LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

DASPO recidivo: obbligo di firma e doppia presentazione

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un provvedimento di DASPO recidivo della durata di otto anni, con obbligo di doppia presentazione alla polizia. Il ricorso, basato sulla presunta insufficienza di prove e sulla sproporzionalità della misura, è stato rigettato. La Corte ha stabilito che l’identificazione del soggetto sul luogo e nell’immediatezza degli scontri tra tifoserie è un elemento sufficiente per la convalida della misura preventiva. Inoltre, ha ribadito la legittimità dell’obbligo di doppia firma, anche per le trasferte, come strumento necessario per garantire l’effettività del divieto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO recidivo: la Cassazione conferma l’obbligo di firma anche con la ‘doppia presentazione’

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12406/2025, si è pronunciata su un caso di DASPO recidivo, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per la sua applicazione e sulla legittimità delle misure accessorie, come l’obbligo di doppia presentazione alla polizia. La decisione ribadisce il rigore con cui l’ordinamento affronta la violenza negli stadi, soprattutto nei confronti di chi ha già manifestato in passato condotte pericolose.

I fatti del caso: dal decreto del Questore al ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un’ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Vicenza, che convalidava un decreto del Questore. Tale decreto imponeva a un soggetto, già noto per precedenti specifici, un divieto di accesso ai luoghi delle manifestazioni sportive per otto anni. Oltre al divieto, veniva prescritto un obbligo di ‘doppia presentazione’ presso la Questura di Taranto durante gli incontri di calcio.

La misura era stata adottata a seguito di violenti scontri tra opposte tifoserie, al termine dei quali il soggetto era stato identificato dalle forze dell’ordine sul luogo dei fatti. Insoddisfatto della decisione del GIP, il destinatario del provvedimento ha proposto ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso: dubbi sull’identificazione e proporzionalità della misura

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre argomenti principali:

1. Carenza di prove: Secondo la difesa, non vi erano elementi sufficienti per attribuirgli una partecipazione attiva agli scontri. La sua identificazione, avvenuta dopo la fine dei disordini, e il suo abbigliamento (abiti scuri e occhiali da sole) non costituivano prove concrete della sua colpevolezza.
2. Mancanza di pericolosità sociale attuale: Il ricorrente sosteneva che la sua ‘recidivanza’ era risalente nel tempo e che non vi era una motivazione adeguata sulla sua attuale pericolosità sociale.
3. Sproporzionalità della misura: Infine, veniva contestata la necessità e la proporzionalità dell’obbligo di doppia presentazione, ritenuto eccessivamente gravoso.

La decisione della Corte sul DASPO recidivo e l’obbligo di firma

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza e confermando la piena legittimità dell’ordinanza del GIP.

La sufficienza dell’identificazione post-scontri

Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito che, nel contesto del giudizio di convalida, l’identificazione di un soggetto sul luogo e nell’immediata successione temporale degli scontri rappresenta un presupposto sufficiente per ritenere attribuibile la condotta violenta. Il fatto di essere stato individuato ‘immediatamente dopo’ e ‘sul luogo’ degli avvenimenti è stato considerato un elemento probatorio decisivo, rendendo irrilevanti le contestazioni sull’abbigliamento o sulla presunta mera presenza passiva.

La pericolosità sociale del soggetto recidivo

In merito al secondo motivo, i giudici hanno evidenziato che, per un soggetto già colpito in passato da un DASPO (il cosiddetto DASPO recidivo), la legge prevede un trattamento più severo. La pericolosità sociale è stata considerata adeguatamente motivata dal GIP, che ha fatto riferimento non solo alla recidiva, ma anche alle specifiche e gravi modalità dei fatti che hanno dato origine al nuovo provvedimento, da cui scaturisce il concreto pericolo di reiterazione.

La legittimità della ‘doppia presentazione’

Infine, la Corte ha validato anche l’aspetto più afflittivo della misura: la doppia presentazione. Per i recidivi, l’obbligo di presentazione alla polizia non è una scelta discrezionale, ma un’imposizione obbligatoria per legge. La sua durata, che deve essere compresa tra cinque e otto anni, è stata ritenuta congrua alla gravità dei fatti. La modalità della ‘doppia presentazione’, anche per le partite in trasferta, è stata giudicata logica e funzionale a impedire facili elusioni del divieto, considerando che molte trasferte avvengono in località vicine e facilmente raggiungibili in breve tempo.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la natura del controllo giudiziario in sede di convalida del DASPO. Non si tratta di un processo penale volto ad accertare la commissione di un reato, ma di un controllo sulla legittimità di una misura di prevenzione. In tale ottica, il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti di legge, quali la necessità e l’urgenza, la pericolosità del soggetto e l’attribuibilità delle condotte. In questo caso, l’annotazione di polizia giudiziaria che collocava il ricorrente sulla scena degli scontri subito dopo il loro verificarsi è stata ritenuta un fondamento solido per la decisione del Questore e per la successiva convalida del GIP. La Corte ha inoltre richiamato il quadro normativo specifico per il DASPO recidivo (art. 6, comma 5, L. 401/1989), che impone l’obbligo di presentazione e stabilisce una durata minima e massima della misura, giustificando così il rigore del provvedimento impugnato.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di violenza sportiva. Stabilisce che per la convalida di un DASPO recidivo, l’identificazione del soggetto nell’immediatezza dei fatti e sul luogo degli stessi è un elemento probatorio di peso significativo. Inoltre, conferma che l’obbligatorietà e le modalità più severe delle prescrizioni, come la doppia presentazione, sono strumenti legittimi e proporzionati per contrastare la pericolosità sociale di chi reitera condotte violente in occasione di eventi sportivi, garantendo una maggiore efficacia alla misura preventiva.

La sola presenza sul luogo degli scontri subito dopo i fatti è sufficiente per convalidare un DASPO?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’identificazione di una persona sul luogo e nell’immediato seguito di scontri tra tifoserie costituisce un presupposto sufficiente per convalidare il provvedimento del Questore, in quanto elemento idoneo a ritenere la sua condotta riconducibile ai disordini.

Per un DASPO recidivo è sempre obbligatorio l’obbligo di presentazione alla polizia?
Sì. La legge (art. 6, comma 5, L. 401/1989) prevede espressamente che, in caso di DASPO emesso nei confronti di un soggetto già destinatario in passato di un analogo provvedimento, la misura del divieto di accesso sia sempre accompagnata dalla prescrizione dell’obbligo di presentazione a un ufficio di polizia.

È legittimo imporre una ‘doppia presentazione’ alla polizia anche durante le partite in trasferta?
Sì. La Corte ha ritenuto la ‘doppia presentazione’ una misura logica e legittima anche per le competizioni fuori casa. Questa modalità serve a evitare facili elusioni del divieto, poiché impedisce al soggetto di raggiungere il luogo della gara dopo essersi presentato una sola volta alla polizia, specialmente quando le trasferte si svolgono in località vicine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati