Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2634 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME Felice n. a Taranto 1’8/2/1976
COGNOME NOME n. a Pesaro 1’8/4/1971
avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Bologna 1’11/6/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito l’Avv. NOME COGNOME anche in veste di sostituto processuale dell’Avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi, chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Bologna confermava la decisione del Gup del Tribunale di Rimini che, in data 24/6/2020, aveva riconosciuto NOME Felice e COGNOME
NOME colpevoli dei delitti di truffa aggravata ascritti ai capi 0),Q),T), nonché il solo A anche dell’ipotesi di falso sub V), condannandoli alla pena ritenuta di giustizia.
2.Hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori, Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali con unico atto hanno dedotto:
2.1 la violazione dell’art. 640 cod.pen. per essersi la Corte territoriale sottratta al vi del precedente specifico rappresentato dalle Sezioni Unite n. 1/1999 nell’interpretare l’offensività della fattispecie, in contrasto con il dettato dell’art. 618, comma 1 cod proc. pen.
I difensori, dopo aver richiamato alcuni passaggi della sentenza n.1/99 delle Sezioni Unite, evidenziando la consistenza esclusivamente patrimoniale che costituisce la specifica oggettività della truffa, espongono che l’art. 640 cod.pen. non può essere interpretato secondo criteri di plurioffensività che valorizzino motivi organizzativi e deontologici rite compromessi in caso di artificiose attestazioni di presenza in servizio. La Corte d’appello discostandosi dai principi affermati dal massimo consesso nomofilattico e in violazione dell’art. 618 comma ibis cod.proc.pen., ha ritenuto di aderire ad un orientamento di legittimità che si pone in contrasto con il criterio interpretativo dettato dalle Sezioni Unite in mer all’offensività del delitto di truffa e che prescinde dal danno patrimoniale, valorizzando fina estranee al delitto contestato;
2.2 la violazione dell’art. 640 cod.pen. per avere la Corte territoriale estromesso dall legalità della fattispecie l’apprezzabilità del danno patrimoniale con violazione del principio offensività del reato.
Secondo i difensori la sentenza impugnata ha omesso di fornire un’interpretazione della fattispecie incriminatrice che tenesse conto, secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità, dell’apprezzabilità della demínutio patrimoníi, ritenendo l’offensività del fatto a fronte di erogazioni non dovute ai ricorrenti ammontanti a complessivi euro 51 ciascuno. Inoltre, i giudici territoriali hanno valutato il danno in maniera complessiva e non in relazio a ciascuno dei fatti oggetto di addebito;
2.3 la violazione dell’art. 640 cod.pen. e la manifesta illogicità della motivazione relazione alla contestazione di cui al capo Q).
I difensori, premesso che risulta processualmente accertato che il 14/4/2017 i ricorrenti COGNOME e COGNOME non entrarono nell’immobile di NOME COGNOME limitandosi a sostare presso l sbarra delimitante l’accesso al capannone, sostengono che la Corte di merito è incorsa nei denunziati vizi ritenendo integrata la fattispecie di truffa aggravata sebbene i due imputat in ragione del servizio loro affidato di pronto intervento per infortunistica stradale, non foss vincolati alla presenza in alcun luogo particolare. Il carattere esterno ed eventuale del servizi
pertanto, impedisce di ritenere mendace l’attestazione dei ricorrenti circa la loro presenza i servizio la sera del 14/4/2017;
2.4 il vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni del teste NOME COGNOME e l’omessa considerazione dello specifico motivo d’appello.
I difensori deducono che i giudici di merito non hanno valutato in termini completi ed esaurienti le dichiarazioni del teste COGNOME avendo considerato esclusivamente che il medesimo non è stato in grado di riferire con precisione se gli imputati nelle serate del 10 marzo e 2 aprile 2017 fossero stati presenti in divisa agli incontri conviviali da lui organizzati pres capannone, trascurando tuttavia che il teste ha affermato in termini di certezza di non aver mai visto i ricorrenti partecipare a simili incontri in divisa. La Corte territoriale non ha spi le ragioni per cui ha ritenuto non meritevole di apprezzamento la predetta circostanza;
2.5 l’omessa valutazione del motivo d’appello relativo al mancato riconoscimento dell’art. 131 bis cod.pen. e la connessa mancanza di motivazione.
I difensori lamentano che la Corte territoriale, pur avendo richiamato nella sintesi dei motivi d’appello la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 131bis cod.pen., ha trascurato di valutarla sia esplicitamente che implicitamente;
2.6 la violazione dell’art. 110 cod.pen. per avere la sentenza impugnata ritenuto la responsabilità concorsuale del ricorrente COGNOME in relazione al delitto ex art. 476 cod.pe (capo V), prescindendo dalla dimostrazione dell’apporto fornito dall’imputato alla realizzazione dell’illecito.
I difensori assumono che la Corte di merito ha ritenuto il concorso dell’COGNOME nell’alterazione dell’ordine di servizio del 28/4/2017 da parte dell’Isp. COGNOME sulla ba dell’interesse del ricorrente all’apposizione della dicitura incriminata senza alcun effetti accertamento sulla reale influenza dell’asserito contributo morale dell’imputato e sulle forme della sua estrinsecazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è manifestamente infondato. Nel panorama giurisprudenziale nessuno dubita che l’elemento del danno richiesto ai fini dell’integrazione della truffa debba aver contenuto patrimoniale ed economico. Questa Corte ha, tuttavia, chiarito che il danno patrimoniale non è necessariamente costituito dalla perdita economica di un bene subìta dal soggetto passivo, ma può consistere anche nel mancato acquisto di un’utilità economica che quest’ultimo si riprometta di conseguire in conformità alle false prospettazioni dell’agente dal quale sia tratto in errore (Sez. 2, n. 37859 del 22/09/2010, Bologna e altro, Rv. 248908; n. 48630 del 15/09/2015, COGNOME e altri, Rv. 265324) e, se non può essere configurato dalla violazione di una mera aspettativa fondata su una astratta situazione giuridica ipotizzata dalla legge, è tuttavia integrato quando l’aspettativa sia divenuta concreta e dia luogo al sorgere
di un interesse munito di tutela giuridica, avente contenuto patrimoniale (Sez. 2, n. 34722 del 14/05/2014, COGNOME, Rv. 260029). Inoltre, il danno, nel delitto di truffa, può ess realizzato non soltanto per effetto di una condotta comnnissiva della vittima (quale un atto di disposizione patrimoniale compiuto a causa dell’errore ingenerato dagli artifizi o raggiri consistente nel trasferimento di un bene o di un diritto dal patrimonio proprio a quello altrui bensì anche per effetto di una condotta omissiva, nel senso che la vittima, per effetto dell’errore cui l’ha indotta l’agente, ometta il comportamento inteso a fare acquisire al propr patrimonio una concreta utilità economica, alla quale essa ha diritto e che rimane invece acquisita al patrimonio altrui (Sez. 2, n. 5465 del 23/02/1972, COGNOME, Rv. 121775).
Le decisioni di legittimità richiamate dai giudici di merito a sostegno dell’integrazion della fattispecie ex art. 640, comma 2 n. 1, cod.pen. non si discostano dalla linea ermeneutica tracciata da Sez. U. Cellamare ma declinano la patrimonialità del danno nelle sue implicazioni funzionali, secondo una linea evolutiva che non palesa alcuna frattura interpretativa.
1.1 Il primo giudice a pag. 45 ha correttamente evidenziato, richiamando gli arresti giurisprudenziali che la difesa censura, che “il reato di truffa aggravata può essere integrato anche a prescindere dal danno economico corrispondente alla retribuzione erogata” quando risultino provate dirette conseguenze pregiudizievoli, suscettibili di valutazione economica, sull’organizzazione del lavoro e sull’efficienza dei servizi. Nel sinallagma contrattuale distoglimento di energie lavorative dal servizio rileva non solo per il costo destinato retribuire il tempo e le competenze professionali dell’agente ma anche per le dirette ricadute sulla continuità e funzionalità delle prestazioni dovute, che hanno un valore economico, per quanto possa risultare non agevole coglierne l’esatta consistenza. Non si tratta pertanto, contrariamente a quanto assume la difesa, di integrare nella tipicità della truffa la tutela buon andamento della p.a. quanto di considerare la poliedricità del danno patrimoniale (in tal senso, Sez. 2, n. 29628 del 28/05/2019 Rv. 276670-01; n. 3262 del 30/11/2018,dep. 2019, Rv. 274895 – 01; Sez. 5, n. 8426 del 17/12/2013, dep. 2014, Rv. 258987-01).
2. Risultano destituiti di fondamento anche i rilievi di cui al secondo motivo che fondano sull’irricevibile assioma che fa coincidere l’apprezzabilità del danno patrimoniale con l rilevanza e consistenza economica del pregiudizio cagionato, identificato esclusivamente nel danno retributivo. In realtà il profilo concernente l’entità degli esiti lesivi causati dalla co truffaldina appare pertinente non alla tipicità del fatto ma eventualmente alla sua punibilit ove l’esiguità del danno concorra a delineare una fattispecie di particolare tenuità ex art. 131 bis cod.pen., e alla dosimetria della pena quando, come nella specie, incide in funzione di attenuazione del trattamento sanzionatorio mediante il riconoscimento della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen.
3.11 terzo motivo che revoca in dubbio la sussistenza del delitto di truffa in relazione all’episodio contestato sub Q) reitera doglianze adeguatamente scrutinate in sede di merito e disattese con una motivazione priva di frizioni logiche. La vicenda è stata ricostruita dal prim giudice a pag. 37: grazie al segnalatore GPS collocato sulla Fiat Panda in uso a NOME, la Guardia di Finanza accertava la presenza, oltre al predetto veicolo, di quello in u ad COGNOME e COGNOME, fermo a luci spente vicino alla sbarra che delimitava l’accesso a capannone del COGNOME. La tesi che i due ricorrenti si trovassero lì per presidiare la zona di INDIRIZZO e vi rimasero venti minuti è stata confutata sulla scorta di argomenti con cui la difesa non si rapporta in termini puntuali, sollecitando una rilettura delle risult processuali preclusa in questa sede a fronte di un apprezzamento fattuale esente da illogicità e decisivi travisamenti.
La difesa sostiene, inoltre, che -poiché i due ricorrenti la sera del 14 aprile erano servizio esterno per ragioni di infortunistica stradale- la sosta contestata non integrerebbe u raggiro rilevante ai fini dell’integrazione della truffa. La tesi è priva di pregio dov escludersi, sulla base delle conformi sentenze di merito, che i prevenuti fossero all’interno de veicolo Doblò al momento dell’accertamento degli operanti o impegnati in attività di servizio nei pressi sicché la rilevata presenza dell’auto di servizio in uso ai ricorrenti unitamente quella del COGNOME dinanzi all’immobile del COGNOME depone in senso concludente per il trattenimento degli stessi nel casolare, impegnati in attività esulanti dal servizio. Né cons in atti che l’attività d’istituto assegnata agli imputati prevedesse la mera reperibilità in di incidenti all. circolazione, come sembra sostenere la difesa.
4.11 EEEEE IO motivo che lamenta l’erronea valutazione della prova testimoniale di NOME COGNOME è manifestamente infondato. La Corte d’Appello ha risposto ai rilievi difensivi a pag. 15 in maniera esauriente; in ogni caso la circostanza che si assume pretermessa, ovvero l’affermazione del teste circa il fatto che mai gli imputati avevano partecipato agli incon conviviali in divisa, è sfornita di decisività in quanto le soste presso il casolare mentr trovavano in servizio e vestivano la divisa risultano direttamente constatate dalla P.g operante con p,Wicolare riguardo ai capi O) e T).
Il CirZtt/I s motivo è fondato. La Corte di merito, infatti, pur avendo richiamato nella sintesi dei motivi d’appello le doglianze proposte in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131bis cod.pen., ha totalmente omesso la motivazione sul punto.
Il conclusivo motivo che revoca in dubbio la responsabilità concorsuale del ricorrente COGNOME in relazione alla fattispecie di falso contestata al capo V) è reiterativo di doglianze scrutinate e disattese con motivazione congrua fin dal primo grado (sent. Gup pagg. 45/46 e Corte d’Appello pag. 18). In particolare i giudici di merito hanno fatto corretta applicazion del principio secondo cui, ai fini dell’accertamento del concorso di persone nel reato, il giudi
di merito non è tenuto a precisare il ruolo specifico svolto da ciascun concorrente nell’ambito dell’impresa criminosa, essendo sufficiente l’indicazione, con adeguata e logica motivazione, delle prove sulle quali ha fondato il libero convincimento dell’esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall’agente alla realizzazione del reato (Sez 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268177-01). La preventiva condivisione da parte dell’imputato dell’alterazione dell’ordine di servizio materialmente posta in essere dal corre e l’esistenza di un rapporto di causalità efficiente tra l’attività incent del concorrente morale e quella ascrivibile all’autore materiale del reato sono stat argomentate sulla base dello stretto legame tra il COGNOME e l’COGNOME e del comune interesse a fornire una legittimazione postuma all’indebita sospensione del servizio la sera del 28/4/2017. Siffatta valutazione trova conforto nel complesso delle risultanze acquisite e, in particolare, nell’analoga annotazione riferibile al prevenuto apposta sullo stesso ordine d servizio in relazione all’irregolare missione che il ricorrente effettuò con il Sebastia Santarcangelo di Romagna nel pomeriggio, oggetto di contestazione al capo S), in ordine alla quale il primo giudice ha pronunziato assoluzione sull’assunto del difetto di dolo.
Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla valutazione circa l’applicabilità della causa di esclusione del punibilità ex art. 131 bis cod.pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Bologn e declaratoria d’inammissibilità dei residui motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione inerente alla causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad a Sezione della Corte d’Appello di Bologna. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente