Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22306 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22306 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
Oggi,
SENTENZA
3 6 u. 2025
I
‘D17, sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Grottaglie il 28/06/1993, IL FUNZIO Lit avverso l’ordinanza in data 12/08/2024 del G.i.p. del Tribunale di Vicenza, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; i l
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricors lette per l’indagato le memorie dell’avv. NOME COGNOME che ha conclu chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 12 agosto 2024 il G.i.p. del Tribunale di Vicenza ha convalidato – nell’ambito del daspo emesso in data 3 agosto 2024 dal Questor di Vicenza nei confronti di NOME COGNOME a causa degli episodi violenti verificat il 18 maggio 2024 in occasione dell’incontro calcistico L.R. Vicenza – Taranto l’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza.
Il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazion relazione all’identificazione (primo motivo) e in relazione alle prescri
particolarmente invasive (secondo motivo). Nella memoria replica alla requisitoria del Procuratore generale e insiste nell’accoglimento del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo è fattuale e rivalutativo. Il G.i.p. ha accertato che il giorno della partita LR. Vicenza-Taranto, valevole per il campionato di serie B, il gruppo di cinquanta ultras del Taranto, denominato Gradinata, a bordo del pullman partito da Taranto, anziché uscire al casello di Vicenza Est per recarsi nell’area di parcheggio da cui sarebbe stato prelevato e portato allo stadio come tutti gli altri tifosi, si era fermato alla stazione ferroviaria di Padova e aveva raggiunto Vicenza via treno, quindi si era spostato verso lo stadio a piedi e lungo il percorso aveva incontrato i tifosi vicentini con cui c’era stata la rissa. La polizia era prontamente intervenuta, aveva fermato e identificato gli esponenti delle opposte tifoserie, sia dei feriti sia degli altri partecipanti che pure avevano determinato gravi turbative dell’ordine pubblico. Tra costoro vi era l’odierno ricorrente, il quale, pur non presentando lividi e ferite visibili, era vestito di nero e con il volto parzialment travisato da cappellino e occhiali da sole come gli altri ultras tarantini appartenenti alla sua fazione. Lo COGNOME ha reiterato nel ricorso per cassazione gli argomenti difensivi della memoria già depositata al G.i.p. – si trovava a Vicenza per finalità diverse dalla patita, non era a conoscenza delle prescrizioni del Questore per raggiungere lo stadio, non era travisato, non aveva partecipato agli scontri – senza confrontarsi con l’analitica disamina e la puntuale motivazione dell’ordinanza impugnata. Il Giudice ha ben spiegato per quali ragioni non erano accoglibili le istanze difensive: non erano state spiegate le ragioni del viaggio alternative alla partita, gli altri pullman di tifosi avevano seguito scrupolosamente le prescrizioni del questore che quindi erano ben conosciute, non era giustificata la presenza del suo gruppo alla stazione di Padova e poi il percorso seguito a Vicenza, il mancato coinvolgimento diretto nella colluttazione non lo esimeva da responsabilità essendo presente sul luogo degli scontri con tutti gli altri tifosi e avendo causato gravi turbative dell’ordine pubblico. La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, in occasioni di manifestazioni collettive, la prova della partecipazione, anche nella forma del mero rafforzamento dell’altrui proposito criminoso, presuppone l’accertamento della presenza del singolo imputato nel contesto spazio-temporale durante il quale i reati sono stati realizzati (Sez. 6, n. 54424 del 27/04/2018, Rv. 274680-04), ciò che è stato verificato dal G.i.p. che ha dato conto della condotta del singolo nell’ambito del gruppo di ultras. Sebbene quindi non abbia partecipato alla rissa, ha comunque turbato l’ordine pubblico perché ha tenuto, come componente del gruppo ultras, tutta una serie di comportamenti Corte di Cassazione – copia non ufficiale
offensivi e violativi delle prescrizioni amministrative, miranti a creare i disordini che poi si sono verificati. L’ordinanza resiste dunque alla censura sollevata.
Risultano invero soddisfatti tutti i requisiti di legge nella motivazione che ha puntualmente esposto: a) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il
Questore ad adottare il provvedimento; b) la pericolosità concreta ed attuale del soggetto; c) l’attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e la loro
riconducibilità alle ipotesi previste dall’art. 6, legge 13 dicembre 1989, n. 401; d)
la congruità della durata della misura (Sez. 3, n. 17753 del 06/03/2018, Fici,
Rv. 272778 – 01).
Del pari inconsistente è il secondo motivo di ricorso relativo all’omessa giustificazione della doppia presentazione all’autorità di pubblica sicurezza, venti
minuti dopo l’inizio del primo tempo e venti minuti dopo la fine della partita, durante gli incontri disputati dal Taranto in casa. Infatti, il RAGIONE_SOCIALE. ha valutato
piena congruità della misura in relazione alla gravità dell’episodio di cui il ricorrente, già destinatario di un precedente daspo, si è reso protagonista. La
giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’obbligo di ripetuta presentazione a un comando o ufficio di polizia in coincidenza con una stessa manifestazione sportiva (cosiddetta “doppia presentazione”) può essere legittimamente imposto addirittura con riguardo alle competizioni che si svolgano “in trasferta” (Sez. 3, n. 23958 del 04/03/2014, COGNOME, Rv. 259658 – 01), sussistendo solo il limite dell’impossibilità dell’esecuzione in relazione alle condizioni concrete (Sez. 3, n. 13543 del 07/12/2022, dep. 2023, COGNOME Rv. 284459 – 01).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende Così deciso, 1’11 febbraio 2025