Danno di Speciale Tenuità nei Reati Tentati: La Cassazione Richiede Certezza Assoluta
L’applicazione delle circostanze attenuanti nel diritto penale rappresenta un momento cruciale per la commisurazione della pena. Una di queste, la circostanza del danno di speciale tenuità, assume contorni particolarmente complessi quando applicata ai reati non portati a compimento. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per concedere tale attenuante in un reato tentato, è necessaria la prova certa che il danno, se il crimine fosse stato completato, sarebbe stato minimo. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti e il Ricorso per Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte di Appello di Torino. L’imputato lamentava, tra le altre cose, il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale, in relazione a un reato solo tentato. Il ricorrente sosteneva che la Corte di merito avesse errato nel negargli questo beneficio.
Il ricorso si fondava su due motivi principali:
1. Una critica all’affermazione di responsabilità, che la Cassazione ha subito liquidato come inammissibile. Il motivo era infatti una mera riproposizione di argomenti già discussi e respinti in appello, privo di quella specificità necessaria per criticare efficacemente la sentenza impugnata.
2. La contestazione, appunto, del mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità.
La Questione del Danno di Speciale Tenuità nel Tentativo
La questione giuridica centrale è la seguente: come si può valutare un “danno” in un reato che, per definizione, non è giunto a compimento? La legge prevede l’attenuante per chi ha cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di speciale tenuità. Ma nel tentativo, il danno patrimoniale finale non si è verificato.
La giurisprudenza ha da tempo risolto questo dilemma introducendo il concetto di “giudizio ipotetico”: il giudice deve immaginare cosa sarebbe successo se l’azione criminale fosse stata portata a termine. La decisione della Cassazione si concentra proprio sui criteri per condurre correttamente questo giudizio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si basa su un consolidato orientamento giurisprudenziale, incluse le Sezioni Unite (sentenza n. 28243 del 2013).
Il principio cardine è che l’attenuante del danno di speciale tenuità è applicabile al delitto tentato solo quando è possibile desumere con certezza, sulla base delle modalità concrete del fatto, che se il reato fosse stato completato, il danno patrimoniale per la vittima sarebbe stato di rilevanza minima.
Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, spiegando perché non sussisteva tale certezza. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione logica e corretta, evidenziando come la difesa non fosse riuscita a fornire elementi concreti per supportare un giudizio ipotetico di segno opposto. In assenza di questa certezza assoluta, l’attenuante non può essere concessa. La semplice possibilità o probabilità che il danno sarebbe stato lieve non è sufficiente.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un importante principio di rigore nella valutazione delle circostanze attenuanti per i reati tentati. La decisione implica che l’onere di dimostrare la minima rilevanza del potenziale danno ricade, di fatto, sull’imputato che invoca l’attenuante. Non basta affermare genericamente che il danno sarebbe stato esiguo; è necessario che dagli atti del processo emergano elementi fattuali inequivocabili che conducano a tale conclusione in modo certo.
Per gli operatori del diritto, questo significa che la richiesta di applicazione dell’art. 62, n. 4 c.p. in un contesto di reato tentato deve essere supportata da un’analisi dettagliata e rigorosa delle modalità dell’azione. In mancanza di questa certezza, i giudici sono tenuti a negare il beneficio. La conseguenza per il ricorrente è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile applicare l’attenuante del danno di speciale tenuità a un reato solo tentato?
Sì, è possibile, ma solo a condizione che si possa desumere con assoluta certezza, basandosi sulle modalità del fatto e su un preciso giudizio ipotetico, che il danno patrimoniale per la vittima sarebbe stato di minima rilevanza se il reato fosse stato portato a compimento.
Perché un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile se è una ripetizione di argomenti già discussi?
Perché il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Un motivo che si limita a ripetere le argomentazioni già respinte in appello, senza criticare specificamente gli errori di diritto della sentenza impugnata, è considerato non specifico e quindi inammissibile.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la conferma della decisione impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44164 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44164 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE nato a ACQUI TERME il 07/06/1977
avverso la sentenza del 30/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce il vizio di violazione di legge in ordine all’affermazione di responsabilità per il tentativo del reato di cui all’art. 55 comma 9 D. Lgs. 231/2007 – oggi confluito nell’art. 493-ter cod. pen. – , non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 3 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto appa,renti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 comma primo n. 4 cod. pen. è manifestamente infondato a fronte di una corretta e non illogica motivazione da parte della corte di appello la quale ha fatto buon uso dei principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità è applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima» (Sez. U, n. 28243 del 28/03/2013, COGNOME, Rv. 255528; Sez. 2, n. 22130 del 04/04/2014, COGNOME, Rv. 259980; Sez. 5, n. 42819 del 19/06/2014, COGNOME, Rv. 261044; Sez. 5, n. 2910 del 07/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285845);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.