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DASPO con obbligo di firma: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un tifoso contro un provvedimento di DASPO con obbligo di firma. La sentenza chiarisce che, per la convalida della misura, è sufficiente una valutazione indiziaria della pericolosità del soggetto e che la motivazione del giudice può legittimamente richiamare quella del Questore. Il ricorso in Cassazione non può riesaminare i fatti, come l’identificazione tramite fotogrammi.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO con obbligo di firma: la Cassazione traccia i confini del controllo giudiziario

Il DASPO con obbligo di firma è una delle misure più incisive per contrastare la violenza negli stadi. Ma quali sono i presupposti per la sua applicazione e quali i limiti del controllo del giudice sul provvedimento emesso dal Questore? Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, ribadendo la natura preventiva della misura e l’impossibilità di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.

I Fatti del Caso: Dagli Scontri tra Tifoserie al Ricorso

Il caso trae origine da un provvedimento del Questore che imponeva a un giovane tifoso il divieto di accesso a manifestazioni sportive, con la prescrizione aggiuntiva di presentarsi in commissariato durante le partite della sua squadra. La misura era stata adottata a seguito della sua presunta partecipazione a gravi scontri tra due tifoserie rivali.
Il G.i.p. (Giudice per le Indagini Preliminari) convalidava l’ordinanza, riducendone la durata. Il tifoso, tuttavia, proponeva ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi. In particolare, sosteneva che la sua identificazione fosse incerta, basata su fotogrammi poco chiari, e che il giudice non avesse autonomamente motivato la sua pericolosità sociale e la necessità dell’obbligo di firma, limitandosi a un generico rinvio al provvedimento del Questore.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dal ricorrente non riguardavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma tentavano di ottenere un riesame dei fatti e della valutazione delle prove, attività preclusa in sede di Cassazione.

Le motivazioni: i limiti del controllo sul DASPO con obbligo di firma

La sentenza si sofferma su tre punti fondamentali che definiscono la natura e i limiti della convalida giurisdizionale del DASPO con obbligo di firma.

La Valutazione del Giudice: Basta l’Indizio, non la Certezza della Prova

Un primo aspetto cruciale riguarda il livello di prova richiesto. La Corte ribadisce un principio consolidato: ai fini della convalida del DASPO, non è necessaria la certezza della prova tipica del processo penale. È invece sufficiente una ‘valutazione indiziaria’ circa l’attribuibilità della condotta violenta al destinatario del provvedimento. Il giudice della convalida non deve accertare la colpevolezza, ma verificare la sussistenza di elementi sufficienti a giustificare la misura preventiva sulla base di una prognosi di pericolosità. Nel caso specifico, il G.i.p. aveva correttamente ritenuto che il ricorrente fosse stato riconosciuto come uno dei partecipanti attivi ai disordini.

La Legittimità della Motivazione ‘per relationem’

Il secondo motivo di ricorso contestava la motivazione del giudice, ritenuta apparente perché si limitava a richiamare quella del Questore. La Cassazione respinge anche questa doglianza, affermando la piena legittimità della ‘motivazione per relationem’. Questo significa che il giudice può motivare la propria decisione facendo riferimento diretto alle argomentazioni contenute nel provvedimento amministrativo da convalidare. Tale tecnica è valida a condizione che il provvedimento richiamato sia noto all’interessato e che, insieme alla decisione del giudice, consenta di ricostruire in modo chiaro il percorso logico-giuridico seguito.

La Proporzionalità della Misura

Infine, la Corte ha giudicato infondate anche le censure sulla proporzionalità dell’obbligo di firma, ritenuto necessario e adeguato a prevenire la violenza negli stadi. La partecipazione a un’attività di tifo violento dimostra, secondo i giudici, un’incompatibilità con la presenza a manifestazioni sportive collettive e giustifica una misura restrittiva della libertà personale. Anche la durata della misura, già ridotta dal G.i.p., è stata considerata proporzionata.

Le conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il controllo del giudice sul DASPO è un controllo di legalità e non di merito. Il giudice deve verificare che il provvedimento del Questore sia fondato su elementi concreti (anche solo indiziari) e che la motivazione sia logica e coerente. Non può, invece, sostituire la propria valutazione a quella dell’autorità di pubblica sicurezza né riesaminare le prove (come i filmati o le fotografie). Per i cittadini, ciò significa che contestare un DASPO in Cassazione basandosi sulla presunta erronea interpretazione delle prove è una strategia destinata all’insuccesso. Le censure devono concentrarsi su eventuali vizi procedurali o sulla manifesta irragionevolezza della motivazione, unici aspetti sindacabili in sede di legittimità.

È necessaria la prova certa della colpevolezza per convalidare un DASPO con obbligo di firma?
No, secondo la sentenza non è necessaria la certezza della prova. È sufficiente che il giudice compia una valutazione indiziaria sull’attribuibilità della condotta violenta al destinatario del provvedimento, poiché la misura ha finalità preventive e non punitive.

Il giudice che convalida un DASPO può limitarsi a richiamare le motivazioni del Questore?
Sì, la Corte ritiene legittima la motivazione ‘per relationem’, a condizione che il provvedimento del Questore, unito alla decisione del giudice, permetta di ricostruire in modo completo e adeguato il percorso logico-giuridico seguito dall’autorità amministrativa.

È possibile contestare in Cassazione l’identificazione di una persona basata su fotogrammi?
No, la valutazione delle prove, come l’analisi di fotogrammi per l’identificazione di una persona, attiene al merito del caso. Il ricorso in Cassazione è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (vizi di legittimità) e non può comportare un nuovo esame dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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