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Danno in carcere: no accesso a fatture dopo accordo

Un detenuto, dopo aver danneggiato una cella e aver firmato un accordo per il risarcimento del danno in carcere, ha tentato di ottenere l’accesso alle fatture di riparazione, sostenendo che i lavori non fossero mai stati eseguiti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, applicando il principio della preclusione processuale. Avendo già accettato la quantificazione del danno, e data la presenza di precedenti decisioni definitive sulla stessa questione, il detenuto non aveva più il diritto di contestare le modalità di ripristino scelte dall’amministrazione penitenziaria.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno in Carcere: Una volta Accettato il Risarcimento, non si può più Contestare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18383/2025, ha ribadito un importante principio in materia di esecuzione penale: un detenuto che accetta formalmente di risarcire un danno in carcere non può, in un secondo momento, pretendere di accedere ai documenti relativi alle riparazioni per contestarne l’effettiva esecuzione. Questa pronuncia chiarisce i confini tra i diritti del detenuto e le prerogative dell’amministrazione penitenziaria, evidenziando il valore definitivo degli accordi sottoscritti.

I Fatti del Caso: dal Danneggiamento all’Accordo

La vicenda ha origine dal danneggiamento di alcuni locali di un istituto penitenziario da parte di un detenuto. In seguito all’evento, l’amministrazione ha quantificato i costi di ripristino e il detenuto ha sottoscritto un verbale di addebito, impegnandosi a restituire la somma a rate. Successivamente, tuttavia, lo stesso detenuto ha presentato un reclamo, chiedendo di accedere alle fatture e ai documenti relativi all’acquisto dei materiali (vernice, secchi) e all’esecuzione dei lavori di tinteggiatura. La sua tesi era di aver subito una truffa, sostenendo che le riparazioni non fossero mai state effettuate e che il danno, di fatto, non si fosse mai verificato.

Sia il Magistrato di Sorveglianza che il Tribunale di Sorveglianza hanno respinto la richiesta, sottolineando che la questione era stata ormai definita con l’accettazione del debito da parte del detenuto. Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione sul Danno in Carcere e la Preclusione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sul principio della preclusione processuale. I giudici hanno evidenziato come il detenuto avesse già presentato, in passato, istanze analoghe che erano state respinte con provvedimenti divenuti definitivi. La legge, in particolare l’art. 666 del codice di procedura penale, sancisce l’inammissibilità di una nuova istanza fondata sui medesimi presupposti di fatto e di diritto di una precedente già rigettata.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato le sue motivazioni su tre punti cardine:

1. L’irrevocabilità dell’accordo: Una volta che il detenuto ha riconosciuto il proprio debito nei confronti dell’amministrazione, sottoscrivendo un impegno al risarcimento, la questione del danno è da considerarsi accertata in modo definitivo e incontrovertibile. L’accordo chiude la controversia sull’esistenza e sulla quantificazione del pregiudizio.

2. L’autonomia dell’amministrazione: La Corte ha chiarito che, una volta acclarato il danno, le scelte relative a quando e come effettuare il ripristino rientrano nella piena discrezionalità dell’amministrazione danneggiata. Il responsabile del danno non ha alcun titolo per interloquire su queste decisioni, che attengono a una sfera prettamente civilistica. L’amministrazione potrebbe anche decidere di non riparare affatto il danno, senza che ciò incida sull’obbligo risarcitorio sorto in capo al detenuto.

3. L’inutilità dell’accesso agli atti: L’accesso alle fatture, richiesto dal detenuto per verificare la congruità della somma o l’effettiva esecuzione dei lavori, è stato ritenuto irrilevante. Poiché l’impegno a pagare è già stato assunto liberamente, un’eventuale verifica successiva non potrebbe comunque modificare la sua posizione debitoria. L’accesso agli atti non può essere utilizzato per rimettere in discussione questioni già definite.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza il valore del principio di preclusione nel procedimento di sorveglianza e la natura vincolante degli accordi risarcitori sottoscritti da un detenuto. La decisione stabilisce un chiaro limite al diritto di accesso agli atti: tale diritto non può essere esercitato per finalità dilatorie o per contestare questioni ormai irrevocabilmente decise. Chi accetta di risarcire un danno in carcere si assume un’obbligazione che non può essere messa in discussione sulla base delle successive scelte gestionali dell’amministrazione penitenziaria.

Un detenuto che ha accettato di pagare per un danno causato in carcere può successivamente chiedere di vedere le fatture per le riparazioni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, una volta che il danno è stato accertato e il detenuto ha accettato di risarcirlo, non ha più titolo per contestare le modalità, i tempi o l’effettiva esecuzione del ripristino da parte dell’amministrazione.

Cosa significa “preclusione processuale” in questo contesto?
Significa che una questione già decisa con un provvedimento definitivo non può essere riproposta davanti a un giudice. Poiché il detenuto aveva già presentato istanze simili che erano state respinte in via definitiva, il suo nuovo ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Oltre alla conferma della decisione impugnata, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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