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Danno erariale: la Cassazione sul risarcimento

La Corte di Cassazione affronta un complesso caso di contrabbando e associazione per delinquere, chiarendo i confini del danno erariale risarcibile in sede penale. La sentenza distingue nettamente tra la pretesa dell’Agenzia delle Dogane, ammessa al risarcimento, e quella dell’Agenzia delle Entrate, esclusa poiché deve agire con gli strumenti di riscossione coattiva. Viene stabilito che il danno per l’erario, quando l’illecito è commesso da terzi rispetto al contribuente, può coincidere con l’imposta evasa, a condizione che l’amministrazione dimostri la perdita del credito.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno erariale: risarcimento possibile solo a precise condizioni

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta su un tema complesso e di grande rilevanza pratica: la risarcibilità del danno erariale nel processo penale. La pronuncia chiarisce quando l’evasione fiscale può configurare un danno civile per le agenzie fiscali e quali sono i limiti della loro azione risarcitoria nei confronti di soggetti imputati per reati come il contrabbando e l’associazione per delinquere.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa indagine su un’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi. Attraverso simulate esportazioni verso Paesi extra-UE, una società sottraeva sistematicamente i propri prodotti al pagamento delle accise, immettendoli illecitamente nel mercato europeo. Nel processo penale, si sono costituite come parti civili sia l’Agenzia delle Dogane, per il mancato versamento delle accise, sia l’Agenzia delle Entrate, per l’IVA evasa.

Dopo le sentenze di primo e secondo grado, la Corte di Cassazione aveva annullato la decisione d’appello con rinvio, sollevando questioni sulla quantificazione della confisca e sulla legittimità delle pretese risarcitorie delle amministrazioni finanziarie. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva revocato le statuizioni civili nei confronti di entrambe le agenzie. Contro questa decisione, le amministrazioni hanno nuovamente proposto ricorso per cassazione.

Il Danno Erariale e la Decisione della Corte

La Suprema Corte opera una distinzione fondamentale tra la posizione dell’Agenzia delle Dogane e quella dell’Agenzia delle Entrate, accogliendo il ricorso della prima e rigettando quello della seconda. Questo approccio differenziato rappresenta il cuore della decisione sul danno erariale.

La Posizione dell’Agenzia delle Entrate

Per quanto riguarda l’IVA evasa, la Cassazione conferma la decisione del giudice di rinvio. Viene affermato che, sebbene la condotta illecita abbia causato la mancata imposizione dell’IVA, l’Agenzia delle Entrate dispone di specifici strumenti di riscossione coattiva previsti dall’ordinamento tributario. La sua pretesa non può essere qualificata come un diritto al risarcimento del danno da far valere nel processo penale, ma rimane un’obbligazione tributaria da riscuotere nelle sedi appropriate. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate non può essere considerata “soggetto danneggiato” ai fini dell’azione civile in sede penale.

La Posizione dell’Agenzia delle Dogane

La Corte ribalta invece la decisione riguardo all’Agenzia delle Dogane. Richiamando i principi delle Sezioni Unite Civili, la sentenza stabilisce che quando il reato (in questo caso il contrabbando) è commesso da una persona diversa dal contribuente (la società), il danno erariale può coincidere con il tributo evaso.

In questa ipotesi, il risarcimento è dovuto a condizione che l’amministrazione finanziaria alleghi e dimostri la perdita del credito o la ragionevole probabilità della sua infruttuosa esazione. Spetta all’amministrazione provare l’esistenza del credito, la sua perdita e il nesso causale con la condotta degli imputati. Nel caso di specie, essendo la società contribuente dichiarata fallita, la probabilità di non riuscire a riscuotere il credito è concreta, legittimando così la richiesta di risarcimento del danno nei confronti dei soggetti terzi responsabili del reato.

Le Motivazioni

La Corte motiva la sua decisione basandosi su un’interpretazione rigorosa dei principi che regolano il rapporto tra obbligazione tributaria e risarcimento del danno. Il tributo evaso non si trasforma automaticamente in un danno risarcibile. Diventa tale solo a determinate condizioni, che variano a seconda che l’autore del reato sia il contribuente stesso o un terzo. Se è il contribuente, il danno risarcibile è solo quello “ulteriore e diverso” rispetto al tributo (ad esempio, le spese per la riscossione). Se, come nel caso esaminato, l’autore del reato è un terzo che ha causato la perdita del credito per l’erario, allora il danno può coincidere con l’imposta stessa. La Corte sottolinea che spetta all’amministrazione l’onere di provare tale perdita. Infine, la sentenza riconosce anche la possibilità di un danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, derivante dalla percezione di inefficienza o collusione generata da reati doganali.

Conclusioni

Questa sentenza offre un importante chiarimento sui limiti e le condizioni per la richiesta di risarcimento del danno erariale nel processo penale. Si consolida il principio per cui l’azione civile delle agenzie fiscali non è automatica, ma richiede una prova specifica della perdita del credito, specialmente quando l’illecito è attribuito a soggetti diversi dal debitore d’imposta. La decisione riafferma la distinzione tra gli strumenti di riscossione tributaria e l’azione risarcitoria, indirizzando correttamente le amministrazioni verso le procedure più appropriate per tutelare le proprie ragioni.

Quando l’evasione di un tributo costituisce un danno erariale risarcibile nel processo penale?
Secondo la sentenza, il danno risarcibile si configura in modo diverso a seconda di chi commette il reato. Se l’autore è il contribuente, il danno è solo quello ulteriore rispetto al tributo (es. costi di riscossione). Se l’autore è un terzo, il danno può coincidere con l’importo del tributo evaso, ma solo se l’amministrazione finanziaria dimostra di aver perso il credito o che la sua riscossione sia diventata improbabile a causa della condotta del terzo.

Perché la richiesta di risarcimento dell’Agenzia delle Dogane è stata accolta e quella dell’Agenzia delle Entrate respinta?
La richiesta dell’Agenzia delle Entrate è stata respinta perché la Corte ha ritenuto che essa dovesse avvalersi degli strumenti di riscossione coattiva per recuperare l’IVA, non potendosi considerare “danneggiata” ai fini dell’azione civile penale. Al contrario, la richiesta dell’Agenzia delle Dogane è stata accolta perché gli imputati erano persone diverse dal contribuente (la società fallita) e la loro condotta ha causato una concreta probabilità di perdita del credito relativo alle accise, configurando un danno risarcibile.

Quali sono i poteri del giudice che deve decidere nuovamente una causa dopo un annullamento della Cassazione?
Il giudice del rinvio, pur dovendo rispettare i principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, ha pieni poteri di cognizione. Può riesaminare l’intero materiale probatorio e giungere a conclusioni diverse da quelle del precedente giudice di merito, purché la sua decisione sia adeguatamente motivata e non si basi sugli stessi argomenti già censurati dalla Cassazione come illogici o carenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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