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DASPO: il termine di 48 ore e il diritto di difesa

Un soggetto ricorre contro la convalida di un provvedimento DASPO, lamentando la violazione del termine di 48 ore concesso per la difesa. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che, nonostante l’inosservanza del termine da parte del giudice, l’assenza di un pregiudizio concreto ed effettivo al diritto di difesa del ricorrente impedisce la declaratoria di nullità dell’atto. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non ha mai tentato di esercitare il proprio diritto, non depositando memorie difensive.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO e Termine di 48 Ore: Quando la Forma Cede alla Sostanza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31119 del 2024, torna su un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione come il DASPO: il rispetto del termine di 48 ore per garantire il diritto di difesa del destinatario del provvedimento. Questa pronuncia introduce un principio di concretezza fondamentale, stabilendo che la violazione formale del termine non comporta automaticamente la nullità della convalida se non si dimostra un effettivo pregiudizio per la difesa. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Convalida Anticipata del DASPO

Un tifoso veniva raggiunto da un provvedimento del Questore che gli imponeva l’obbligo di presentazione presso gli uffici di Polizia durante le partite di calcio della sua squadra, per una durata di otto anni. Il provvedimento gli veniva notificato in data 11/10/2023 alle ore 11:10. Successivamente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) provvedeva alla convalida della misura in data 13/10/2023, senza specificare l’orario.

Il soggetto interessato decideva di ricorrere per cassazione, sostenendo che la convalida fosse avvenuta prima della scadenza del termine perentorio di 48 ore concesso dalla legge per l’esercizio del suo diritto di difesa.

Il Motivo del Ricorso: La Violazione del Termine di 48 ore

Il ricorrente basava la sua doglianza su un unico, ma solido, motivo: la violazione dell’art. 6 della legge n. 401/1989. Secondo la giurisprudenza consolidata, il destinatario di un provvedimento del Questore ha diritto a un termine di 48 ore dalla notifica per esaminare gli atti e presentare memorie difensive al GIP prima che questi decida sulla convalida. Si tratta di un termine incomprimibile, la cui inosservanza configura una nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, lett. c), del codice di procedura penale, per violazione del diritto di difesa.

Nel caso specifico, il GIP aveva emesso l’ordinanza di convalida prima che fossero interamente trascorse le 48 ore, impedendo di fatto al ricorrente di depositare eventuali scritti difensivi.

La Decisione della Cassazione: Il Principio del Pregiudizio Concreto

Nonostante la richiesta di annullamento da parte del Procuratore Generale, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte, pur ribadendo la sacralità del termine di 48 ore come presidio del diritto di difesa, ha introdotto un criterio di valutazione sostanziale: la necessità di un pregiudizio concreto ed attuale.

La Corte ha osservato che, sebbene il GIP avesse emesso la convalida prematuramente il 13 ottobre, la notifica di tale convalida al ricorrente era avvenuta solo il 15 ottobre. In tutto questo lasso di tempo, il ricorrente non aveva depositato alcuna memoria difensiva né aveva manifestato l’intenzione di farlo. Di conseguenza, la violazione procedurale non aveva causato alcun danno effettivo al suo diritto di difesa, che di fatto non era stato esercitato.

Le Motivazioni della Corte

Il fulcro del ragionamento della Cassazione risiede nell’applicazione dell’art. 182 del codice di procedura penale. Secondo tale norma, una nullità non può essere eccepita dalla parte che non ha interesse all’osservanza della disposizione violata. In questo caso, l’interesse del ricorrente era quello di poter presentare le proprie difese. Tuttavia, non avendo egli compiuto alcun atto finalizzato a tale scopo (come depositare una memoria), la Corte ha ritenuto che mancasse l’interesse concreto a far valere la nullità. In altre parole, il ricorrente si lamentava della compressione di un diritto che non aveva comunque intenzione di esercitare. La violazione formale del termine, priva di un conseguente e dimostrato pregiudizio, non è stata ritenuta sufficiente a invalidare il provvedimento di convalida.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione sulla distinzione tra violazione formale delle norme e lesione sostanziale dei diritti. Se da un lato il rispetto dei termini processuali è fondamentale, dall’altro la loro violazione deve essere collegata a un danno effettivo per la parte che la lamenta. Il diritto di difesa, per essere tutelato, deve essere non solo astrattamente previsto, ma concretamente esercitato o, quantomeno, vi deve essere la prova di un’intenzione di esercitarlo frustrata dall’errore procedurale. Per i destinatari di misure di prevenzione, ciò significa che è essenziale agire tempestivamente per predisporre le proprie difese, poiché la sola inerzia potrebbe precludere la possibilità di contestare con successo eventuali vizi procedurali.

La convalida di un DASPO prima dello scadere del termine di 48 ore è sempre nulla?
No. Secondo la sentenza, sebbene la violazione del termine costituisca un vizio procedurale, la nullità non è automatica. È necessario che il ricorrente dimostri di aver subito un pregiudizio concreto ed attuale al suo diritto di difesa, ad esempio provando che l’atto prematuro gli ha impedito di depositare una memoria difensiva già pronta o in preparazione.

Cosa si intende per ‘pregiudizio concreto ed attuale’ al diritto di difesa?
Per ‘pregiudizio concreto ed attuale’ si intende un danno effettivo e non meramente potenziale. Nel contesto di questa sentenza, significa che la violazione del termine deve aver realmente impedito al destinatario della misura di esercitare le sue facoltà difensive. Se il soggetto non ha compiuto alcun atto per difendersi, la Corte ritiene che non vi sia stato alcun pregiudizio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante la violazione del termine da parte del GIP?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte, il ricorrente non aveva un interesse concreto a far valere la nullità. Non avendo esercitato in alcun modo il suo diritto di difesa nel periodo di tempo intercorso tra l’emissione e la notifica della convalida, non ha potuto dimostrare che la decisione prematura del GIP avesse leso effettivamente le sue prerogative difensive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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