciò, è stato condannato per la violazione delle prescrizioni imposte, come previsto dall’art. 6 della Legge n. 401/1989. L’imputato ha presentato ricorso avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Violazione del DASPO

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, non solo la condanna è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla natura dei motivi presentati dal ricorrente, giudicati non idonei a essere esaminati in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto. Il ricorrente ha basato la sua difesa sostenendo di non essere consapevole di violare il divieto, data l’ora e il luogo in cui si trovava al momento del controllo. Ha, in sostanza, proposto una valutazione alternativa delle prove e delle circostanze fattuali.

La Corte ha qualificato questi argomenti come mere doglianze in punto di fatto. Il giudizio della Cassazione, infatti, è un giudizio di legittimità: il suo scopo è verificare che i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano applicato correttamente la legge, non di riesaminare le prove o di ricostruire diversamente i fatti. Sostenere di non essere consapevoli della violazione è un argomento che attiene al merito della vicenda e che doveva essere provato e discusso nei primi due gradi di giudizio. Poiché il ricorso non sollevava vizi di legge o errori procedurali, ma si limitava a criticare la valutazione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, è stato ritenuto inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si può ridiscutere l’intero processo. Le strategie difensive basate sulla ricostruzione dei fatti o sulla valutazione della colpevolezza devono essere sviluppate e argomentate solidamente davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello. Per chi affronta un’accusa di violazione del DASPO, è cruciale dimostrare con prove concrete, già in primo grado, eventuali elementi che possano escludere la consapevolezza della violazione. Un ricorso in Cassazione basato unicamente su una diversa interpretazione dei fatti è destinato, come in questo caso, all’inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.

È possibile contestare in Cassazione la propria consapevolezza di aver violato un divieto come il DASPO?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della consapevolezza di violare un divieto è una questione di fatto, che non può essere riesaminata in sede di legittimità, ma deve essere affrontata nei gradi di merito del processo.

Cosa significa che un ricorso è basato su ‘mere doglianze in punto di fatto’?
Significa che il ricorso non contesta errori nell’applicazione della legge (vizi di legittimità), ma propone una diversa interpretazione delle prove e dei fatti, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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