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DASPO: Quando è valido l’obbligo di firma?

La Cassazione conferma la validità di un DASPO con obbligo di firma per un operatore sanitario accusato di comportamento minaccioso durante una partita. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, sottolineando che la valutazione della pericolosità del soggetto e dei fatti spetta al giudice di merito, specialmente in presenza di precedenti specifici.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO: Quando è valido l’obbligo di firma?

Il DASPO con obbligo di firma rappresenta una delle misure di prevenzione più incisive per contrastare la violenza negli stadi. Ma quali sono i presupposti per la sua applicazione e convalida? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione dei fatti, confermando la validità di un provvedimento basato su prove concrete e precedenti specifici, anche quando l’interessato fornisce una versione alternativa dei fatti.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un operatore sanitario che, durante una partita di calcio, era entrato in campo per soccorrere un giocatore infortunato. Secondo la ricostruzione del Questore, convalidata dal GIP, l’uomo non si era limitato a prestare assistenza medica. Al contrario, le immagini di videosorveglianza e le testimonianze raccolte, tra cui quella del vice allenatore e di un giocatore della squadra avversaria, dimostravano che si era diretto con fare minaccioso verso un altro calciatore, tentando di aggredirlo. Solo l’intervento dei suoi colleghi aveva evitato il peggio.

Sulla base di questi elementi, il Questore emetteva un provvedimento di DASPO della durata di due anni, accompagnato dall’obbligo di presentarsi in commissariato quindici minuti dopo l’inizio e quindici minuti prima della fine di ogni partita della squadra locale. Il provvedimento veniva successivamente convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP).

Il Ricorso in Cassazione: le ragioni dell’appellante

L’operatore sanitario presentava ricorso in Cassazione, sostenendo un travisamento dei fatti e una violazione di legge. A suo dire, il suo comportamento era stato del tutto pacifico e finalizzato unicamente a prestare soccorso e a prevenire ulteriori disordini. Negava quindi di essere l’autore dei comportamenti violenti che gli venivano addebitati e contestava la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di una misura così restrittiva come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I presupposti del DASPO con obbligo di firma secondo la difesa

La difesa del ricorrente si concentrava sulla presunta mancanza di prove circa la sua condotta violenta, offrendo una narrazione alternativa degli eventi. L’argomentazione centrale era che, in assenza di un comportamento aggressivo, venivano a mancare i presupposti di legge per l’applicazione non solo del divieto di accesso allo stadio, ma a maggior ragione dell’obbligo di firma, che richiede una valutazione di pericolosità sociale particolarmente rigorosa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio giudizio. Gli Ermellini hanno ribadito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La valutazione delle prove, come le immagini video e le testimonianze, e la ricostruzione della dinamica degli eventi sono compiti riservati al giudice di merito (in questo caso, il GIP che ha convalidato il provvedimento).

Il sindacato della Suprema Corte è limitato alla verifica della legittimità del provvedimento, controllando che la motivazione sia logica, coerente e non manifestamente contraddittoria. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la decisione del GIP fosse ben motivata, in quanto basata su una disamina completa delle risultanze processuali.

Inoltre, la Corte ha sottolineato la correttezza della valutazione sulla pericolosità concreta del soggetto. Il GIP aveva infatti considerato non solo l’episodio in sé, ma anche un precedente specifico: un DASPO emesso nel 2013 e una denuncia per lesioni e minacce ai danni di un altro calciatore in un’occasione simile. Questi elementi, nel loro insieme, costituivano una base solida per ritenere sussistenti i presupposti di pericolosità richiesti dalla legge per l’applicazione del DASPO con obbligo di firma.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: la contestazione di un DASPO in sede di legittimità non può basarsi su una mera rilettura dei fatti. Se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica e fondata su elementi concreti (prove video, testimonianze, precedenti), essa è insindacabile in Cassazione. La pericolosità sociale del soggetto, requisito chiave per l’obbligo di firma, può essere legittimamente desunta non solo dalla condotta specifica, ma anche da episodi passati che ne delineano un profilo di propensione a comportamenti violenti in contesti sportivi. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quali sono i presupposti per convalidare un DASPO con obbligo di firma?
Secondo la Corte, i presupposti sono: a) ragioni di necessità e urgenza che hanno portato all’adozione del provvedimento; b) la pericolosità concreta ed attuale del soggetto; c) l’attribuibilità delle condotte al medesimo e la loro riconducibilità ai casi previsti dalla legge; d) la congruità della durata della misura.

È possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti che hanno portato al DASPO?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove sono di competenza esclusiva del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legittimità, come una motivazione illogica o contraddittoria, non per proporre una diversa interpretazione dei fatti.

I precedenti di una persona possono influenzare la decisione di imporre un DASPO?
Sì, la sentenza evidenzia che il giudice ha tenuto in forte considerazione un precedente specifico di DASPO e una denuncia penale a carico del ricorrente per un episodio simile. Questi elementi sono stati ritenuti rilevanti per valutare la “pericolosità concreta” del soggetto e giustificare l’applicazione della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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