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Daspo: durata massima e diritto di difesa, la Cassazione

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un tifoso contro un Daspo di 7 anni con obbligo di firma per 5 anni. La Corte ha ritenuto legittima la durata massima della misura, anche per un soggetto incensurato, basandosi sulla sua concreta pericolosità dimostrata dalla partecipazione attiva a un gruppo violento, con il volto coperto e una bottiglia in mano. Respinta anche la violazione del diritto di difesa, chiarendo che il termine di 48 ore per difendersi decorre dalla notifica del provvedimento del Questore.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Daspo: la Cassazione chiarisce durata massima e diritto di difesa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2805 del 2025, è intervenuta su un caso di Daspo con obbligo di presentazione, fornendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della pericolosità del soggetto, sulla congruità della durata della misura e sulle garanzie del diritto di difesa. La decisione analizza in dettaglio i presupposti che giustificano l’applicazione della massima sanzione anche a soggetti incensurati, bilanciando le esigenze di ordine pubblico con i diritti individuali.

I fatti del caso

Un tifoso veniva raggiunto da un provvedimento del Questore che gli imponeva, per sette anni, il divieto di accedere a tutti gli impianti sportivi nazionali ed esteri e, per cinque anni, l’obbligo di presentarsi in commissariato durante le partite della sua squadra. Il provvedimento era scaturito dalla sua partecipazione a scontri avvenuti nei pressi dello stadio prima di una partita. Il Tribunale convalidava il decreto, ma l’interessato proponeva ricorso in Cassazione lamentando tre violazioni principali:

1. Eccessiva durata della misura: Sosteneva che la sanzione massima fosse sproporzionata, essendo lui incensurato e non avendo materialmente utilizzato la bottiglia di vetro che teneva in mano.
2. Violazione del diritto di difesa: Lamentava di aver avuto a disposizione un tempo insufficiente (poche ore) tra la richiesta di convalida del PM e la decisione del giudice per preparare un’adeguata difesa.
3. Omessa verifica della pericolosità: Riteneva che il giudice avesse convalidato il provvedimento sulla base di un controllo meramente formale, senza una reale valutazione della sua pericolosità.

La durata del Daspo e la valutazione della pericolosità

La Corte di Cassazione respinge il primo e il terzo motivo di ricorso, unendoli in una trattazione congiunta. Innanzitutto, chiarisce che la durata del divieto di accesso agli stadi (sette anni) è una misura amministrativa non sindacabile in sede di convalida penale. L’attenzione del giudice si concentra invece sull’obbligo di presentazione (cinque anni), che costituisce una restrizione della libertà personale.

Secondo la Corte, la durata massima di cinque anni, pur in assenza di recidiva, è stata correttamente ritenuta congrua dal giudice di merito. La pericolosità del soggetto non è stata valutata in modo astratto o con un giudizio apodittico, ma sulla base di elementi concreti: l’individuo non si era limitato a trovarsi sul luogo degli scontri, ma aveva preso parte attiva a un gruppo di facinorosi, muovendosi compattamente verso la tifoseria avversaria. Inoltre, il fatto che fosse incappucciato per non essere riconosciuto e che tenesse in mano una bottiglia di vetro, al pari di altri che lanciavano oggetti contro le forze dell’ordine, dimostrava una chiara finalità violenta. Per la Corte, ai fini di una prognosi di pericolosità, è irrilevante che la bottiglia non fosse stata ancora lanciata.

Il Daspo e il diritto di difesa: i termini per l’opposizione

Anche il secondo motivo, relativo alla presunta violazione del diritto di difesa, viene rigettato. La Cassazione ribadisce un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il termine a disposizione della difesa per esaminare gli atti e presentare memorie è di 48 ore e decorre dalla notifica del decreto del Questore all’interessato. Questo termine è considerato sufficiente a garantire un contraddittorio adeguato, seppur cartolare.

La tesi del ricorrente, che invocava un ulteriore termine di 24 ore dal deposito della richiesta di convalida del PM, viene definita come una interpretazione “risalente” e “univocamente superata”. La legge non prevede questo ulteriore lasso di tempo. Il termine di 48 ore dalla notifica è l’unica garanzia prevista, poiché da quel momento il soggetto è pienamente a conoscenza del provvedimento e della documentazione a suo carico, potendo immediatamente attivarsi per esercitare il proprio diritto di difesa.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione motiva il rigetto del ricorso basandosi su una solida interpretazione della normativa sul Daspo e sulla giurisprudenza consolidata. Per quanto riguarda la durata della misura, la decisione del giudice della convalida è stata ritenuta corretta perché fondata su una valutazione concreta della pericolosità del soggetto, desunta dal suo comportamento attivo e intenzionale all’interno di un contesto violento. La Corte sottolinea che l’analisi della pericolosità deve essere effettuata ex ante, valutando il rischio futuro sulla base della condotta tenuta, e non ex post, limitandosi a considerare se l’atto violento si sia materialmente consumato. Per quanto riguarda il diritto di difesa, la Corte afferma la centralità del termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento del Questore come unico e sufficiente baluardo a tutela del destinatario, respingendo interpretazioni estensive non supportate dalla legge, che creerebbero incertezza procedurale senza aggiungere reali garanzie difensive.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma due principi fondamentali in materia di Daspo. Primo, la valutazione della pericolosità del soggetto può giustificare l’applicazione della massima durata dell’obbligo di presentazione anche per un incensurato, a condizione che sia basata su elementi fattuali concreti che dimostrino un ruolo attivo e una chiara intenzione violenta. Secondo, il diritto di difesa è garantito dal termine di 48 ore che decorre dalla notifica del provvedimento, e non da altri momenti procedurali successivi come la richiesta di convalida del PM. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

È possibile applicare la durata massima dell’obbligo di presentazione (Daspo con obbligo di firma) a chi non è recidivo?
Sì, secondo la sentenza è possibile. La Corte ha ritenuto che una pericolosità accentuata, desunta da elementi concreti come la partecipazione attiva a un gruppo violento, l’essere travisato e il possesso di oggetti atti a offendere, possa giustificare la durata massima della misura anche per un soggetto incensurato, in conformità al principio di proporzionalità.

Da quando decorre il termine di 48 ore per difendersi da un Daspo?
Il termine di 48 ore a disposizione dell’interessato per presentare memorie difensive decorre dal momento della notifica del decreto emesso dal Questore. La Corte ha chiarito che questo è l’unico termine previsto a garanzia della difesa e che non esistono ulteriori termini che decorrono dalla successiva richiesta di convalida da parte del Pubblico Ministero.

Per giustificare un Daspo, è necessario che il soggetto abbia materialmente lanciato oggetti o commesso violenza?
No, non è necessario. La Corte ha specificato che, ai fini del giudizio di pericolosità (che è una prognosi ex ante), è sufficiente l’individuazione di un ruolo attivo del soggetto in un contesto violento. Il fatto di essere incappucciato e di tenere in mano una bottiglia, pronto a usarla, è stato ritenuto un indicatore inequivocabile della finalità violenta della condotta, anche se la bottiglia non era stata ancora lanciata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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