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DASPO con obbligo di firma: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato un DASPO con obbligo di firma della durata di cinque anni a carico di un dirigente di una società sportiva. L’uomo era stato accusato di condotte provocatorie e minacciose verso la tifoseria avversaria. La difesa sosteneva che il suo assistito si fosse avvicinato solo per rimuovere dei fumogeni e che la misura fosse immotivata. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le informative della Polizia pienamente credibili e la motivazione del G.i.p. adeguata, sottolineando come il ruolo apicale del dirigente aggravasse la sua pericolosità sociale e giustificasse la misura restrittiva.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO con obbligo di firma: la Cassazione conferma la misura per il dirigente sportivo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24155/2025, ha affrontato un caso relativo all’applicazione di un DASPO con obbligo di firma nei confronti di un dirigente di una società calcistica, confermando la validità della misura di prevenzione. Questa decisione ribadisce l’importanza delle informative di polizia e sottolinea come il ruolo ricoperto da un individuo possa influenzare la valutazione della sua pericolosità sociale. Analizziamo i dettagli della vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso

Un dirigente di una squadra di calcio dilettantistica si vedeva notificare un provvedimento emesso dal Questore, con il quale gli veniva imposto il divieto di accedere a manifestazioni sportive (DASPO) per la durata di cinque anni. La misura era aggravata da un duplice obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza in concomitanza con le partite della sua squadra.

Il provvedimento traeva origine da una serie di condotte, ritenute provocatorie, minacciose ed offensive, che il dirigente avrebbe tenuto nei confronti dei tifosi della squadra avversaria durante un incontro di calcio. Secondo le informative di polizia, tali comportamenti avevano creato un concreto pericolo di reazioni violente e invasioni di campo, costringendo le forze dell’ordine a rafforzare il servizio di vigilanza. Il G.i.p. del Tribunale competente convalidava successivamente il provvedimento del Questore.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il dirigente, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, contestando la decisione del G.i.p. sulla base di diversi motivi:

1. Vizio di motivazione: Si lamentava una motivazione carente o meramente apparente riguardo alla valutazione degli elementi di prova e alla concreta e attuale pericolosità del soggetto.
2. Errata valutazione della pericolosità: Il ricorso criticava il fatto che la pericolosità fosse stata desunta anche da un precedente DASPO risalente a molti anni prima (2007), senza un’analisi attuale.
3. Mancata considerazione delle prove a difesa: Si censurava la mancata valutazione di filmati depositati dalla difesa, i quali, a dire del ricorrente, avrebbero dimostrato la sua innocenza. In particolare, si sosteneva che l’avvicinamento alla tifoseria avversaria fosse avvenuto al solo scopo di rimuovere fumogeni lanciati pericolosamente in campo.
4. Sproporzione della misura: Veniva contestata l’imposizione di un duplice obbligo di firma, ritenuto eccessivo e non adeguatamente motivato, anche in relazione all’attività lavorativa svolta dal ricorrente.

Le Motivazioni della Sentenza sulla legittimità del DASPO con obbligo di firma

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. Le motivazioni della Suprema Corte si sono concentrate su alcuni punti chiave.

In primo luogo, i giudici hanno stabilito che il provvedimento del G.i.p. era correttamente fondato sulle dettagliate informative del Commissariato di P.S. Queste ultime descrivevano una serie di condotte reiterate, poste in essere in diversi momenti della partita (al ventesimo minuto del primo tempo e dopo la fine dell’incontro), che non potevano essere liquidate come un singolo gesto commendevole.

La versione difensiva, secondo cui il dirigente si sarebbe limitato a rimuovere dei fumogeni, è stata giudicata dalla Corte come “radicalmente incompatibile con il quadro accusatorio” e al limite di una “complessa macchinazione calunniosa” da parte di una pluralità di agenti di polizia, ipotesi ritenuta insostenibile. Inoltre, i video prodotti dalla difesa sono stati considerati irrilevanti, in quanto relativi a fasi della partita diverse da quelle in cui si erano verificati gli episodi contestati.

La Valutazione della Pericolosità e il Ruolo del Dirigente

Un aspetto cruciale della decisione riguarda la valutazione della pericolosità. La Cassazione ha chiarito che il G.i.p. non si era basato unicamente sul precedente DASPO, ma aveva correttamente valorizzato il carattere ripetuto delle nuove condotte e, soprattutto, il fatto che fossero state poste in essere da un soggetto con una “posizione apicale nella società sportiva ospitante”. Questo ruolo, secondo la Corte, amplifica la gravità dei comportamenti e giustifica una misura più severa.

Il DASPO con obbligo di firma è stato quindi ritenuto giustificato dall’esigenza di impedire “analoghe iniziative, violente e pericolose per l’altrui incolumità” e di “garantire concretamente l’efficacia del divieto di accesso agli stadi”.

Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma il valore probatorio delle informative redatte dalle forze dell’ordine nei procedimenti di prevenzione, sottolineando come una ricostruzione difensiva alternativa debba essere supportata da prove concrete e decisive per poterle superare. In secondo luogo, evidenzia come la valutazione della pericolosità di un soggetto non sia un concetto astratto, ma vada contestualizzata tenendo conto anche del ruolo sociale e della posizione ricoperta. Un dirigente sportivo ha maggiori responsabilità rispetto a un semplice tifoso, e i suoi comportamenti hanno un impatto diverso sull’ordine pubblico. La decisione, pertanto, funge da monito per tutti coloro che operano nel mondo dello sport, ribadendo la necessità di tenere condotte esemplari per prevenire la violenza negli stadi.

Perché il ricorso contro il DASPO con obbligo di firma è stato respinto?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso perché ha ritenuto che il provvedimento fosse ben motivato e basato su informative di polizia credibili e dettagliate. La versione dei fatti fornita dalla difesa è stata considerata incompatibile con le prove raccolte e la sua pericolosità sociale è stata ritenuta attuale e concreta.

Il fatto di avere un vecchio DASPO è sufficiente per giustificarne uno nuovo?
No, un precedente anche risalente non è di per sé sufficiente. Tuttavia, la Corte ha specificato che può essere considerato insieme ad altri elementi, come la reiterazione di nuove condotte pericolose e il ruolo di responsabilità ricoperto dalla persona (in questo caso, dirigente di una società sportiva), per valutare la sua pericolosità attuale.

Le prove video fornite dalla difesa possono annullare un DASPO?
In linea di principio sì, ma solo se sono idonee a smentire in modo inequivocabile la ricostruzione accusatoria. Nel caso specifico, i filmati sono stati giudicati irrilevanti perché non riprendevano i momenti esatti in cui si sarebbero verificate le condotte contestate, risultando quindi inefficaci a confutare quanto riportato nelle informative di polizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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