Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2805 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2805 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Palermo 1’1.3.1988
avverso la ordinanza in data 20.5.2024 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 20.5.2024 il Tribunale di Palermo ha convalidato, accogliendo la richiesta del PM, il decreto emesso dal Questore della stessa città in data 18.5.2024, ritualmente notificato all’interessato in pari data alle ore 12.30, con cui è stato imposto a NOME COGNOME il divieto per la durata di sette anni di accedere a tutti gli impianti sportivi ubicati sul territorio nazionale ed estero in c si svolgono manifestazioni sportive calcistiche anche amichevoli ed il contemporaneo obbligo per la durata di un quinquennio di presentarsi presso gli uffici del Commissariato del luogo di residenza durante le partite in cui è impegnata la squadra della Palermo Calcio, secondo le tempistiche specificamente indicate.
, COGNOME Avverso tale decisione, il sottoposto ha presentato ricorso per Cassazione, tramite il difensore, articolando tre motivi con i quali lamenta:
il vizio di violazione di legge in relazione alla durata della misura essendo stato disposto il divieto di accesso alle manifestazioni sportive indicate nel provvedimento per sette anni e l’obbligo di presentazione presso l’ufficio di polizia per cinque anni, durata che il Tribunale si è limitato a definire congrua quantunque il sottoposto non fosse recidivo, bensì destinatario per la prima volta di un Daspo, senza spendere alcuna argomentazione, con contestuale invocazione anche del vizio motivazionale, sulle condizioni che giustifichino la massima estensione della durata della misura restrittiva della libertà personale, risultando i riferimenti all gravità della condotta meramente apodittici, null’altro venendo esplicitato se non il fatto che il sottoposto correva incappucciato tenendo una bottiglia di vetro nella mano destra, quindi senza averla né lanciata, né usata impropriamente come strumento atto ad offendere;
la violazione del diritto di difesa in quanto, pur essendo stato il provvedimento del Questore notificato al destinatario il 18.5.2024 alle ore 12.30, la richiesta di convalida da parte del PM era tuttavia intervenuta il 20 maggio alle ore 11.55 e nello stesso giorno alle ore 14.30 il Gip aveva pronunciato il provvedimento impugnato, di talchè il tempo residuo per il sottoposto per accedere agli atti, estrarre le copie del fascicolo e predisporre le proprie difese era stato d neppure tre ore, se non inferiore atteso l’orario di chiusura al pubblico delle Cancellerie, in spregio al principio affermato da questa Corte nelle sentenze n.5502/2008 e 6224/2008, secondo il quale il giudice deve decidere dopo 48 ore dalla notifica all’interessato del decreto del Questore e dopo 24 ore dal deposito della richiesta di convalida da parte del PM;
l’omessa verifica della pericolosità del destinatario della misura essendosi il GIP limitato ad un controllo soltanto formale dell’esistenza dei presupposti che consentono l’obbligo di presentazione, stante la condotta ivi descritta consistita nell’aver corso con una bottiglia di vetro in mano, di per sé non indicativa del fatto che costui avesse partecipato attivamente agli scontri
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo non può ritenersi fondato.
Mentre nessun sindacato può essere esercitato in questa sede sulla durata del divieto di accesso alle manifestazioni sportive calcistiche attesa la natura esclusivamente amministrativa di tale provvedimento (Sez. 3, Sentenza n. 10977 del 28/01/2016, PM in proc. COGNOME, Rv. 266488), non può per contro ritenersi che l’ordinanza impugnata sia passibile di alcuna censura in ordine alla durata fissata per l’obbligo di presentazione, soggetta invece al controllo del giudice
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ordinario trattandosi di misura restrittiva della libertà personale del destinatario della misura. Pur corrispondendo la durata ivi determinata in un quinquennio alla massima prevista dall’art. 6 quinto comma L. 401/1989, così come modificato dal d.l. 8/2007 conv. con con modificazioni nella L. 41/2007, nei confronti di soggetti non recidivi, la accentuata pericolosità sottolineata dal Gip palermitano con riferimento al ricorrente non può essere ritenuta espressione di un giudizio apodittico, dovendo essere riferita alla condotta in concreto tenuta da costui in occasione degli scontri nei pressi dello stadio INDIRIZZO poco prima l’inizio della partita, puntualmente descritta nella stessa convalida. Emerge invero dal provvedimento in esame che il COGNOME non si fosse limitato ad unirsi al gruppo dei facinorosi palermitani, mossisi compatti in direzione della piazza da cui era in procinto di arrivare il pubblico della tifoseria avversaria, ma che abbia attivamente preso parte alla guerriglia intrapresa, ancor prima di incontrare i sostenitori della squadra del Parma, nei confronti degli agenti di Polizia intervenuti per prevenire il preannunciato tumulto, come si desume dal fatto che tenesse in mano una bottiglia di vetro, al pari dei suoi compagni che le lanciavano insieme a petardi, fumogeni e pietre contro i rappresentanti delle forze dell’ordine provocando lesioni a tre di loro e danneggiandone i mezzi di servizio. Non rileva ai fini del giudizio di pericolosità, contemplante una prognosi ex ante, il fatto che egli non l’avesse ancora lanciata essendo comunque inequivoca la finalità violenta della sua condotta, avvalorata dal fatto che era incappucciato, così da ostacolare anche il proprio riconoscimento. Non è del resto necessario all’interno di una condotta collettiva che presenti i caratteri dell’intimidazione, della violenza o della minaccia, a cui il singolo abbia preso attivamente parte, l’individuazione di condotte ulteriori individualmente ascrivibili al destinatario della misura, non trovando spazio nell’interpretazione della norma, una volta verificato un ruolo attivo – inteso come adesione e/o apporto del singolo ad azioni violente, minacciose o intimidatorie ipotesi di mera connivenza del singolo partecipeall’interno di un gruppo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Deve perciò ritenersi che il giudice della convalida abbia effettuato la compiuta valutazione dei fatti indicati dall’autorità di P.S., reputando in conformità a principio di proporzionalità la congruità della durata massima della misura in quanto commisurata al grado di pericolosità ravvisato in concreto nella condotta dal sottoposto.
Le stesse considerazioni valgono, mutatis mutandis, al fine di escludere la fondatezza del terzo motivo, concernente il giudizio di pericolosità posto alla base della convalida. Il Gip non si è, infatti, arrestato alla sola verifica dell’esistenza dato formale, ma ha puntualmente verificato in concreto l’esistenza di tutti i presupposti di legge, ovverosia il funnus della pericolosità, la riconducibilità delle condotte descritte nel provvedimento del Questore alle ipotesi previste dall’art. 6 L. 401/1989 e la loro attribuibilità al ricorrente, nonché dato conto, sia pure con
motivazione implicita, del convincimento raggiunto in ordine alla pericolosità ravvisata nelle suddette condotte (Sez. 3, Sentenza n. 41899 del 13/09/2023, NOME, Rv. 285286).
Neanche il secondo motivo può ritenersi meritevole di accoglimento.
In tema di provvedimenti adottati dal Questore ai sensi dell’art. 6, legge 13 dicembre 1989, n. 401 (cd. D.A.S.P.O.), questa Suprema Corte ha più volte affermato che il termine entro cui il destinatario del provvedimento ha diritto di esaminare gli atti e di presentare memorie e deduzioni al giudice della convalida non può essere inferiore a 48 ore decorrenti dalla notifica all’interessato, analogicamente a quello entro cui il P.M. può richiedere al G.i.p. la relativa convalida (Sez. 3, n. 21344 del 15/04/2010, COGNOME, Rv. 247275; Sez. 3, n. 32824 dell’11/6/2013, COGNOME, Rv. 256379; Sez. 3, n. 21788 del 16/02/2011, COGNOME, Rv. 250372).
La diversa tesi sostenuta dalla difesa, fondata su una risalente interpretazione della normativa in esame, da tempo univocamente superata da questa stessa Corte, secondo cui il sottoposto dovrebbe comunque fruire di un termine di 24 ore decorrenti dalla richiesta di convalida da parte del PM, non può ritenersi condivisibile.
La peculiarità del contraddittorio cartolare che caratterizza il presente procedimento, costituito dal termine di 48 ore accordato alla difesa per il deposito di memorie a decorrere dalla notifica del decreto, nasce dal fatto che il provvedimento sul quale si innesta la richiesta di convalida da parte della pubblica accusa è costituita dal provvedimento del Questore, ovverosia da un provvedimento già pervenuto, attraverso la notifica, a conoscenza del destinatario, reso in tal modo edotto anche dell’esistenza della documentazione posta a fondamento della misura la quale, oltre ad essere stata trasmessa al GIP ed al Pubblico Ministero, resta comunque anche presso l’ufficio di provenienza. Invece l’ulteriore termine di ventiquattro ore, che, secondo il ricorrente, dovrebbe decorrere dal deposito nella cancelleria del g.i.p. della richiesta del pubblico ministero, non trova alcun riscontro nell’art. 6 L.401/1989 che prevede solo il termine di quarantotto ore per la richiesta di convalida da parte del p.m., termine che la giurisprudenza di questa Corte, con interpretazione costituzionalmente orientata, ha esteso a tutela del destinatario del provvedimento restrittivo al fine di consentirgli di esercitare il proprio diritto di difesa, né potrebbe comunque tradursi in un’ulteriore garanzia per quest’ultimo non essendo previsto alcun avviso di deposito della richiesta del pubblico ministero: trattasi perciò di un termine che in quanto decorrente da un momento non noto al destinatario del provvedimento del Questore non aggiunge alcunché alle facoltà già accordategli a seguito della notifica del medesimo decreto entro le successive 48 ore, costituite dall’accesso alla documentazione che lo riguarda e alla facoltà di presentare al Gip
entro tale termine una memoria a sua difesa (Sez. 3, n. 29760 del 11/04/2013 –
dep. 11/07/2013, COGNOME, Rv. 255962; Sez. 3, n. 32824 del 11/06/2013 – dep. 29/07/2013, COGNOME, Rv. 256379).
Il fatto che, nella specie, la richiesta di convalida abbia preceduto solo di poche ore la conforme ordinanza resa dal Gip è pertanto elemento del tutto neutro rispetto all’esercizio delle prerogative difensive da parte del sottoposto.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 12.11.2024