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DASPO aggravato: quando è legittima la convalida?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un DASPO aggravato nei confronti di un tifoso con precedenti specifici. La decisione si fonda sulla sua comprovata pericolosità sociale, derivante da un recente episodio di scontro con tifosi avversari, a prescindere dalla precisa qualificazione giuridica del reato contestato. La Corte ha ritenuto adeguata la valutazione del giudice sulla necessità e urgenza della misura, respingendo le censure generiche del ricorrente.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO aggravato: La Cassazione conferma la linea dura contro la violenza negli stadi

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sulla validità del DASPO aggravato, offrendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della pericolosità sociale del soggetto e sulla discrezionalità del giudice nella convalida della misura. Il caso riguarda un tifoso che si è visto aggravare un precedente provvedimento con l’obbligo di firma in Questura per ben otto anni. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti alla base del Ricorso

Un tifoso, già destinatario in passato di due misure DASPO e di un avviso orale di pubblica sicurezza, era stato raggiunto da un nuovo provvedimento emesso dal Questore. Tale misura aggravava una precedente, imponendogli l’obbligo di presentarsi presso gli uffici di polizia in occasione delle partite della sua squadra del cuore, per una durata di otto anni. Il provvedimento trovava fondamento in un recente episodio di violenza avvenuto presso una pizzeria, dove il tifoso aveva avuto un alterco con alcuni sostenitori della squadra avversaria.

Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) del Tribunale convalidava l’ordinanza del Questore, ritenendo sussistenti i presupposti di necessità e urgenza. Contro questa decisione, il tifoso proponeva ricorso per cassazione.

I Motivi dell’Impugnazione e il DASPO aggravato

Il ricorrente lamentava diversi vizi nel provvedimento di convalida. In primo luogo, sosteneva che il giudice non avesse adeguatamente considerato la memoria difensiva, la quale chiariva che i fatti contestati avevano portato a una condanna per il reato di molestie (art. 660 c.p.) e non per rapina, come erroneamente indicato nell’ordinanza. A suo dire, la sua condotta era stata neutra e la responsabilità dell’accaduto era da attribuirsi a un’altra persona.

Inoltre, il ricorrente contestava la valutazione sulla sua pericolosità sociale, ritenendola generica, non individualizzata e in contrasto con la giurisprudenza. Infine, lamentava che l’obbligo di presentazione fosse eccessivamente gravoso e immotivato, soprattutto perché non teneva conto della sua attività lavorativa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. I giudici di legittimità hanno innanzitutto accertato che il G.i.p. aveva effettivamente tenuto conto della memoria difensiva depositata.

Nel merito, la Corte ha sottolineato che, al di là della qualificazione giuridica del reato (molestie anziché rapina), i comportamenti tenuti dal ricorrente nei confronti dei tifosi avversari erano oggettivamente pericolosi per l’ordine pubblico. Tali condotte, unite ai numerosi precedenti specifici (due DASPO precedenti e un avviso orale), dimostravano la sua capacità di “innescare o partecipare a situazioni di disordine” legate a manifestazioni sportive.

Questa valutazione complessiva della personalità e della storia del soggetto, secondo la Cassazione, ha condotto correttamente il G.i.p. a convalidare il DASPO aggravato, riconoscendo la sussistenza di esigenze di necessità e urgenza dettate dalla “particolare pericolosità sociale evidenziata nel corso degli anni”.

Infine, la Corte ha respinto come generica la doglianza relativa all’attività lavorativa, poiché il ricorrente non aveva fornito alcun dettaglio su quale fosse il lavoro, con quali orari si svolgesse e in che modo l’obbligo di firma lo pregiudicasse concretamente.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: nella valutazione della pericolosità sociale, il giudice deve considerare la condotta del soggetto nella sua interezza, inclusi tutti i precedenti e le circostanze del caso concreto. La qualificazione giuridica esatta del singolo episodio perde di centralità rispetto alla capacità di quel comportamento di rivelare una propensione al disordine. Inoltre, la pronuncia conferma che le censure sollevate dal destinatario della misura, per essere prese in considerazione, devono essere specifiche e dettagliate, e non meramente generiche o congetturali.

Quando può essere convalidato un DASPO aggravato?
Un DASPO aggravato può essere convalidato quando il giudice accerta la sussistenza di una concreta e attuale pericolosità sociale del soggetto, valutazione che deve basarsi non solo sull’ultimo episodio contestato, ma anche sui suoi precedenti specifici e sulla sua intera condotta passata. È necessario che emergano esigenze di necessità e urgenza per prevenire futuri disordini.

La qualificazione giuridica del reato (es. rapina vs. molestie) è decisiva per la convalida del DASPO?
No, secondo questa sentenza non è decisiva. Ciò che rileva ai fini della misura di prevenzione è la condotta materiale del soggetto e la sua capacità di minare l’ordine pubblico in occasione di eventi sportivi. Anche se il fatto viene qualificato come un reato meno grave, la sua natura violenta o minacciosa è sufficiente a giustificare il provvedimento se rivela la pericolosità del soggetto.

Il giudice deve considerare l’attività lavorativa del destinatario del DASPO?
Sì, ma solo se il ricorrente solleva la questione in modo specifico e dettagliato. Una lamentela generica, che non specifica quale sia l’attività lavorativa, quali siano gli orari e come l’obbligo di presentazione la pregiudichi concretamente, non è sufficiente per invalidare il provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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