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Danno patrimoniale: la Cassazione e la truffa aggravata

Due dipendenti pubblici, condannati per truffa aggravata per aver falsamente attestato la loro presenza in servizio, hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’irrilevanza del danno economico, quantificato in 51 euro ciascuno. La Suprema Corte ha rigettato gran parte dei motivi, specificando che il concetto di danno patrimoniale in questi casi non si limita alla mera retribuzione indebitamente percepita, ma include anche il più ampio pregiudizio funzionale e organizzativo arrecato all’ente pubblico. Tuttavia, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza d’appello su un punto cruciale: la mancata valutazione e motivazione riguardo la possibile applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno Patrimoniale nella Truffa: Non Solo Questione di Soldi

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2634/2025 offre un’importante chiave di lettura sul concetto di danno patrimoniale nel reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. La Suprema Corte, pur confermando l’orientamento consolidato, ha ribadito come il pregiudizio per la Pubblica Amministrazione non possa essere ridotto alla sola spesa economica per una retribuzione non dovuta, ma debba includere anche il più ampio danno funzionale e organizzativo. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Due dipendenti pubblici sono stati condannati in primo e secondo grado per i reati di truffa aggravata e, per uno solo di essi, di falso. L’accusa era quella di aver, in più occasioni, attestato falsamente la propria presenza in servizio, distraendosi da attività istituzionali per dedicarsi a incontri privati. Nello specifico, i ricorrenti, addetti a un servizio di pronto intervento per l’infortunistica stradale, erano stati sorpresi a sostare con l’auto di servizio presso un’abitazione privata, in orari in cui avrebbero dovuto essere operativi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il ricorso su diversi punti, ma il fulcro dell’argomentazione era la contestazione della sussistenza di un danno patrimoniale apprezzabile. Secondo i ricorrenti, il pregiudizio economico, quantificato in circa 51 euro per ciascuno, era talmente esiguo da rendere il fatto non offensivo. Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato l’art. 640 c.p. valorizzando aspetti organizzativi e deontologici estranei alla natura esclusivamente patrimoniale del reato di truffa, discostandosi dai principi stabiliti dalle Sezioni Unite.

Inoltre, la difesa lamentava l’omessa motivazione da parte della Corte territoriale sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p.

La Nozione di Danno Patrimoniale secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva sulla definizione del danno patrimoniale. I giudici hanno chiarito che, sebbene il danno debba avere un contenuto economico, non si esaurisce nella semplice perdita di un bene. Può consistere anche nel mancato acquisto di un’utilità economica che il soggetto passivo si attendeva legittimamente.

Nel contesto del pubblico impiego, il danno non è solo la “retribuzione erogata”. Il distoglimento delle energie lavorative dal servizio ha un impatto negativo sull’organizzazione del lavoro e sull’efficienza dei servizi, che rappresentano un valore economico concreto, sebbene di non facile quantificazione. La Corte afferma che non si tratta di tutelare il “buon andamento della p.a.” in astratto, ma di considerare la “poliedricità del danno patrimoniale”, che include le dirette ricadute sulla continuità e funzionalità delle prestazioni dovute.

L’Annullamento per Omessa Motivazione

Nonostante la conferma dell’impianto accusatorio sul reato di truffa, la Cassazione ha accolto uno dei motivi di ricorso: quello relativo all’omessa valutazione dell’art. 131 bis c.p. La Corte d’Appello, pur avendo menzionato la doglianza nella sintesi dei motivi, aveva completamente tralasciato di fornire una qualsiasi motivazione, esplicita o implicita, sulla sua applicabilità al caso di specie.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondati i motivi relativi alla sussistenza della truffa, ribadendo che la valutazione sull’entità del danno attiene non alla tipicità del reato, ma alla sua punibilità (ad esempio, tramite l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.) o alla dosimetria della pena. Ha invece considerato fondato il motivo riguardante l’omessa motivazione, poiché il giudice d’appello ha il dovere di rispondere a tutte le censure sollevate, specialmente quando queste possono portare a un esito processuale radicalmente diverso, come la non punibilità.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata limitatamente al punto concernente la mancata valutazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna per un nuovo giudizio su questo specifico aspetto. Per il resto, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. Questa decisione conferma che anche un danno economico minimo può integrare il reato di truffa ai danni dello Stato, ma impone ai giudici di merito di motivare sempre in modo esauriente sulla possibile applicazione di istituti, come quello della particolare tenuità, che possono escludere la punibilità.

Nella truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, il danno patrimoniale si limita alla sola retribuzione indebitamente percepita?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il danno patrimoniale ha una natura poliedrica. Include non solo il costo della retribuzione, ma anche le dirette conseguenze pregiudizievoli sull’organizzazione del lavoro e sull’efficienza dei servizi, che hanno un valore economico suscettibile di valutazione.

L’esiguità del danno economico, come 51 euro, esclude automaticamente il reato di truffa?
No, l’esiguità del danno non esclude la tipicità del reato. Può, tuttavia, essere rilevante per altre valutazioni, come l’eventuale applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) o per la determinazione della pena.

Cosa succede se un giudice d’appello non motiva la sua decisione su uno specifico motivo di ricorso?
La sentenza può essere annullata su quel punto. In questo caso, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente alla valutazione sull’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., proprio perché i giudici di merito avevano totalmente omesso di fornire una motivazione sulla richiesta della difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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