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DASPO e obbligo di firma: quando è legittimo?

Un tifoso, destinatario di un provvedimento di DASPO della durata di cinque anni con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando vizi di motivazione e procedurali. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità della misura. Secondo i giudici, la comprovata pericolosità del soggetto, desunta anche da precedenti specifici, giustifica l’applicazione del DASPO e dell’obbligo di firma anche per le partite amichevoli. La Corte ha inoltre chiarito che la partecipazione a una rissa, attestata dalle forze dell’ordine, è una condotta sufficiente per l’adozione del provvedimento, anche senza una descrizione dettagliata del singolo comportamento violento.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO e Obbligo di Firma: La Pericolosità del Tifoso Giustifica Misure Severe

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1264 del 2024, è tornata a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti DASPO, chiarendo i presupposti per la loro applicazione e la loro estensione. Il caso analizzato riguarda un tifoso sanzionato per la sua partecipazione a una rissa, il quale ha contestato la validità della misura, ritenendola sproporzionata e immotivata. La decisione offre importanti spunti sulla valutazione della pericolosità sociale e sui poteri dell’autorità giudiziaria nel convalidare tali misure preventive.

I Fatti del Caso: Dalla Rissa al Ricorso in Cassazione

Un tifoso si vedeva notificare un provvedimento del Questore con cui gli veniva vietato, per cinque anni, l’accesso a tutti gli impianti sportivi interessati da competizioni calcistiche. Oltre a ciò, gli veniva imposto l’obbligo di presentarsi presso la Questura della sua città di residenza in occasione degli incontri disputati dalla sua squadra del cuore. La misura scaturiva dalla sua partecipazione a una violenta rissa tra tifoserie opposte, avvenuta nel parcheggio di uno stadio.

Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) del Tribunale competente convalidava il provvedimento. Contro questa decisione, il tifoso proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa su tre argomentazioni principali.

Le Doglianze del Ricorrente

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, un vizio procedurale: il G.i.p. non avrebbe esaminato una memoria difensiva inviata telematicamente entro i termini di legge. In secondo luogo, contestava la violazione di legge e il difetto di motivazione riguardo all’obbligo di presentazione in Questura anche per partite amichevoli, spesso non pubblicizzate e disputate in orari lavorativi. Infine, sosteneva che l’ordinanza fosse carente nel motivare la sua specifica condotta, limitandosi a dare atto della sua presenza sul luogo degli scontri senza attribuirgli un ruolo attivo e definito.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni: Perché il DASPO è Valido

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato in ogni suo punto, confermando la piena legittimità del DASPO e delle relative prescrizioni. Le motivazioni della Corte offrono un quadro chiaro dei criteri che giustificano l’adozione di queste severe misure di prevenzione.

La Valutazione della Memoria Difensiva

Riguardo al primo motivo, i giudici hanno stabilito che il G.i.p., nel convalidare il provvedimento, aveva implicitamente affrontato e respinto le argomentazioni difensive. Il richiamo agli atti di indagine, dove si attestava che il ricorrente era tra i partecipanti alla rissa tenuti sotto costante controllo visivo dalla Polizia, era di per sé una risposta sufficiente a smentire la tesi di una mancata partecipazione. Inoltre, il ricorso non dimostrava che la memoria non esaminata contenesse elementi nuovi e decisivi rispetto a quanto già discusso.

Legittimità del DASPO per le Partite Amichevoli

La Corte ha respinto anche la censura relativa all’estensione dell’obbligo di firma alle partite amichevoli. Il G.i.p. aveva correttamente sottolineato la “concreta ed attuale pericolosità” del ricorrente. Questa valutazione non si basava solo sull’episodio della rissa, ma anche su un precedente provvedimento analogo ricevuto in passato per aver acceso fumogeni e fronteggiato le forze dell’ordine. Tale precedente delineava una “personalità particolarmente pericolosa nel contesto delle manifestazioni sportive”, giustificando un controllo costante anche in occasione di eventi minori, purché adeguatamente pubblicizzati.

La Sufficienza degli Elementi sulla Condotta

Infine, la Cassazione ha ritenuto infondato anche il terzo motivo, relativo alla presunta genericità dell’attribuzione della condotta. Il provvedimento del G.i.p. richiamava quello del Questore, in cui si dava atto della presenza del ricorrente nel luogo degli scontri e della sua partecipazione attiva alla rissa. La successiva denuncia per il reato di cui all’art. 588 c.p. (rissa) costituiva un riscontro sufficiente per giustificare l’adozione della misura di sicurezza, che ha finalità preventive e non richiede lo stesso grado di certezza probatoria di una condanna penale.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità sociale del soggetto è l’elemento cardine. Un passato costellato di comportamenti violenti legati a eventi sportivi può giustificare misure restrittive significative, come un DASPO di lunga durata e l’obbligo di firma esteso anche a incontri non ufficiali. La decisione conferma che, ai fini dell’applicazione di queste misure, è sufficiente che la condotta sia adeguatamente riscontrata dagli atti delle forze dell’ordine e formalizzata in una denuncia, senza la necessità di un accertamento giudiziale definitivo sulla responsabilità penale.

Un giudice può validamente decidere senza esaminare esplicitamente una memoria difensiva?
Sì, secondo la Corte, se le argomentazioni contenute nella memoria sono state implicitamente affrontate e rigettate attraverso il richiamo ad altri atti del procedimento (come i verbali di polizia) e se non contengono elementi di novità decisivi rispetto a quanto già valutato.

L’obbligo di firma collegato al DASPO può essere imposto anche per le partite amichevoli?
Sì, la Corte ha stabilito che è legittimo quando la pericolosità del soggetto è ritenuta concreta e attuale, basandosi non solo sull’episodio specifico ma anche su precedenti comportamenti. La misura è giustificata per garantire un controllo costante su individui considerati a rischio.

Per applicare un DASPO è necessario provare in modo dettagliato la condotta di una persona durante una rissa?
No. Ai fini di una misura di prevenzione come il DASPO, è sufficiente che la partecipazione alla rissa sia attestata dagli organi di polizia e che vi sia una successiva denuncia per il reato corrispondente. Non è richiesto lo stesso livello di prova necessario per una condanna penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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