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DASPO per furto in autogrill: quando è legittimo?

Un tifoso, di ritorno da una trasferta, commette un furto in un’area di servizio autostradale insieme ad altri sostenitori. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del DASPO emesso nei suoi confronti, stabilendo che il reato, seppur apparentemente minore e non violento, era direttamente collegato alla manifestazione sportiva. La decisione chiarisce che il contesto di gruppo e l’azione collettiva creano quel nesso causale sufficiente a giustificare la misura di prevenzione, anche per fatti avvenuti lontano dallo stadio.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO per un furto: la Cassazione delinea i confini del nesso con l’evento sportivo

Un semplice furto di due peluche in un autogrill può costare un DASPO di cinque anni? Secondo la Corte di Cassazione, la risposta è affermativa. Con la sentenza n. 5173 del 2024, i giudici hanno stabilito che anche un reato apparentemente slegato dalla violenza da stadio può giustificare la misura di prevenzione, se inserito in un contesto di gruppo e direttamente collegato a una manifestazione sportiva. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui presupposti applicativi del Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive, in particolare sul concetto di ‘causalità’.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine al termine di una partita di calcio. Un gruppo di tifosi, di ritorno dalla trasferta, si fermava in un’area di servizio autostradale. Durante la sosta, il gruppo dava luogo ad ‘azioni predatorie’, culminate, per quanto riguarda il ricorrente, nella sottrazione di due peluche dagli scaffali.

A seguito di denuncia per furto aggravato, il Questore emetteva un provvedimento di DASPO della durata di cinque anni, con l’obbligo di presentarsi presso gli uffici di Polizia durante le partite della propria squadra. Il provvedimento veniva convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari.

Il tifoso, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che il furto non rientrasse in nessuna delle ipotesi previste dalla legge per l’applicazione del DASPO. A suo dire, mancava l’elemento della violenza o dell’intimidazione e, soprattutto, il fatto non era stato commesso ‘in occasione’ di una manifestazione sportiva, ma in un luogo e un momento diversi.

La questione del DASPO ‘tradizionale’ e il legame con la partita

Il nodo centrale della questione era stabilire se la condotta del tifoso potesse essere ricondotta al cosiddetto DASPO ‘tradizionale’. La legge (art. 6, L. 401/1989) prevede diverse categorie di destinatari per questa misura. Le prime (lett. a e b) riguardano coloro che hanno preso parte attiva a episodi di violenza o che hanno tenuto condotte intimidatorie ‘in occasione o a causa di manifestazioni sportive’.

La difesa del ricorrente puntava proprio sull’assenza di questo collegamento diretto, qualificando il gesto come un semplice reato contro il patrimonio. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa interpretazione, abbracciando una visione più ampia del nesso di causalità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che per applicare il DASPO non è necessario che l’atto di violenza o la condotta illecita avvengano materialmente durante la competizione sportiva. È sufficiente che siano collegati ad essa da un ‘rapporto di immediato e univoco nesso eziologico’.

Nel caso specifico, l’azione del ricorrente non è stata valutata come un gesto isolato, ma come parte integrante di un’azione collettiva e predatoria posta in essere da un gruppo di tifosi di ritorno dalla partita. Questo contesto ha conferito al furto un ‘quid pluris’, ovvero ‘qualcosa in più’ rispetto al semplice reato. L’azione del gruppo ha determinato una ‘complessiva situazione di certo ed evidente pericolo per la sicurezza pubblica’.

La Corte ha sottolineato che l’iniziativa collettiva, ispirata da finalità provocatorie e dotata di un’efficacia intimidatoria, non si sarebbe verificata senza la presenza contestuale degli altri tifosi di ritorno dalla trasferta. Il furto, quindi, non era un evento a sé stante, ma una conseguenza diretta del clima e delle dinamiche di gruppo generate dalla manifestazione sportiva. Per questi motivi, il collegamento tra il reato e l’evento sportivo è stato ritenuto sussistente e la misura del DASPO pienamente legittima.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la pericolosità sociale che il DASPO mira a prevenire non si esaurisce tra i cancelli dello stadio. Anche comportamenti tenuti lontano dall’impianto sportivo, prima o dopo la partita, possono giustificare l’applicazione della misura se sono causalmente legati all’evento. Il fattore determinante è il contesto: un atto individuale può assumere una connotazione di pericolosità sociale se inserito in un’azione di gruppo che genera allarme e intimidazione, trovando la sua origine e la sua ragione d’essere proprio nella manifestazione sportiva.

Un furto commesso in un autogrill può giustificare l’emissione di un DASPO?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è possibile. Se il furto non è un atto isolato ma si inserisce in un’azione di gruppo da parte di tifosi, che crea una situazione di pericolo per la sicurezza pubblica, e avviene in un momento strettamente collegato a una trasferta sportiva (come il viaggio di ritorno), allora sussiste il nesso di causalità richiesto dalla legge per applicare il DASPO.

Qual è la differenza tra DASPO “tradizionale” e DASPO “fuori contesto”?
Il DASPO “tradizionale” si applica a comportamenti tenuti ‘in occasione o a causa di manifestazioni sportive’, richiedendo quindi un collegamento diretto con l’evento. Il DASPO “fuori contesto” si applica invece a soggetti che, sulla base di denunce o condanne per specifici reati (es. contro l’ordine pubblico, violenza), sono ritenuti socialmente pericolosi, anche se la loro condotta non ha alcun legame con lo sport.

Cosa si intende per “nesso di immediato e univoco nesso eziologico” tra reato e manifestazione sportiva?
Si intende un rapporto di causa-effetto diretto e chiaro. La condotta illecita, anche se avviene in un luogo e momento diversi dalla partita, deve essere una conseguenza diretta del contesto creato dall’evento sportivo. Nel caso di specie, l’azione di gruppo dei tifosi di ritorno dalla trasferta è stata considerata la causa che ha reso possibile e ha qualificato la pericolosità del singolo furto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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