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DASPO recidiva: firma obbligatoria e nullità

Un tifoso, già destinatario in passato di un divieto di accesso a manifestazioni sportive, riceve un nuovo DASPO con obbligo di firma per cinque anni. L’interessato ricorre in Cassazione lamentando una violazione del suo diritto di difesa, poiché il provvedimento di convalida del giudice sarebbe stato emesso prima della scadenza del termine di 48 ore a sua disposizione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo due principi fondamentali: in caso di DASPO recidiva, l’obbligo di firma è automatico e non richiede una nuova valutazione di pericolosità. Inoltre, la violazione del termine dilatorio per la difesa costituisce una nullità che può essere fatta valere solo se si dimostra un pregiudizio concreto ed effettivo al diritto di difesa, non essendo sufficiente la mera allegazione astratta della violazione.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Recidiva: Quando la Firma è Obbligatoria e la Nullità Non Basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19640 del 2024, affronta due questioni cruciali in materia di misure di prevenzione negli stadi: l’automatismo dell’obbligo di firma in caso di DASPO recidiva e i requisiti necessari per far valere la nullità di un provvedimento per vizi procedurali. La decisione chiarisce che, per chi è già stato destinatario di un DASPO, la seconda misura comporterà automaticamente l’obbligo di presentarsi in commissariato, e che lamentare una violazione del diritto di difesa richiede la prova di un danno concreto.

I Fatti del Caso: un Nuovo DASPO e il Ricorso in Cassazione

Un tifoso, già in passato colpito da un DASPO, si vedeva notificare un nuovo provvedimento dal Questore. Questa volta, oltre al divieto di accesso agli stadi per cinque anni in occasione delle partite di una specifica squadra, veniva imposto anche l’obbligo di presentazione presso la Stazione dei Carabinieri in tre momenti specifici: durante il primo tempo, il secondo tempo e venti minuti dopo la fine della partita.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) convalidava il provvedimento. L’interessato, tuttavia, presentava ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali:
1. La violazione del diritto di difesa, poiché il GIP aveva emesso l’ordinanza di convalida prima della scadenza del termine di 48 ore concesso per presentare memorie difensive.
2. Il difetto di motivazione sulla congruità e gradualità della sanzione.
3. La mancanza di motivazione sulla necessità della triplice presentazione in caserma.
4. L’illogicità dell’applicazione della misura anche per le partite amichevoli.

La Violazione del Termine Dilatorio: Una Nullità “Condizionata”

Il punto più interessante sul piano procedurale è il primo. La legge prevede un termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento del Questore, entro il quale l’interessato può presentare le proprie difese al giudice. Nel caso di specie, il giudice aveva deciso prima che questo termine scadesse.

La Cassazione, pur riconoscendo che tale violazione costituisce una “nullità di ordine generale” per lesione del diritto di difesa, ha specificato che non si tratta di una nullità assoluta e insanabile. Per poterla far valere, l’interessato ha l’onere di dimostrare un “interesse a ricorrere concreto, attuale e verificabile”. Non basta, quindi, lamentare un pregiudizio astratto o potenziale.

Nel caso specifico, il ricorrente non aveva depositato alcuna memoria difensiva entro le 48 ore. Di conseguenza, la Corte ha concluso che non vi era alcun nesso causale tra la decisione anticipata del giudice e un’effettiva lesione del diritto di difesa, che di fatto non era stato esercitato. In altre parole, non ci si può lamentare di non aver potuto difendersi se non si è compiuto alcun atto per farlo.

DASPO Recidiva: L’Automatismo dell’Obbligo di Firma

La sentenza offre un chiarimento fondamentale sull’applicazione dell’obbligo di firma per i soggetti recidivi. L’articolo 6, comma 5, della legge 401/1989 stabilisce che, nei confronti di chi sia già stato destinatario di un DASPO, il nuovo provvedimento deve essere sempre accompagnato dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per una durata non inferiore a cinque anni.

La Corte ha affermato che questa disposizione introduce una forma di automatismo. A differenza del primo DASPO, dove il giudice deve valutare la pericolosità concreta e attuale del soggetto per imporre l’obbligo di firma, in caso di DASPO recidiva questa valutazione non è più necessaria. La legge stessa presume la pericolosità di chi, nonostante una prima misura, commette nuovi fatti che giustificano un secondo divieto.

Questo automatismo, precisa la Corte, non è incostituzionale, poiché il sistema prevede una “valvola di sfogo”: il meccanismo di riabilitazione previsto dal comma 8-bis dello stesso articolo. Un soggetto può, infatti, chiedere la cessazione degli effetti del DASPO dimostrando una condotta di ravvedimento operoso (es. risarcimento del danno, collaborazione con le autorità). Se il soggetto non attiva questo percorso, la presunzione di pericolosità in caso di recidiva rimane pienamente operante.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato in ogni suo punto. Per quanto riguarda la violazione del termine dilatorio, ha applicato il principio del necessario interesse concreto a far valere la nullità: non avendo il ricorrente esercitato il suo diritto di difesa nel termine previsto, non poteva lamentare un pregiudizio effettivo. Sul tema della DASPO recidiva, ha consolidato l’interpretazione sull’automatismo dell’obbligo di firma, escludendo la necessità di una rinnovata valutazione della pericolosità da parte del giudice della convalida. Infine, ha ritenuto generiche le censure sulla triplice firma, giustificata dalla necessità di controllare la presenza del soggetto anche durante il deflusso dei tifosi, e ha confermato la legittimità dell’applicazione del DASPO anche alle partite amichevoli, purché programmate e pubblicizzate.

Le Conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: le garanzie procedurali, pur fondamentali, non possono essere invocate in modo puramente formale e strumentale. Chi lamenta la violazione di un diritto deve dimostrare di aver subito un danno concreto. Sul piano sostanziale, viene rafforzata la stretta repressiva nei confronti dei recidivi. L’automatismo dell’obbligo di firma per il secondo DASPO agisce come una presunzione legale di pericolosità, che può essere superata solo attraverso un percorso attivo di riabilitazione da parte dell’interessato. In assenza di ciò, la legge non lascia discrezionalità al giudice sulla necessità della misura accessoria.

Quando è obbligatoria l’aggiunta dell’obbligo di firma a un DASPO?
Secondo la sentenza, l’obbligo di firma è automatico in caso di DASPO recidiva, cioè quando un nuovo provvedimento viene emesso nei confronti di un soggetto già destinatario in passato di una misura analoga. In questo caso, la legge presume la pericolosità e non richiede al giudice una nuova valutazione discrezionale.

La violazione del termine di 48 ore per la difesa rende sempre nulla la convalida del DASPO?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene la violazione costituisca una nullità, per farla valere è necessario dimostrare un pregiudizio concreto ed effettivo al diritto di difesa. Se l’interessato non ha depositato memorie o compiuto atti difensivi entro il termine, non può lamentare un danno e la nullità non può essere dichiarata.

Il DASPO si applica anche alle partite amichevoli?
Sì. La Corte ha confermato il suo orientamento secondo cui il divieto di accesso e le prescrizioni collegate, come l’obbligo di firma, si estendono anche agli incontri amichevoli, a condizione che questi siano stati programmati e pubblicizzati, e quindi conoscibili in anticipo dal destinatario della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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