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DASPO con obbligo di firma: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un DASPO con obbligo di firma. La Corte chiarisce che la partecipazione a tafferugli tra tifoserie è sufficiente per la misura, e che per contestare l’identificazione in sede di legittimità è necessario un travisamento della prova, non una semplice rilettura degli atti.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO con obbligo di firma: quando è legittimo? L’analisi della Cassazione

Il DASPO con obbligo di firma è una delle misure di prevenzione più incisive per contrastare la violenza negli stadi. Ma quali sono i limiti del controllo del giudice sulla sua applicazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 6573/2024) offre chiarimenti fondamentali sui presupposti di legittimità del provvedimento e sui motivi per cui un ricorso può essere respinto.

I Fatti del Caso

Un tifoso veniva raggiunto da un provvedimento del Questore che gli imponeva il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgevano manifestazioni sportive (DASPO) per due anni. Al divieto si aggiungeva la prescrizione dell’obbligo di presentarsi presso gli uffici di polizia in occasione di determinate partite. La misura era scaturita dalla sua presunta partecipazione a gravi tafferugli tra due tifoserie.

Il G.i.p. del Tribunale competente convalidava il provvedimento, pur riducendone la durata. Il tifoso, ritenendo ingiusta la misura, proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza:

1. Erronea identificazione: Sosteneva di non essere la persona ritratta nei fotogrammi utilizzati per l’identificazione.
2. Mancanza dei presupposti: Contestava l’assenza di una valutazione sulla sua effettiva pericolosità sociale e l’errata attribuzione di condotte aggressive.
3. Difetto di motivazione sull’obbligo di firma: Lamentava che il provvedimento non spiegasse l’urgenza e la necessità di imporre, oltre al divieto di accesso, anche l’obbligo di presentazione alla polizia.

L’Analisi della Corte sul DASPO con obbligo di firma

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. L’analisi della Suprema Corte si concentra sulla natura del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare i fatti, ma deve limitarsi a un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Sul primo punto, relativo all’identificazione, i giudici hanno chiarito che per contestare in sede di Cassazione un errore di valutazione del giudice di merito non basta una generica affermazione. È necessario dedurre uno specifico vizio di travisamento della prova, dimostrando che il giudice ha basato la sua decisione su un’informazione inesistente o palesemente distorta, allegando gli atti processuali che lo comprovino. Il ricorrente, in questo caso, non lo aveva fatto.

In merito alla pericolosità del soggetto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la partecipazione accertata a episodi di tifo violento è di per sé un requisito sufficiente a fondare una prognosi di pericolosità e a giustificare l’applicazione della misura preventiva. Non è richiesta la certezza della prova tipica del processo penale, ma una valutazione indiziaria sull’attribuibilità della condotta.

Infine, riguardo al DASPO con obbligo di firma, la Corte ha confermato la legittimità della motivazione per relationem. Il giudice della convalida può cioè motivare la sua decisione richiamando le ragioni già esposte in modo dettagliato nel provvedimento del Questore. Se l’atto amministrativo è ben argomentato, il giudice non è tenuto a ripetere le stesse considerazioni, ma può limitarsi a un controllo di legalità e congruità.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi giuridici consolidati in materia di misure di prevenzione. La decisione ribadisce che il controllo giurisdizionale sul DASPO emesso dal Questore è un controllo di legittimità e non di merito. La valutazione sulla pericolosità del soggetto e sulla necessità delle specifiche prescrizioni è rimessa in prima battuta all’autorità amministrativa.

Il giudice della convalida deve verificare che tale valutazione non sia manifestamente irragionevole o sproporzionata, ma non può sostituire il proprio apprezzamento a quello del Questore. Nel caso di specie, il G.i.p. aveva correttamente operato, tanto da ridurre la durata della misura, dimostrando di aver effettuato una valutazione concreta e non meramente formale. La partecipazione attiva ai disordini, riconosciuta dal giudice di merito, è stata ritenuta elemento fondante per ritenere incompatibile la presenza del ricorrente alle manifestazioni sportive.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida l’orientamento secondo cui il DASPO con obbligo di firma è uno strumento la cui applicazione si basa su una valutazione indiziaria della pericolosità del soggetto. Per contestare efficacemente tale misura in sede di legittimità, non è sufficiente una semplice rilettura dei fatti o una critica generica alla motivazione. È necessario, invece, dimostrare vizi specifici, come il travisamento della prova, o una manifesta irragionevolezza del provvedimento, oneri probatori che rendono l’impugnazione in Cassazione particolarmente difficile.

È sufficiente partecipare a scontri tra tifosi per ricevere un DASPO con obbligo di firma?
Sì, secondo la Corte la partecipazione accertata a un’attività di tifo violento è un requisito di legge sufficiente per una prognosi di pericolosità idonea a fondare la misura preventiva, inclusa la prescrizione dell’obbligo di firma.

Come si può contestare un errore di identificazione in Cassazione?
Non basta chiedere alla Corte di riesaminare le prove fotografiche. Per contestare l’identificazione, il ricorrente deve denunciare il cosiddetto “travisamento della prova”, ovvero dimostrare in modo specifico che il giudice di merito ha fondato la sua decisione su una prova inesistente o dal contenuto palesemente diverso da quello reale, allegando gli atti necessari a comprovarlo.

La motivazione del giudice che convalida l’obbligo di firma può fare rinvio a quella del Questore?
Sì. La Corte di Cassazione ritiene legittima la motivazione “per relationem”, secondo cui il provvedimento del giudice si salda con quello del Questore. Se l’atto amministrativo iniziale è ben motivato, il giudice della convalida può richiamarlo per giustificare la propria decisione, senza dover ripetere le stesse argomentazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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