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DASPO oggetti atti a offendere: la Cassazione decide

Un uomo impugna un provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO) emesso dopo essere stato trovato in possesso di oggetti atti a offendere la notte prima di una partita di calcio. Sosteneva che gli oggetti servissero per difesa personale, senza alcun legame con l’evento sportivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando il DASPO. I giudici hanno ritenuto evidente il collegamento tra il possesso degli oggetti, la partita imminente e la recidiva del soggetto, elementi sufficienti a dimostrarne la pericolosità sociale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Oggetti Atti a Offendere: Quando la Detenzione è Legata all’Evento Sportivo?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: l’applicazione del DASPO per oggetti atti a offendere trovati in possesso di un individuo nelle ore precedenti a una manifestazione sportiva. La decisione chiarisce quali elementi sono sufficienti per collegare la detenzione di tali oggetti all’evento e giustificare così la misura di prevenzione, anche in assenza di una flagranza di reato nei pressi dello stadio. Il caso analizza il confine tra la versione difensiva dell’indagato e la valutazione della pericolosità sociale effettuata dal giudice.

I Fatti del Caso: Il Ritrovamento in Auto

I fatti risalgono alla notte precedente un’importante partita di Champions League. Durante un controllo, le forze dell’ordine fermavano un’automobile con a bordo quattro giovani. All’interno del veicolo venivano rinvenuti diversi oggetti considerati potenzialmente offensivi: un casco integrale, una spranga di legno, tubi di plastica, cinghie con fibbie metalliche, guanti e due fumogeni. In seguito al ritrovamento, al conducente veniva notificato un provvedimento del Questore, successivamente convalidato dal GIP, che imponeva il divieto di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO) e l’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia.

La Difesa dell’Indagato

L’interessato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo l’insussistenza di prove concrete che collegassero il possesso degli oggetti all’imminente partita. La sua tesi difensiva si basava su tre punti principali:
1. Il lasso temporale tra il controllo (ore 23:45 del giorno prima) e l’inizio della partita.
2. La distanza fisica tra il luogo del fermo e lo stadio.
3. Una motivazione alternativa: gli oggetti sarebbero serviti per difendere un conoscente da minacce ricevute da un gruppo di persone ostili, una circostanza del tutto slegata dal contesto sportivo. A supporto di questa versione, venivano prodotte le dichiarazioni rese da lui e dagli altri passeggeri nel procedimento penale parallelo per porto di oggetti atti a offendere.

L’Analisi della Cassazione sul DASPO e gli oggetti atti a offendere

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la validità del DASPO. I giudici hanno ritenuto che il collegamento tra la detenzione degli oggetti e la partita fosse, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa, ‘univoco e immediato’.

Il Collegamento con l’Evento Sportivo

Secondo la Corte, diversi elementi logici permettevano di stabilire il nesso con la partita. In primo luogo, la natura stessa degli oggetti rinvenuti (casco, spranga, fumogeni) è stata definita ‘notoriamente funzionale’ alla partecipazione a disordini durante manifestazioni calcistiche. Inoltre, è stato dato peso alla circostanza che il carico di tali strumenti fosse avvenuto presso un bar conosciuto come luogo di ritrovo di tifosi ultras. Infine, il fatto che l’auto si dirigesse verso il centro cittadino, potenziale luogo di concentramento dei tifosi della squadra avversaria, è stato considerato un ulteriore, decisivo indizio. Per la Corte, non è affatto illogico ritenere che scontri tra tifoserie possano precedere un evento sportivo di tale richiamo.

La Valutazione della Pericolosità e la Recidiva

Un elemento che ha pesato in modo significativo sulla decisione è stata la recidiva del ricorrente. I giudici hanno evidenziato come l’individuo avesse già ricevuto provvedimenti analoghi per ben tre volte in passato, con l’ultimo terminato solo pochi mesi prima. Questa circostanza è stata ritenuta fondamentale per confermare la sua attuale pericolosità sociale e, di conseguenza, la necessità della misura di prevenzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione compiuta dal giudice di merito era logica, coerente e priva di contraddizioni. Il ricorso per ‘travisamento della prova’ è stato respinto, poiché la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento del giudice precedente. Le dichiarazioni difensive rese nel parallelo procedimento penale sono state considerate irrilevanti ai fini della valutazione della pericolosità per l’applicazione del DASPO, che risponde a finalità preventive e non repressive. La combinazione tra la tipologia degli oggetti, il contesto del loro ritrovamento e la storia personale dell’individuo ha creato un quadro indiziario sufficientemente solido da giustificare la misura restrittiva.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio importante: per l’applicazione di una misura di prevenzione come il DASPO, non è necessaria la prova di un reato consumato, ma è sufficiente una valutazione prognostica sulla pericolosità del soggetto basata su elementi di fatto concreti e logici. La prossimità temporale e spaziale all’evento sportivo sono indizi importanti, ma non gli unici. La natura degli oggetti, il contesto e, soprattutto, la recidiva specifica possono fondare un giudizio di pericolosità che legittima pienamente l’intervento preventivo dell’autorità, a tutela dell’ordine pubblico.

È sufficiente essere trovati con oggetti atti a offendere in auto per ricevere un DASPO, anche se lontano dallo stadio e il giorno prima della partita?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, se esistono elementi logici che collegano la detenzione di tali oggetti all’evento sportivo. Nel caso di specie, la natura degli oggetti (casco, fumogeni, spranga), il luogo del fermo in direzione del centro città e il fatto che fossero stati caricati in un noto ritrovo di ultras sono stati considerati sufficienti a stabilire tale collegamento, rendendo irrilevante la distanza temporale e fisica.

La versione dei fatti fornita dall’indagato in un altro procedimento penale può invalidare un provvedimento come il DASPO?
No. La Corte ha chiarito che le dichiarazioni rese dall’indagato e da altre persone in un separato procedimento penale (per porto di oggetti atti a offendere) non sono in grado di inficiare la valutazione sulla pericolosità sociale fatta in sede di applicazione della misura di prevenzione del DASPO. Le due valutazioni seguono logiche e finalità diverse.

Quanto conta la recidiva nella valutazione per l’emissione di un DASPO per oggetti atti a offendere?
La recidiva è un elemento di decisiva importanza. Nel caso esaminato, la Corte ha sottolineato che l’indagato aveva già ricevuto provvedimenti analoghi per ben tre volte, con l’ultimo scaduto da pochi mesi. Questo precedente è stato considerato un elemento significativo per confermare la sua attuale pericolosità e giustificare la nuova misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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