Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25780 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25780 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 09/09/1993
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 7 ottobre 2024 la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza emessa il .3settembre 2018 dal Tribunale di Reggio Emilia, con la quale gli imputati NOME NOME e NOME erano stati dichiarati colpevoli del reato di rapina aggravata in concorso e condannati alle pene di legge.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il solo Veneziano, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen.
Evidenziava che si era trattato della sottrazione dai banchi di un supermercato di generi alimentari di modestissimo valore, che nessuna violenza era stata esercitata nei confronti della parte offesa NOME VeraCOGNOME addetta alle vendite, e che la frase proferita all’esito dell’intervento dei militari operanti er stata dettata da uno stato di profonda agitazione e confusione del Veneziano.
Richiamava, per altro verso, la sentenza n. 86/2024 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dei primi due commi dell’art. 628 cod. pen. nella parte in cui non prevedevano che la pena comminata fosse diminuita in misura non eccedente un terzo per il caso in cui il danno fosse risultato di lieve entità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha, invero, reso una motivazione immune da vizi in relazione all’esclusione dell’invocata attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, effettuando congruo richiamo all’orientamento di questa Corte secondo il quale ai fini della valutazione della sussistenza di un danno patrimoniale di speciale tenuità deve farsi riferimento non solo al danno economico ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alle persone offese dalla condotta delittuosa complessivamente valutata (cfr. Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, Nafi, Rv. 287095 – 02, che ha statuito che, ai fini della configurabilità, in relazione al delitto di rapina, della circostan attenuante del danno di speciale tenuità, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto “de quo”, che lede, oltre al patrimonio, anche la libertà e l’integrità fisica morale del soggetto aggredito per la realizzazione del profitto, sicché può farsi luogo all’applicazione della predetta attenuante solo nel caso in cui sia di speciale tenuità la valutazione complessiva dei pregiudizi arrecati ad entrambi i beni tutelati).
Ha osservato in particolare, la Corte di merito che nella specie la parte offesa era stata “fisicamente aggredita gravemente minacciata anche in presenza dei Carabinieri intervenuti”, avendo il ricorrente pronunciato all’indirizzo della vittima la frase “Appena esco da qua ti vengo a trovare e giuro
che ti ammazzo”, traendo da tali elementi di fatto conseguenze del tutto logiche
in punto di insussistenza dell’attenuante invocata.
Deve, sotto altro profilo, osservarsi, in relazione al richiamato intervento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 86/2024, che la ritenuta
gravità del fatto esclude che lo stesso possa essere valutato di lieve entità, ai sensi e per gli effetti di cui alla citata sentenza del Giudice delle leggi.
2. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”,
deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025