Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28240 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 22/12/1993
avverso la sentenza del 12/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
li
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il ricorso si articola in tre motivi, i quali, oltre c manifestamente infondati, risultano tutti riproduttivi di profili di censura g prospettati in appello e già esaminati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una puntuale critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
osservato che, con specifico riguardo al censurato vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena, deve sottolinearsi che l’onere argomentativo del giudice sul punto è stato adeguatamente assolto, attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, in aderenza ai princ enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. (in particolare, si è sottolineat l’impossibilità di procedere ad una ulteriore riduzione della pena per la gravità del fatto commesso e il consistente danno procurato alla persona offesa, l’intensità del dolo con cui ha agito il ricorrente e per la manifestata capacità criminale da lui dimostrata);
osservato che, per quanto concerne, in particolare, l’omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., deve evidenziarsi come i giudici di appello abbiano posto a base del mancato riconoscimento di tale diminuente una congrua motivazione, in linea con il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui la configurabilità della speciale tenuità del danno presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievo che la persona offesa abbia subìto in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 28269 del 31/05/2023, Conte, Rv. 284868 – 01; Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep 2021, COGNOME, Rv. 280615-01; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241-01), sicché, con specifico riguardo al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e
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non censurabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie (si veda la pag.
3 della sentenza impugnata ove, per escludere detta attenuante, si fa riferimento oltre che alle non trascurabili conseguenze pregiudizievoli sotto il profilo
patrimoniale subite dalla persona offesa, anche all’aggressione fisica posta in essere dall’odierno ricorrente), risulta immune da vizi logico-giuridici (Sez. 2, n.
50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685-01; Sez. 2, n. 19308 del
20/01/2010, COGNOME, Rv. 247363- 01);
osservato che, infine, anche con riferimento al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche deve rilevarsi come la Corte territoriale – facendo riferimento alla gravità del reato, all’intensità del dolo, all’entità del danno patrimoniale
fisico procurato alla persona offesa, ai precedenti penali a carico del ricorrente, oltre che all’assenza di ogni qualsivoglia condotta riparatoria in favore della vittima
– abbia esposto una motivazione esente da vizi, dovendosi sul punto ribadire che: «In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di
fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati
nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.