Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24155 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24155 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 21/05/1976 avverso l’ordinanza emessa il 29/11/2024 dal G.i.p. del Tribunale di Latina visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/11/2024, il G.i.p. del Tribunale di Latina ha convalidato il DASPO applicato dal Questore della stessa città in data 25/11/2024, per la durata di anni cinque, unitamente al duplice obbligo di presentazione per la stessa durata all’autorità di P.S. in concomitanza con le manifestazioni calcistiche cui partecipa la squadra della RAGIONE_SOCIALE VENEZIA, in
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla omessa valutazione di fatti determinanti. Si censura la motivazione dell’ordinanza, ritenuta meramente apparente ed anzi mancante sia quanto alla necessaria valutazione degli elementi dedotti con le memorie tempestivamente depositate unitamente agli allegati, sia quanto alla concreta ed attuale pericolosità del BUONOMO.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’imposizione dell’obbligo di presentazione. Si censura appunto il totale difetto di motivazione sulla pericolosità concreta ed attuale del ricorrente, questione affrontata con mere clausole di stile che non avevano considerato l’epoca estremamente risalente (2007) del precedente DASPO.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’imposizione dell’obbligo per due volte durante le partite del GAETA. Si censura la mancanza di un’adeguata motivazione in punto di pericolosità, indispensabile per l’applicazione del duplice obbligo ed anche in considerazione del lavoro svolto dal ricorrente (autista di ambulanze): si lamenta analogo difetto motivazionale con riferimento all’imposizione del duplice obbligo anche in occasione degli incontri amichevoli.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al fumus della condotta contestata. Si censura la mancata considerazione dei video allegati alla memoria, relativi alle fasi iniziali e finali dell’incontro di calcio, dai quali emer l’insussistenza delle condotte minacciose contestate al BUONOMO, che si era avvicinato alla zona della tifoseria ospite solo per rimuovere i fumogeni lanciati pericolosamente verso i cartelloni pubblicitari.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, avente carattere rivalutativo a fronte di una motivazione completa ed esaustiva contenuta nell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato.
Per ciò che riguarda le censure dedotte con il primo ed il quarto motivo, che possono essere trattate congiuntamente, deve osservarsi che il provvedimento impugnato si fonda sulle informative del Commissariato di P.S. di Gaeta, e sulle condotte provocatorie, minacciose ed offensive nei confronti dei tifosi del FONDI, poste in essere dal COGNOME – dirigente del COGNOME – al ventesimo minuto del primo tempo, alla fine dell’incontro, nonché alcuni minuti dopo la fine della gara (cfr. pag. 2 dell’ordinanza). Il RAGIONE_SOCIALE ha riportato le varie fasi di qua
“dettagliatamente ricostruito” dalla Polizia, anche con riferimento alla reiterazione delle condotte nonostante il ripetuto intervento degli operanti, al fine di evitar invasioni di campo e contatti tra tifoserie, ed ha ritenuto che i video prodotti dalla difesa non consentissero di ritenere inveritiero quanto rappresentato nelle informative (cfr. pag. 2, cit.).
Il provvedimento del G.i.p. resiste alle censure difensive, volte a prospettare una ricostruzione opposta a quella degli operanti, avendo il BUONOMO – secondo la difesa ricorrente – operato esclusivamente in termini commendevoli, ovvero al fine di spegnere i fumogeni lanciati dalla tifoseria ospite.
Si tratta peraltro di una ricostruzione radicalmente incompatibile con il quadro accusatorio, al punto da far immaginare informative dettate da intenti apertamente calunniosi, descrittive di un BUONOMO ripetutamente intento a gesticolare provocatoriamente e minacciosamente avvicinandosi ai tifosi avversari, creando un concreto pericolo di invasioni di campo o comunque di reazioni inconsulte, tanto da indurre i responsabili delle Forze dell’ordine a rafforzare il servizio di vigilanza.
Peraltro, l’ipotesi di una complessa macchinazione calunniosa, ordita da una pluralità di operanti ai danni del BUONOMO, appare all’evidenza insostenibile, non avendo tra l’altro la difesa ricorrente offerto elementi in grado di spiegare una così plateale distanza tra quanto asseritamente avvenuto e quanto rappresentato nelle informative.
Anche la valutazione dei filmati, operata dal G.i.p., si sottrae a censure deducibili in sede di legittimità, specie considerando che, stando alla stessa difesa ricorrente, si tratterebbe di immagini relative all’inizio e alla fine della gara dunque certamente ininfluenti per la confutazione di quanto ricostruito dagli operanti e dal G.i.p. sugli episodi verificatisi alla metà del primo tempo e alcuni minuti dopo la fine della gara, dopo il rientro delle squadre negli spogliatoi.
Ad analoghe conclusioni di infondatezza deve pervenirsi quanto alle residue censure.
La sussistenza della pericolosità del COGNOME, in termini tali da imporre l’imposizione dell’obbligo nei termini fissati dal Questore, non è stata invero motivata sulla sola base del fatto che il ricorrente era stato già destinatario di un DASPO (peraltro alquanto risalente): in realtà, il G.i.p. ha valorizzato non solo il carattere ripetuto delle condotte che avevano richiesto gli interventi delle Forze dell’ordine, ma anche il fatto che si trattava di comportamenti posti in essere da soggetto in posizione apicale nella società sportiva ospitante. In tale quadro complessivo, il G.i.p. ha ritenuto che la prescrizione imposta fosse “giustificata dall’esigenza di precludere al medesimo analoghe iniziative, violente e pericolose per l’altrui incolumità, in occasione di altre manifestazioni sportive e altresì pe garantire concretamente l’efficacia del divieto di accesso agli stadi” (cfr. pag. 2, cit.).
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Si tratta di un percorso argomentativo immune da censure deducibili in questa sede. D’altra parte, con riferimento alla duplicità dell’obbligo, il ricorso risulta pr
delle indispensabili connotazioni di specificità in ordine al fatto che, dopo aver ottemperato all’obbligo, sarebbe comunque impossibile raggiungere il luogo della
gara, a causa della distanza del luogo della competizione da quello della presentazione (cfr. sul punto Sez. 3, n. 13543 del 07/12/2022, dep. 2023, COGNOME
Rv. 284459 – 01). Tale mancanza di specificità del ricorso, a tale specifico riguardo, appare del resto tanto più evidente ove si consideri che la compagine
della RAGIONE_SOCIALE partecipava ad una competizione di ambito regionale
(campionato di Prima Categoria).
Per ciò che riguarda infine l’estensione dell’obbligo agli incontri amichevoli, occorre qui richiamare il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema
Corte secondo cui l’obbligo di presentazione «può legittimamente riferirsi anche agli incontri cd. ‘amichevoli’, che siano stati programmati e pubblicizzati attraverso
i normali strumenti di diffusione in modo da essere previamente conoscibili dall’interessato, sussistendo, anche in tal caso, l’esigenza di prevenire fenomeni
di violenza valevoli a mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica» (Sez.
3, n. 12355 del 14/02/2023, COGNOME, Rv. 284235 – 02). Il soddisfacimento di tali esigenze informative appare privo di particolari ostacoli nella fattispecie in esame, in cui l’obbligo è stato imposto non già ad un semplice tifoso della squadra di calcio, ma al vicepresidente della squadra medesima (cfr. pag. 1 del ricorso).
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 aprile 2025