Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12406 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12406 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 11/06/1975
avverso l’ordinanza in data 14/08/2024 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Vicenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, letta la memoria difensiva con cui il difensore che ha insistito nell’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Vicenza, con l’ordinanza impugnata, ha convalidato il decreto del Questore di Vicenza, emesso in data 3 agosto 2024, con il quale si vietava a Dragone Antonio di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, e luoghi limitrofi, prescrivendo allo stesso la doppia presentazione presso la Questura di Taranto, secondo le indicazioni ivi previste, per la durata di anni otto.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso il COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 6 comma 1, legge n. 401 del 1989, vizio di motivazione in relazione alla carenza dei presupposti per l’adozione della misura, nonché mancanza di fumus circa l’attribuibilità delle condotte al ricorrente. Secondo il ricorrente non sarebb attribuibile al Dragone la condotta contestata, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989, genericamente riferita al ricorrente sul rilievo che il predetto era stato identificato immediatamente dopo gli scontri tra le due opposte fazioni nel medesimo luogo in cui gli scontri stessi erano avvenuti, unitamente ad altri ultras. Non sarebbero riportati ulteriori specifici elementi riguardanti il ricorrente al qual sarebbe stata attribuita la condotta prevista dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989 solo in quanto vestito con abiti scuri e con indosso occhiali da sole. Anche nel provvedimento questorile non sarebbero stati evidenziati elementi specifici riguardanti il Dragone ulteriori rispetto alla constatata sua presenza sul luogo in cui si sarebbe verificata la rissa e il dopo il suo esaurirsi, rissa peraltro neppur sufficientemente argomentata, né altre informazioni utili sotto il profilo dell’attribuibilità della condotta al ricorrente si ricaverebbero dai filmati indic nelle annotazioni di PG. Anche a voler ritenere sussistente il reato di rissa non vi sarebbero in definitiva elementi di sorta per attribuire la responsabilità a COGNOME NOME della sua partecipazione. La sola presenza del ricorrente in loco dopo l’esaurirsi dei fatti, che non hanno interessato tutta la tifoseria tarantina, no potrebbe valere per ritenere che questi abbia partecipato agli scontri e che pertanto abbia posto in essere taluna delle condotte indicate dall’articolo sei legge 401 del 1989 da cui la violazione di legge compiuta dal giudice della convalida.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla assenza di motivazione sulla pericolosità sociale tenuto conto della recidivanza risalente.
2.3. Con il terzo motivo deduce la carenza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla necessità di un plurimo obbligo di presentazione e in punto proporzionalità della misura.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va ricordato, in via generale, che i presupposti della convalida del provvedimento del Questore, impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia in occasione dello svolgimento di manifestazioni sportive, sono: a) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il Questore ad adottare il provvedimento; b) la pericolosità concreta ed attuale del soggetto; c) l’attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e la loro riconducibilità all ipotesi previste dall’art. 6, L. 13 dicembre 1989, n. 401; d) la congruità della
durata della misura (Sez. 3, n. 17753 del 06/03/2018, COGNOME, Rv. 272778 – 01; Sez. 3, n. 20789 del 15/04/2010, COGNOME, Rv. 247186).
Questa Corte ha poi chiarito (cfr. Sez. U, n. 44273 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 229112; Sez. 1, n. 48369 del 18/11/2004, COGNOME, Rv. 229363) che il controllo da esercitare in sede di convalida del provvedimento emesso dal questore ai sensi dell’art. 6, comma 2, legge 13 dicembre 1989 n. 401 e succ. modd., non può essere limitato a un controllo meramente formale, che ometta di motivare in ordine all’esistenza dei presupposti legittimanti l’adozione da parte dell’autorità amministrativa della misura limitativa della libertà personale, tra cui deve risultare la motivazione della necessità della prescrizione della presentazione alla autorità, in base a una valutazione condotta secondo parametri di proporzionalità ed adeguatezza; Sez. 3, n. 13741 del 12/03/2009, COGNOME, Rv. 243271; Sez. 3, n. 23305 del 28/01/2016, COGNOME, Rv. 267294).
Non di meno, il controllo cartolare deve essere compiuto sulla scorta degli atti trasmessi e tenuto conto delle eventuali memorie difensive che delineano il perimetro di valutazione e della successiva valutazione di congruità della motivazione sindacabile in questa sede.
Ciò posto, quanto al caso in esame, il Giudice ha convalidato il provvedimento del Questore sulla scorta delle annotazioni di PG in data 18 maggio 2024, 27 maggio 2024 e 18 giugno 2024, che, come è noto, compendia i risultati dell’attività investigativa, ed ha ritenuto l’attribuibilità delle condotte violente di cui all’ar cit., e segnatamente scontri tra opposte tifoserie in Contrà della Piarda, che costituiscono un presupposto applicativo, sul rilievo che il COGNOME era stato identificato immediatamente dopo lo scontro tra i tifosi e sul luogo ove questo è avvenuto. Il COGNOME, scrive il Giudice, è stato identificato sul luogo dello scontro e immediatamente dopo, sicchè perde di rilevanza e non è conferente il dedotto rilievo che sarebbe stato solamente identificato attraverso gli indumenti, peraltro molto comuni. Né, contrariamente all’assunto difensivo, l’attribuibilità del fatto al COGNOME sarebbe stata argomentata sulla mera presenza in loco. A logica motivazione è pervenuto il giudice della convalida là dove, accertato il presupposto per l’applicazione della misura ai sensi dell’art. 6 cit., genericamente censurato, ovvero l’essere avvenuto uno scontro violento da parte di opposte tifoserie in Contrà INDIRIZZO, ed ha attribuito il fatto al ricorrente perché identificato su luogo nell’immediatezza dello scontro.
Conclusivamente il primo motivo di ricorso appare inammissibile.
5. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.
Va rammentato che in tema di misure di prevenzione della violenza occasionata da manifestazioni sportive, il disposto dell’art. 6, comma 5, legge 13 dicembre 1989, n. 401, nel prevedere che il provvedimento del questore
impositivo del divieto di accesso ai luoghi dove esse si svolgono, emesso nei confronti di soggetto già in precedenza sottoposto ad analoga misura, sia sempre accompagnato dall’ulteriore prescrizione dell’obbligo di presentazione personale, in occasione delle competizioni, ad un ufficio o comando di polizia e che la durata del divieto o della prescrizione non sia inferiore a cinque e superiore a dieci anni, non esime il giudice della convalida dal valutare compiutamente i fatti indicati dall’autorità di pubblica sicurezza, onde verificare la riconducibilità delle condotte alle ipotesi previste dalla norma e la loro attribuibilità al soggetto, nè dal dar conto del proprio convincimento in ordine alla pericolosità concreta e attuale del destinatario del provvedimento (Sez. 3, n. 41899 del 13/09/2023, Daniele, Rv. 285286 – 01; Sez. 3, n. 28067 del 03/11/2016, Rv. 270329 – 01).
Ciò premesso, l’ordinanza impugnata, dopo aver dato atto che il Dragone è soggetto recidivo, ha argomentato la pericolosità sociale del predetto in ragione delle specifiche modalità delle azioni sopra descritte (cfr. pag. 5-6), modalità che denotato una sua pericolosità da cui il pericolo di reiterazioni di analoghe condotte (cfr. pag. 6).
Infondato risulta anche il terzo motivo di ricorso sotto tutte le prospettazioni.
Al riguardo, va osservato che l’art. 2, comma 1, lett. b), d.l. 22 agosto 2014 n. 119 (conv., con modificazioni, nella I. 17 ottobre 2014, n. 146) ha inserito, nell’art. 6, comma 5, I. n. 401 del 1989, l’ipotesi del c.d. DASPO del “recidivo”, che ricorre proprio nella fattispecie in esame. Per tale ipotesi, l’art. 6, comma 5, cit., prevede non solo l’obbligatorietà della prescrizione dell’obbligo di presentazione ma anche una durata maggiore rispetto alle ipotesi comuni, in particolare prevede che “la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni”.
Nel caso in esame, l’obbligatorietà della prescrizione dell’obbligo di comparizione e la durata della misura applicata, nel minimo di anni cinque, risulta adeguatamente motivata, secondo l’ordinanza impugnata, in ragione della gravità del fatto, come descritto.
Nessuna violazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989 e nessun difetto di motivazione sono, infatti, presenti nella ordinanza impugnata con riferimento alle modalità di concreta esecuzione dell’obbligo e alla c.d. doppia presentazione.
Nel caso in esame, la prescrizione dell’obbligo di comparizione e la durata della misura applicata derivavano necessariamente dalla “recidiva” del prevenuto. Le modalità di concreta esecuzione dell’obbligo sono state ritenute dal GIP congrue in relazione alla gravità dell’episodio costituente oggetto della suesposta ricostruzione, condividendo motivatamente la valutazione espressa dal Questore.
Quanto al profilo della c.d. doppia presentazione va richiamato il principio condiviso dal Collegio secondo cui l’obbligo di ripetuta presentazione ad un
comando od ufficio di polizia in coincidenza con una stessa manifestazione sportiva (cosiddetta “doppia presentazione”) può essere legittimamente imposto anche con riguardo alle competizioni che si svolgano “in trasferta”, atteso che anche lo svolgimento fuori sede dell’incontro può consentire, a chi abbia effettuato una sola presentazione, di raggiungere in tempo utile il luogo ove si disputa la gara (Sez. 3, n. 23958 del 04/03/2014, COGNOME, Rv. 259658 – 01), principio valevole soprattutto allorchè le competizioni sportive per le quali vige l’obbligo di presentazione sono svolte in ristretti ambiti territoriali.
È, infatti, evidente che, nel disporre l’obbligo di presentazione accanto al divieto di accesso, il legislatore ha avuto presente la necessità di evitare facili elusioni al divieto di accesso, perché è dato di comune conoscenza che la trasferta in senso sportivo non sempre comporta spostamenti rilevanti o, addirittura, in città diverse, ben potendo realizzarsi l’ipotesi che una stessa città veda giocare in contemporanea due squadre calcistiche, delle quali una “in casa” e l’altra “in trasferta”. A ciò va aggiunto che gli incontri in trasferta possono avvenire anche nel raggio di pochi chilometri, sicché l’obbligo della duplice presentazione ha indubbiamente una sua logica.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 06/02/2025