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DASPO durata: quando è illegittimo l’aumento?

Un tifoso ha ricevuto un DASPO della durata di 7 anni con obbligo di firma. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20757/2024, ha annullato parzialmente il provvedimento. Il punto cruciale riguarda la DASPO durata: l’aumento della sanzione è illegittimo se si basa su un precedente DASPO emesso *dopo* il compimento del nuovo illecito. La decisione si fonda sul principio di prevedibilità, secondo cui le conseguenze di un’azione devono essere prevedibili al momento in cui viene commessa.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO Durata: La Cassazione Fissa i Paletti sul Principio di Prevedibilità

Il Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive, meglio noto come DASPO, è uno strumento di prevenzione fondamentale per la gestione dell’ordine pubblico negli stadi. Tuttavia, la sua applicazione deve rispettare i principi cardine dello stato di diritto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20757 del 2024, interviene su un aspetto cruciale: la DASPO durata, chiarendo quando l’aggravamento della misura basato su precedenti provvedimenti è legittimo. La decisione ruota attorno al principio di “prevedibilità”, un concetto chiave che tutela il cittadino da applicazioni retroattive e imprevedibili della legge.

I Fatti: La Vicenda all’Origine del Ricorso

Il caso ha origine da un provvedimento emesso dal Questore nei confronti di un tifoso, a seguito di disordini avvenuti durante una partita di calcio. In particolare, al tifoso veniva contestato di aver preso a calci e spintoni un cancello dello stadio insieme ad altri sostenitori, con l’intento di forzarlo. Sulla base di questi fatti, il Questore emetteva un DASPO per la durata di sette anni, accompagnato dalla prescrizione di presentarsi presso gli uffici di polizia in occasione di tutte le partite, in casa e in trasferta, della sua squadra del cuore.

Il provvedimento veniva successivamente convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). Contro questa ordinanza di convalida, il difensore del tifoso proponeva ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

I Motivi del Ricorso e la Questione della DASPO Durata

Il ricorrente lamentava diverse violazioni, tra cui il superamento dei termini per la convalida e la carenza di motivazione su vari aspetti. Tuttavia, i motivi più significativi, e quelli che hanno trovato accoglimento da parte della Suprema Corte, riguardavano la contraddittorietà della motivazione sulla pericolosità del soggetto e sulla DASPO durata.

L’ordinanza del GIP, infatti, aveva giustificato la durata elevata della misura (sette anni) sul presupposto erroneo che il tifoso fosse già stato destinatario di un precedente DASPO al momento dei fatti. In realtà, è emerso che un altro provvedimento a suo carico era stato sì emesso, ma in un momento successivo rispetto all’episodio contestato. Questo errore di fatto è stato decisivo per l’analisi della Corte.

Il Principio di Prevedibilità nelle Misure di Prevenzione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’applicazione del principio di “prevedibilità”, un pilastro del diritto sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e recepito nell’ordinamento italiano. Secondo tale principio, ogni individuo deve essere in grado di conoscere in anticipo le conseguenze giuridiche delle proprie azioni. Una norma non può essere applicata in modo da sanzionare più gravemente una condotta sulla base di circostanze (come un precedente DASPO) che non esistevano al momento in cui la condotta è stata posta in essere.

La legge prevede che la durata del DASPO possa essere aumentata (da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni) nei confronti di chi è già destinatario di un analogo divieto. La Corte ha chiarito che questa condizione deve essere valutata con riferimento al momento della commissione del fatto, non al momento dell’emissione del nuovo provvedimento.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato infondati gli altri motivi di ricorso, ritenendo rispettati i termini procedurali e sufficientemente motivata la decisione del GIP riguardo alla ricostruzione dei fatti e alla legittimità dell’obbligo di firma anche per le partite in trasferta e amichevoli.

Ha invece accolto i motivi relativi alla durata della misura. I giudici hanno spiegato che, per poter applicare la norma più severa, è necessario che il soggetto, al momento della nuova condotta illecita, fosse già gravato da un DASPO. Poiché nel caso di specie l’altro DASPO era stato emesso solo successivamente, l’applicazione di una durata superiore ai cinque anni non era “prevedibile” per il ricorrente al momento dei fatti.

Basare l’aumento della durata su una circostanza futura (l’emissione di un altro DASPO) viola il principio di legalità e prevedibilità. Pertanto, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando gli atti al Tribunale per una nuova valutazione sulla durata della prescrizione.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un’importante affermazione di garanzia per i cittadini destinatari di misure di prevenzione. La Corte di Cassazione ribadisce che anche strumenti come il DASPO, pur finalizzati a garantire la sicurezza pubblica, devono sottostare ai principi fondamentali dello stato di diritto. La DASPO durata non può essere determinata da elementi fattuali successivi alla commissione dell’illecito. La prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni è un diritto insopprimibile, che impedisce all’autorità di applicare sanzioni più severe basate su circostanze non ancora esistenti. La decisione impone quindi ai giudici di merito un’attenta verifica temporale dei presupposti che giustificano un aggravamento delle misure di prevenzione.

È possibile aumentare la durata di un DASPO se un altro DASPO viene emesso dopo il fatto che ha originato il nuovo provvedimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per applicare la durata aumentata, il soggetto doveva essere già destinatario di un DASPO al momento della commissione del nuovo fatto. Un DASPO emesso successivamente non rileva a tal fine perché viola il principio di prevedibilità.

L’obbligo di firma in questura durante le partite in trasferta è sempre illegittimo?
No, non sempre. La Corte ha ritenuto legittimo l’obbligo di comparizione anche per le trasferte, specialmente in campionati dove le distanze tra le città sono brevi. In questi casi, la singola firma non sarebbe un presidio sufficiente a impedire al soggetto di raggiungere lo stadio.

Il principio di “prevedibilità” si applica anche alle misure di prevenzione come il DASPO?
Sì. La Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte Costituzionale, ha affermato che il principio di prevedibilità è un cardine dello stato di diritto e deve essere applicato anche alle misure di prevenzione, garantendo che il cittadino possa conoscere in anticipo le conseguenze delle proprie azioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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