Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20076 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 23/02/1956 avverso l’ordinanza del 09/11/2024 del GIP TRIBUNALE di Firenze Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il Gip del Tribunale di Firenze ha convalidato il provvedimento emesso dal Questore di Firenze il 30/10/2024, con il quale si prescriveva l’obbligo di presentazione presso la Questura prima e dopo ogni incontro agonistico, anche amichevole, per anni cinque, in quanto, prima dell’incontro di calcio, a bordo di due pullman adibiti al trasporto di tifosi, venivano rivenute, poggiate sui sedili, 21 aste, diverse armi da punta e da taglio, materiale pirotecnico ed altri oggetti atti ad offendere.
2.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge, deducendo la non attribuibilità della condotta contestata, posto che il giudice ha attribuito la disponibilità dei mezzi atti ad offendere a tutti i passeggeri del pullman in modo
indistinto e non individuale; conseguentemente, è carente una valutazione individualizzata della pericolosità. Non sussiste pertanto il fumus della condotta contestata, avendo il giudice a quo inferito la riconducibilità degli strumenti atti a difendere anche in capo al ricorrente, sulla base della presunzione che tali oggetti appartengano a tutti gli occupanti del veicolo, fondata su una affermazione apodittica e non suffragata da alcun elemento concreto in merito alla “pertinenza” degli strumenti al ricorrente, ritenendo sufficiente la mera presenza a bordo del pullman che trasportava tifosi, quale passeggero, avvalendosi, dunque, di criteri di ascrizione della responsabilità di tipo collettivo e non personale
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alla valutazione della pericolosità e all’applicazione della recidiva amministrativa, con conseguente valutazione di congruità della durata dell’obbligo di presentazione in anni cinque, in quanto adeguata alla personalità del ricorrente. Erroneamente il giudice a quo ha affermato che il COGNOME è stato destinatario di un precedente Daspo emesso dal Questore di Milano in data 24/04/2014, sebbene il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano abbia avanzato richiesta di archiviazione per i suddetti fatti, accolta dal GIP del Tribunale di Milano con decreto.
Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. In ordine alla prima doglianza, si osserva che la partecipazione a “condotte di gruppo”, è prevista dall’art. 6, comma 1 lett b) della L.401/1989 che prevede che il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive nei confronti di coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico. Inoltre, il comma 5 dell’art. 6 della L.401/1989 prevede, in caso di c.d. “DASPO di gruppo”, una durata non inferiore a tre anni.
Si è affermato, quanto alla partecipazione a condotte di gruppo, che, essendo pacifica la necessità di un confronto con il principio costituzionale di personalità della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 Cost., la misura non può essere fondata su criteri di ascrizione della responsabilità di tipo ‘collettivo’, non potendosi prescinder dall’individuazione del fatto integrante la partecipazione attiva del singolo soggetto
destinatario della misura alla condotta violenta, minacciosa o intimidatoria, anche alla luce del tenore sintattico della norma che individua le condotte violente “di gruppo” come forme di partecipazione individuale all’azione di gruppo, inteso come adesione e/o apporto del singolo ad azioni violente, minacciose o intimidatorie – di ciascun appartenente al gruppo. Non è dunque la mera presenza nel gruppo a rilevare ai fini dell’applicazione del DASPO, bensì la partecipazione individuale all’azione del gruppo, che fonda l’aggravamento della misura sotto il profilo temporale, per la ritenuta maggior pericolosità insita nella compartecipazione (Sez. 3, n. 22266 del 03/02/2016, Rv. 267146).
Si è inoltre specificato che, in ordine al possesso di bastoni, mazze, oggetti contundenti o comunque atti a offendere, che è sufficiente la mera disponibilità di tali strumenti, non occorrendo la materiale detenzione (Sez.3, n.46981 del 24/05/2018, Rv. 273957, fattispecie di ravvisata disponibilità nei confronti di otto persone che stavano recandosi allo stadio a bordo di un furgone in cui venivano rinvenuti bastoni, mazze e oggetti contundenti, posizionati sotto i sedili, in modo che ciascuno avesse consapevolezza della loro presenza).
3.2. Nel caso in esame, il giudice a quo ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati, in quanto ha convalidato la misura nei confronti delle persone presenti a bordo del pullman ove sono state rinvenute le armi improprie e gli altri oggetti contundenti, indicando gli elementi concreti da cui ha inferito il collegamento tra i singoli passeggeri del pullman e le armi ivi rinvenute, e così ritenendo che i passeggeri, tutti tifosi dell medesima squadra ed in viaggio su due autobus appositamente noleggiati, fossero consapevoli della detenzione di mezzi atti a offendere, di cui avevano la disponibilità, in previsione, in previsione di uno scontro violento con la tifoseria opposta lungo il percorso di andata e ritorno da Milano a Firenze.
Il giudice a quo ha infatti rilevato che il ricorrente, appartenente al gruppo ultras Curva Sud, viaggiava all’interno di uno dei due autobus – non di linea ma appositamente adibiti al trasporto di tifosi milanisti a Firenze- ove era stato rinvenuto un numero complessivo di oggetti atti a offendere (tra cui annovera espressamente ben quindici coltelli), adeguato e proporzionato al numero dei tifosi trasportati nei due autobus, detenuti in modo visibile a tutti i passeggeri per tutta la durata del viaggio, in quanto sparsi tra i sedili e in parte custoditi in un borsone aperto collocato in posizione strategica in corrispondenza del posto occupato da chi volge un ruolo di comando del gruppo.
Pertanto, il giudice a quo ha ritenuto che tali armi e oggetti pericolosi fossero nella consapevole disponibilità anche del ricorrente, in preparazione di uno scontro violento con la tifoseria opposta e ha evidenziato la pericolosità della condotta, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione da parte dei passeggeri dei due pullman, partecipanti al gruppo di tifosi in trasferta.
Il giudice a quo, con riferimento alla valutazione della adeguatezza della durata della misura, ha evidenziato che il prevenuto è già destinatario di un precedente Daspo emesso dal Questore di Milano il 24/04/2014, essendosi egli reso responsabile di minaccia aggravata e ha formulato una valutazione di pericolosità in ragione della gravità dei fatti e della personalità del ricorrente.
1.2. In ordine alla seconda doglianza, si evidenzia innanzitutto che valutazione formulata da giudice non appare censurabile in quanto effettuata sulla base della documentazione posta alla sua attenzione, non avendo il ricorrente neppure asserito con il ricorso per cassazione di aver formulato deduzioni difensive e di aver sottoposto al vaglio del giudice la richiesta di archiviazione formulata dal PM e il decreto di archiviazione emesso per i medesimi fatti per i quali è stato emesso il precedente Daspo del 24/04/2014.
Ad ogni modo, si ribadisce (Sez. 6, n. 9006 del 21/01/2020, Dossi, n.m.) che «il proscioglimento dai fatti-reato che hanno determinato l’applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive (DASPO) non determina l’automatica decadenza del provvedimento, in quanto lo stesso non è basato sull’accertamento giudiziale dei fatti presupposti e può essere revocato o modificato, ai sensi dell’art. 6, comma quinto, legge 13 dicembre 1989, n. 401, col venir meno o col mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l’emissione». Da ciò consegue che il provvedimento in sè continua a mantenere la propria esistenza e validità, salva la necessità di valutare in concreto se dall’assoluzione derivi l’insussistenza del requisito della pericolosità sociale, presupposto necessario per l’applicazione delle misure di prevenzione.
Nel caso in disamina, emerge dalla richiesta di archiviazione allegata che si contestava al ricorrente, nel corso della manifestazione sportiva, di aver urlato ed inveito all’indirizzo dei calciatori della squadra opposta proferendo frasi ingiuriose e minacciose che tuttavia i destinatari non percepivano. Pertanto, l’autorità giudiziaria non ha ritenuto che si sia integrato l’elemento oggettivo del reato di minaccia di cui all’art. 612 comma 2 cod. pen. (all’epoca dei fatti ancora costituente reato), non essendosi in concreto sortito alcun effetto intimidatorio, né della condotta di istigazione di cui all’art. 414 co pen. Ne segue che – dalla lettura del provvedimento giudiziario – il provvedimento giurisdizionale di archiviazione non attinge alla valutazione in concreto di insussistenza del requisito della pericolosità sociale, presupposto necessario per l’applicazione delle misure di prevenzione, trattandosi di condotta che, se pur non costituente reato, comunque manifesta elementi di pericolosità per l’ordine pubblico.
Il ricorso NOME deve, dunque, essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle
ammende, equitativamente fissata in euro tremila, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2025.