DASPO: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare per reati come la violazione del DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive). La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati nei precedenti gradi di giudizio.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo sanzionato con un DASPO, una misura che vieta l’accesso a luoghi dove si svolgono eventi sportivi. Nonostante il divieto, questa persona è stata trovata in prossimità di uno di tali luoghi durante un controllo. A seguito di ciò, è stato condannato per la violazione delle prescrizioni imposte, come previsto dall’art. 6 della Legge n. 401/1989. L’imputato ha presentato ricorso avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Violazione del DASPO
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, non solo la condanna è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla natura dei motivi presentati dal ricorrente, giudicati non idonei a essere esaminati in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto. Il ricorrente ha basato la sua difesa sostenendo di non essere consapevole di violare il divieto, data l’ora e il luogo in cui si trovava al momento del controllo. Ha, in sostanza, proposto una valutazione alternativa delle prove e delle circostanze fattuali.
La Corte ha qualificato questi argomenti come mere doglianze in punto di fatto
. Il giudizio della Cassazione, infatti, è un giudizio di legittimità: il suo scopo è verificare che i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano applicato correttamente la legge, non di riesaminare le prove o di ricostruire diversamente i fatti. Sostenere di non essere consapevoli della violazione è un argomento che attiene al merito della vicenda e che doveva essere provato e discusso nei primi due gradi di giudizio. Poiché il ricorso non sollevava vizi di legge o errori procedurali, ma si limitava a criticare la valutazione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, è stato ritenuto inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si può ridiscutere l’intero processo. Le strategie difensive basate sulla ricostruzione dei fatti o sulla valutazione della colpevolezza devono essere sviluppate e argomentate solidamente davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello. Per chi affronta un’accusa di violazione del DASPO, è cruciale dimostrare con prove concrete, già in primo grado, eventuali elementi che possano escludere la consapevolezza della violazione. Un ricorso in Cassazione basato unicamente su una diversa interpretazione dei fatti è destinato, come in questo caso, all’inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
È possibile contestare in Cassazione la propria consapevolezza di aver violato un divieto come il DASPO?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della consapevolezza di violare un divieto è una questione di fatto, che non può essere riesaminata in sede di legittimità, ma deve essere affrontata nei gradi di merito del processo.
Cosa significa che un ricorso è basato su ‘mere doglianze in punto di fatto’?
Significa che il ricorso non contesta errori nell’applicazione della legge (vizi di legittimità), ma propone una diversa interpretazione delle prove e dei fatti, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1095 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1095 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a GENOVA il 02/12/1971
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 6 I. 401/1989 non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto sulla scorta di un’alternativa valutazione delle risultanze di prova in relazione alla sua consapevolezza di violare il divieto di avvicinamento ai luoghi in cui si svolgevano attività sportive, tenuto conto dell’ora e luogo in cui si trovava al momento del controllo;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023