Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22379 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22379 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il 16/09/1979
avverso l’ordinanza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATI -0
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Messina ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la pronunzia del Tribunale di Messina del 4.05.2023, che condannava NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia per il reato di furto aggravato di un paio di scarpe all’interno di un esercizio commerciale, ordinando la esecuzione della sentenza appellata.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’impugnazione proposta dal difensore dell’imputato fosse affetta da aspecificità, in quanto constava della mera richiesta di riduzione della pena previo riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale
tenuità e dalla prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti, senza l’allegazione di alcun elemento specifico a sostegno delle richieste.
Contro l’anzidetta ordinanza l’imputato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME affidato ad un unico motivo, con cui lamenta inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inammissibilità e vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt.591, comma 1, lett. c), e 4, 581, comma 1, lett. d), e ibis, cod. proc. pen., contestando la asserita genericità dell’atto di appello in relazione alla richiesta di concessione della circostanza attenuante di cui all’art.62 n.4 cod. pen., in ragione del valore oggettivamente modesto della stessa nonché della brevità del periodo di sottrazione della res furtiva e la restituzione al legittimo proprietario, quali indic della modesta entità del danno patrimoniale, ed al diniego della prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche.
Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte insistendo nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen.
Invero, la Corte di appello, nel dichiarare inammissibile l’appello dell’imputato, non ha fatto corretta applicazione delle norme processuali, ritenendo il tema dell’attenuante del danno di speciale tenuità già affrontato e, correttamente, risolto dal giudice di primo grado; questi aveva valorizzato, ai fini del diniego dell’attenuante, l’accertato valore della merce oggetto di furto (euro 80,00) ritenuto non esiguo per un paio di scarpe.
La sentenza impugnata ha basato il diniego della circostanza attenuante, appositamente richiesta con i motivi d’appello, su considerazioni non condivisibili: a sostegno del diniego del riconoscimento dell’attenuante in esame non è più sufficiente, richiamare, come fa la Corte di merito, la giurisprudenza sulla base della quale, a configurarla è solo il pregiudizio lievissimo, ossia di valore economico non irrisorio, sia pur avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della “res”, alla luce sia della più recente riflessione su tale tipologia di attenuante condotta dalle Sezioni Unite con la sentenza (n.
24990 del 30/1/2020, COGNOME, Rv. 279499), nonché dell’introduzione nel nostro sistema ordinamentale di quella valvola di compressione dell’offensività penale dettata con l’art. 131-bis cod. pen. Tale disposizione, in particolare, “chiude” il sistema della punibilità, marginalizzando l’offesa “particolarmente tenue”, cui il legislatore abbina l’esclusione dall’applicazione della sanzione penale, pur in presenza di un fatto di reato corrispondente, in tutto, al “tipo normativo”.
Le Sezioni Unite, con la sentenza (n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266589), hanno chiarito come il giudizio complesso e multifattoriale della causa di esclusione della punibilità di nuovo conio deve essere improntato ad una verifica in concreto, poiché «non esiste un’offesa tenue o grave in chiave archetipica», ma «è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore».
Seguendo tale linea interpretativa, le Sezioni Unite NOME COGNOME (Rv. 279499) hanno evidenziato che, sia per l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto, sia per l’attenuante del danno di lieve entità, prevista dall’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen., seppure a fini diversi, assume decisivo rilievo la connotazione storica del fatto e l’accertamento, nel caso concreto, dell’esistenza, o meno, di un’apprezzabile offesa del bene giuridico protetto, che sia eventualmente caratterizzata da particolare tenuità. Con riferimento più specificamente all’attenuante prevista dall’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., questa è applicabile a tutti i delitti determinati da motivi di lucro alla duplice condizione che sia il lucro perseguito od effettivamente conseguito dal reo, sia l’evento dannoso o pericoloso siano caratterizzati da speciale tenuità. Lo scopo della diminuente è ,infatti quello di pervenire ad una più adeguata commisurazione della pena in concreto da infliggere, in ossequio al principio di offensività che deve sovrintendere il giudizio sul disvalore del reato in termini sanzionatori spettante al giudice,a1 quale solo è riservato di tradurre in indicazioni dosi metriche concrete la colpevolezza individuale.
La relativa verifica dovrà avere ad oggetto / I ( non già l’astratta considerazione della natura giuridica del bene protetto, bensì il grado di effettiva offensività del fatto nel caso concreto. Alla luce di tali premesse ermeneutiche, in relazione al delitto di furto, come ribadito da questa Corte, il giudice dovrà fondare la sua valutazione circa la meritevolezza della circostanza attenuante del danno di lieve entità, prevista dall’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen. su un giudizio necessariamente complesso, che prenda in esame tutti gli elementi della fattispecie concreta, necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma per verificare il danno criminale globalmente arrecato, al fine di adeguare la pena alla effettiva lesività della condotta di reato commessa (Sez. 5, n. 344 del 26/11/2021, dep. 2022, Rv. 282402).
Ai fini della configurabilità della attenuante, non possono ritenersi determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizio causato alla vittima del reato o del valore irrisorio del bene sottratto, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, considerata la natura di reato plurioffensivo del furto, in quanto lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e la integrità fisica e morale aggredite per la realizzazione del profitto; ne consegue che, in applicazione della seconda parte della disposizione citata, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione della attenuante in parola (Sez. 3, n. 18013 del 5/2/2019, COGNOME, Rv. 275950; Sez. 2, n. 21014 del 13/5/2010, COGNOME, Rv. 247122; Sez. 5, Sentenza n. 344 del 26/11/2021, dep. 2022, Rv. 282402 – 01).
Nessun valore può avere la circostanza, evocata dal ricorrente, dell’avvenuto recupero del bene, poiché, in tema di furto, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, l’entità del danno cagionato alla persona offesa deve essere verificata al momento della consumazione del reato, costituendo la restituzione della refurtiva solo un “post factum” non valutabile a tale fine (cfr. Sez. 5, n. 19728 del 8 11/04/2019, Ingenito, Rv. 275922, in una fattispecie in cui il bene oggetto di furto era stato sottratto per breve tempo poiché recuperato, subito dopo la commissione del reato, dalle forze dell’ordine).
Con riferimento all’applicazione delle già riconosciute circostanze attenuanti con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, il motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il motivo è generico e reiterativo e non si confronta con la decisione della Corte di appello, congrua ed immune da vizi di manifesta illogicità e da censure.
La Corte di merito ritiene la richiesta argomentata con generici riferimenti costituzionali al principio di ragionevolezza e proporzione della pena ritenuti nella specie non applicabili, rilevando che la richiesta di ulteriore riduzione della pena, previo giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, era volta a mitigare una pena già assai contenuta. La Corte di appello ha evidenziato che una richiesta così formulata risultava palesemente carente sotto il profilo della motivazione, in quanto del tutto priva di riferimenti ad elementi oggettivi di valutazione e di una critica dialettica rispetto alle argomentazioni svolte dal Tribunale perché, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Quanto al comportamento dell’imputato, la Corte territoriale ha ritiene che fosse stato già valorizzato dal Tribunale per il riconoscimento delle attenuanti
generiche.
Rileva difatti evidenziare che il giudice d’appello non è tenuto a motivare in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche sia quando nei motivi di
impugnazione si ripropongano, ai fini del riconoscimento, gli stessi elementi già
sottoposti all’attenzione del giudice di primo grado e da quest’ultimo disattesi, sia quando si insista per quel riconoscimento senza addurre alcuna particolare ragione
(ex plurimis:
Sez. 4, n. 15492 del 22/03/2022, Ferro, in motivazione; Sez. 1, n.
33951 del 19/05/2021, COGNOME, Rv. 281999-02; Sez. 4, n. 5875 del 30/01/2015,
COGNOME Rv. 262249-01; Sez. 4, n. 86 del 27/09/1989, dep. 1990, COGNOME, Rv.
182959-01; circa il difetto di specificità dei motivi d’appello quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o
di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, si veda, per tutte, Sez.
U, n. 8825, del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822-01).
Sotto tale aspetto, quindi, la censura si mostra inammissibile, per difetto di specificità, laddove, peraltro in ipotesi di c.d. «doppia conforme», neanche prospetta che i motivi d’appello non abbiano riproposto, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, gli stessi elementi già sottoposti all’attenzione del giudice di primo grado e da quest’ultimo disattesi. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l’assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, in considerazione anche dei precedenti penali.
Va, pertanto, annullata la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen., rinviando per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Messina. Nel resto, va confermata la impugnata sentenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Messina.
Conferma nel resto.
Così deciso in Roma il 12/12/2024.