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Danno patrimoniale reato continuato: la Cassazione chiarisce

Una cassiera condannata per appropriazione indebita continuata ricorre in Cassazione. La Corte conferma la sua colpevolezza ma esclude l’aggravante del danno di rilevante entità. La sentenza chiarisce un principio fondamentale sul danno patrimoniale reato continuato: la gravità va valutata su ogni singola condotta illecita e non sul danno complessivo accumulato nel tempo, riducendo così la pena finale per l’imputata.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno Patrimoniale nel Reato Continuato: La Cassazione Fa Chiarezza

La recente sentenza n. 33655/2025 della Corte di Cassazione affronta un’importante questione giuridica relativa al calcolo del danno patrimoniale reato continuato. Il caso, che riguarda una serie di appropriazioni indebite commesse da una cassiera di un supermercato, offre lo spunto per analizzare come la giurisprudenza valuti l’aggravante del danno di rilevante entità quando i singoli episodi criminosi, pur uniti da un unico disegno, causano danni individualmente modesti. La decisione della Suprema Corte consolida un orientamento maggioritario e fornisce preziose indicazioni pratiche.

I Fatti: L’Appropriazione Indebita Sistematica al Supermercato

Il caso ha origine dalla condotta di una dipendente di un supermercato, accusata di essersi appropriata di una somma complessiva di circa 86.000 euro nell’arco di un anno e mezzo. La sua tecnica era semplice ma efficace: dopo che un cliente pagava la merce, lei emetteva lo scontrino fiscale ma, subito dopo l’uscita del cliente, lo annullava, trattenendo per sé l’importo corrispondente. Queste azioni, ripetute sistematicamente, hanno generato un ammanco considerevole per la società.

Condannata in primo e secondo grado per appropriazione indebita continuata e aggravata, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, contestando sia la sua responsabilità sia, soprattutto, la sussistenza dell’aggravante del danno patrimoniale di particolare gravità, previsto dall’art. 61 n. 7 del codice penale.

La Decisione della Corte: Come si Valuta il Danno Patrimoniale nel Reato Continuato?

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’aggravante. Pur confermando la piena colpevolezza dell’imputata sulla base di prove solide come i filmati di videosorveglianza e il rinvenimento di denaro sottratto, i giudici hanno sposato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario in materia.

Il principio affermato è il seguente: in caso di reato continuato, la valutazione della rilevante gravità del danno non deve essere effettuata sul pregiudizio complessivo causato dalla somma di tutte le violazioni, ma deve avere riguardo al danno cagionato da ogni singola azione illecita. Poiché nel caso di specie ogni singolo episodio di appropriazione indebita aveva un valore modesto, l’aggravante non poteva essere applicata, nonostante il totale sottratto fosse ingente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sulla ratio stessa dell’istituto del reato continuato (art. 81 c.p.). Quest’ultimo è stato concepito per mitigare il trattamento sanzionatorio del reo, evitando il rigido cumulo materiale delle pene previste per ogni singolo reato commesso in attuazione del medesimo disegno criminoso. L’unificazione delle diverse condotte è quindi un’operazione che avviene quoad poenam, cioè solo ai fini della pena.

Sarebbe contraddittorio, secondo la Corte, utilizzare questa finzione giuridica, nata per favorire l’imputato, per poi ritorcergliela contro, aggregando i singoli danni di lieve entità fino a farli diventare un danno complessivo ‘grave’. Ogni reato, pur unito agli altri dal vincolo della continuazione, conserva la propria autonomia per tutti gli altri istituti giuridici, inclusa la valutazione delle circostanze aggravanti. La gravità del danno, pertanto, deve essere ancorata alla singola condotta.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. Per i reati contro il patrimonio commessi in forma continuata, come furti seriali o appropriazioni indebite reiterate, l’accusa non può limitarsi a dimostrare l’ingente valore del danno totale. Per poter contestare l’aggravante del danno di rilevante entità, sarà necessario provare che almeno una delle singole azioni che compongono il reato continuato abbia, di per sé, causato un danno patrimoniale di notevole gravità.

Di conseguenza, una serie di micro-sottrazioni, anche se numerose e protratte nel tempo, non integrerà l’aggravante in questione se nessuna di esse, presa singolarmente, supera la soglia della ‘rilevante gravità’. La decisione della Cassazione, pertanto, impone un’analisi più rigorosa e puntuale della condotta criminosa, evitando automatismi basati sul solo dato cumulativo.

In caso di reato continuato, come si valuta l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità?
Secondo la Corte di Cassazione, la gravità del danno deve essere valutata con riferimento a ogni singola azione illecita che compone il reato continuato, e non sul danno complessivo risultante dalla somma di tutte le azioni.

La scelta del giudizio abbreviato può rendere le prove a carico meno efficaci?
No, al contrario. La Corte chiarisce che la scelta di questo rito processuale rende pienamente utilizzabile ai fini della decisione tutta la documentazione raccolta durante le indagini, inclusa quella prodotta dalla persona offesa, confermando la sua piena valenza probatoria.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza solo in parte?
La Corte ha ritenuto che la prova della colpevolezza dell’imputata fosse solida e correttamente motivata. Tuttavia, ha riscontrato un errore di diritto nell’applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale. Pertanto, ha confermato il giudizio di responsabilità ma ha annullato la parte della sentenza relativa all’aggravante, procedendo a rideterminare la pena in misura inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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