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DASPO con obbligo di firma: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un tifoso contro un DASPO con obbligo di firma della durata di tre anni. Il ricorrente lamentava una durata eccessiva, la poca chiarezza sull’applicazione alle partite amichevoli e la violazione del diritto di difesa per i tempi ristretti della convalida. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la misura proporzionata alla gravità della condotta violenta del soggetto, la clausola sulle amichevoli sufficientemente chiara e i termini procedurali rispettosi delle garanzie difensive.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO con obbligo di firma: quando è legittimo? La Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37520/2025, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: il DASPO con obbligo di firma. Questo provvedimento, pensato per allontanare i soggetti pericolosi dagli stadi, limita significativamente la libertà personale e per questo deve superare un attento vaglio di legittimità. La Corte ha analizzato il caso di un giovane tifoso, destinatario di un DASPO triennale, che contestava la durata della misura, la sua estensione alle partite amichevoli e le modalità con cui si era svolto il giudizio di convalida. La decisione offre importanti spunti sulla proporzionalità della sanzione e sui limiti del diritto di difesa in questi procedimenti.

I Fatti del Caso: Dal Comportamento Violento al Ricorso

Un giovane tifoso, durante una manifestazione sportiva, veniva identificato dalle forze dell’ordine come uno degli elementi più violenti ed esagitati di un gruppo. In particolare, gli veniva contestato di aver utilizzato un’asta per colpire lo schieramento dei Finanzieri in tenuta antisommossa. A seguito di questi eventi, il Questore emetteva nei suoi confronti un provvedimento di DASPO della durata di tre anni, che includeva il divieto di accesso a tutti gli impianti sportivi in Italia e nell’UE durante le partite e nelle zone limitrofe, unitamente all’obbligo di presentazione presso un ufficio di Polizia durante gli incontri della sua squadra del cuore.

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) convalidava il provvedimento. Ritenendo la misura sproporzionata e lesiva dei suoi diritti, il tifoso proponeva ricorso per Cassazione.

Le Doglianze del Ricorrente: Durata, Chiarezza e Diritto di Difesa

Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Eccesso di potere e difetto di motivazione: La difesa sosteneva che una durata di tre anni fosse sproporzionata per un soggetto incensurato, e che né il Questore né il GIP avessero adeguatamente motivato le ragioni per discostarsi dal minimo edittale di un anno.
2. Indeterminatezza della misura: Si contestava l’obbligo di firma anche per le partite amichevoli, la cui programmazione è spesso incerta e di difficile reperibilità, rendendo di fatto impossibile per l’interessato conoscere con certezza i propri obblighi.
3. Violazione del diritto di difesa: Il ricorrente lamentava un’eccessiva compressione dei tempi del procedimento di convalida, sostenendo che il fascicolo processuale era stato reso disponibile solo poche ore prima della decisione del GIP, non consentendo un’adeguata preparazione difensiva.

La Decisione della Cassazione sul DASPO con obbligo di firma

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. Analizziamo i punti salienti della decisione.

La Congruità della Durata e la Motivazione

La Corte ha ritenuto che la durata di tre anni fosse congrua e ben motivata. La decisione si fonda sulla non contestata gravità della condotta del tifoso, descritto come “tra i più violenti ed esagitati del gruppo” e autore di un’aggressione fisica alle forze dell’ordine. Secondo i giudici, tali circostanze dimostrano una pericolosità sociale concreta e attuale, che giustifica pienamente una misura severa, anche per un soggetto incensurato. La motivazione, seppur sintetica, era ancorata a fatti specifici che rendevano la misura necessaria per tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica.

La Questione delle Partite Amichevoli

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha sottolineato come lo stesso provvedimento del Questore contenesse una clausola di salvaguardia fondamentale: l’obbligo di firma per le amichevoli valeva solo per quelle “delle quali il prevenuto possa avere notizia attraverso i normali canali di comunicazione”. Questa precisazione, secondo i giudici, rende il precetto sufficientemente determinato e conoscibile, escludendo qualsiasi violazione del diritto di difesa.

Il Diritto di Difesa nei Termini Ristretti della Convalida

Infine, la Corte ha respinto la censura sulla presunta violazione del diritto di difesa. I giudici hanno chiarito che il procedimento di convalida del DASPO è per sua natura “cartolare” e caratterizzato da termini stringenti. Sebbene sia necessario garantire un tempo adeguato alla difesa (identificato dalla giurisprudenza in almeno 48 ore dalla notifica), spetta all’interessato e al suo legale attivarsi con diligenza per acquisire conoscenza degli atti, disponibili presso le autorità che li detengono, anche prima del deposito formale presso la cancelleria del giudice. La mancata diligenza, conclude la Corte, non può tradursi in una violazione procedurale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un principio di bilanciamento tra la tutela della sicurezza pubblica e la garanzia dei diritti individuali. La gravità del comportamento del singolo individuo, che ha messo a rischio l’incolumità delle persone e l’ordine pubblico, è stata considerata un fattore preponderante. La Corte ha ribadito che il DASPO con obbligo di firma è una misura preventiva la cui severità deve essere commisurata alla pericolosità sociale del destinatario, valutata su elementi concreti. La motivazione del provvedimento, anche se fatta per relationem a quella del Questore, è stata ritenuta sufficiente perché ancorata a una descrizione dettagliata dei fatti. Sul piano processuale, la Corte ha riaffermato che la celerità del procedimento di convalida è funzionale all’efficacia della misura, e che ciò impone un onere di particolare diligenza alla difesa, che non può attendere passivamente la discovery processuale ma deve attivarsi per consultare gli atti.

Le Conclusioni

La sentenza consolida alcuni importanti principi in materia di misure di prevenzione sportive. In primo luogo, conferma che la durata del DASPO non dipende solo dalla presenza di precedenti penali, ma dalla gravità intrinseca della condotta tenuta. Azioni di particolare violenza possono giustificare misure severe anche per soggetti incensurati. In secondo luogo, chiarisce che la determinatezza di un provvedimento restrittivo è garantita quando le sue prescrizioni sono conoscibili usando l’ordinaria diligenza. Infine, delinea i contorni del diritto di difesa nei procedimenti di convalida, sottolineando il ruolo attivo che l’interessato e il suo difensore devono assumere per esercitarlo efficacemente nei tempi ristretti previsti dalla legge.

Una durata di 3 anni per un DASPO con obbligo di firma è legittima per un soggetto incensurato?
Sì, secondo la Corte è legittima se la condotta del soggetto è di particolare gravità e violenza, tale da dimostrare una pericolosità sociale concreta che giustifica una misura superiore al minimo di legge. La motivazione del provvedimento deve essere fondata su questi fatti specifici.

L’obbligo di firma può estendersi anche alle partite amichevoli, la cui programmazione non è sempre certa?
Sì, a condizione che il provvedimento specifichi che l’obbligo riguarda le partite “delle quali il prevenuto possa avere notizia attraverso i normali canali di comunicazione”. Questa clausola, secondo la Corte, rende la prescrizione sufficientemente determinata e non viola il diritto di difesa.

Il diritto di difesa è violato se tra la richiesta di convalida del DASPO e la decisione del giudice passano poche ore?
No. La Corte ha stabilito che, purché vengano rispettati i termini massimi previsti dalla legge per la richiesta e la decisione, non vi è violazione. Spetta all’interessato e alla sua difesa attivarsi con diligenza per visionare gli atti, che sono disponibili presso le autorità che li detengono, anche prima del loro deposito formale in cancelleria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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