LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

DASPO e termini di difesa: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un provvedimento di DASPO con obbligo di presentazione, nonostante l’ordinanza di convalida fosse stata emessa prima della scadenza del termine di 48 ore concesso per la difesa. La Corte ha stabilito che, trattandosi di nullità a regime intermedio, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare un pregiudizio concreto e attuale, cosa non avvenuta. Rigettati anche i motivi su carenza di motivazione e applicabilità del DASPO alle amichevoli.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO e Termini di Difesa: quando una violazione procedurale non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34413/2024, torna a pronunciarsi sulla validità del DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) e sui limiti del diritto di difesa. La pronuncia chiarisce un punto fondamentale: la violazione del termine dilatorio di 48 ore concesso all’interessato non comporta automaticamente la nullità del provvedimento se non viene dimostrato un pregiudizio concreto. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Il DASPO e il ricorso in Cassazione

Il caso nasce da un ricorso contro un’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Macerata, che aveva convalidato un provvedimento del Questore. Tale provvedimento applicava a un soggetto un DASPO ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989, con l’aggiunta dell’obbligo di presentarsi presso gli uffici di Polizia durante le partite di una squadra locale. Il ricorrente si opponeva alla convalida, lamentando diverse violazioni di legge e vizi di motivazione.

Le Censure del Ricorrente: Quattro motivi di impugnazione

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro principali argomentazioni:

1. Violazione del diritto di difesa: L’ordinanza di convalida del G.I.P. era stata emessa prima che fossero trascorse le 48 ore dalla notifica del provvedimento del Questore, termine concesso per legge per approntare una difesa.
2. Carenza di motivazione sull’urgenza: Mancava una spiegazione adeguata delle ragioni di urgenza che giustificavano l’immediata applicazione della misura.
3. Carenza di motivazione sulla pericolosità: La motivazione sulla ritenuta pericolosità del soggetto era considerata apparente e insufficiente.
4. Applicazione alle amichevoli: Si contestava la legittimità dell’estensione dell’obbligo di presentazione anche alle partite amichevoli.

Curiosamente, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione aveva concluso per l’annullamento dell’ordinanza, ritenendo fondato e assorbente il primo motivo, relativo alla violazione dei termini di difesa.

L’Analisi della Corte sul DASPO: La questione del termine di 48 ore

Contrariamente alle conclusioni della Procura, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo una lettura sostanziale e non meramente formale del diritto di difesa. Il Collegio ha ribadito che la convalida del DASPO prima dello scadere del termine di 48 ore costituisce una nullità. Tuttavia, non si tratta di una nullità assoluta e insanabile, bensì di una “nullità a regime intermedio”.

Questo significa che chi la eccepisce non può limitarsi a denunciare la violazione formale della norma. È necessario, invece, dimostrare l’esistenza di un interesse concreto, attuale e verificabile a far valere tale vizio. In altre parole, il ricorrente deve allegare e provare quale specifico pregiudizio al suo diritto di difesa sia derivato dalla convalida anticipata. Nel caso di specie, il soggetto non aveva svolto alcuna attività difensiva in quel lasso di tempo né aveva indicato come il rispetto del termine avrebbe potuto cambiare l’esito del procedimento. La mera “allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale” non è stata ritenuta sufficiente.

La Motivazione del DASPO e la sua Applicabilità

La Corte ha poi esaminato gli altri motivi, rigettandoli tutti.

Le Ragioni di Urgenza e la Pericolosità del Soggetto

Per quanto riguarda la motivazione, i giudici hanno ritenuto adeguata quella fornita dal G.I.P. Quest’ultimo aveva valorizzato elementi specifici come la gravità dei fatti contestati (lancio di sassi e invettive contro le forze dell’ordine), l'”evidente assenza di controllo” manifestata dal soggetto e la presenza di un precedente DASPO a suo carico. Questi elementi, nel loro insieme, sono stati considerati sufficienti a soddisfare il requisito motivazionale sia sulla pericolosità sia sulla necessità della misura.

L’Estensione del Divieto alle Partite Amichevoli

Infine, è stato respinto anche l’ultimo motivo relativo all’applicazione del divieto alle partite amichevoli. La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento, secondo cui il DASPO può legittimamente estendersi anche a incontri non ufficiali, purché questi siano programmati, pubblicizzati e quindi conoscibili in anticipo. La logica è che anche tali eventi possono generare fenomeni di violenza e mettere a rischio l’ordine e la sicurezza pubblica.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un principio di effettività e concretezza del diritto di difesa. La violazione di una norma procedurale, come il termine dilatorio di 48 ore, non può essere invocata come un mero formalismo per ottenere l’annullamento di un atto. La nullità che ne deriva è posta a presidio del diritto di intervento e difesa; pertanto, per essere dichiarata, è necessario che vi sia stata una “effettiva lesione”, ovvero che l’inosservanza del termine abbia “concretamente impedito o comunque reso vano l’esercizio del diritto”. In assenza di una tale prova, la censura è infondata. Per gli altri motivi, la Corte ha ritenuto che la motivazione del giudice di merito fosse logica e completa e che l’applicazione del DASPO alle amichevoli fosse conforme alla giurisprudenza consolidata.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio processuale: le nullità non sono un fine, ma uno strumento per garantire la sostanza dei diritti. La violazione di un termine a difesa non è di per sé sufficiente a invalidare un provvedimento come il DASPO, se l’interessato non dimostra che tale violazione gli ha concretamente impedito di difendersi. La pronuncia conferma inoltre la piena legittimità dell’applicazione delle misure di prevenzione anche a contesti sportivi non agonistici, qualora sussista un rischio per la sicurezza pubblica.

La violazione del termine di 48 ore per la difesa rende sempre nullo il DASPO?
No. Secondo la Cassazione, si tratta di una nullità a regime intermedio. Per ottenerne la dichiarazione, l’interessato deve dimostrare di avere un interesse concreto e attuale, provando che la violazione del termine ha causato un effettivo pregiudizio al suo diritto di difesa.

L’obbligo di firma previsto dal DASPO si applica anche alle partite amichevoli?
Sì. La Corte ha confermato che il divieto di accesso e l’obbligo di presentazione alla polizia possono legittimamente riferirsi anche a incontri amichevoli, a condizione che siano stati programmati e pubblicizzati, e quindi conoscibili dall’interessato, poiché anche essi possono presentare rischi per l’ordine pubblico.

Cosa deve dimostrare chi lamenta la violazione di un termine processuale per ottenere la nullità dell’atto?
Non basta allegare la semplice violazione formale della norma. È necessario dimostrare che l’inosservanza del termine ha concretamente impedito o reso vano l’esercizio del proprio diritto, causando una lesione effettiva e non solo potenziale o astratta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati