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Danno di speciale tenuità: no se c’è violenza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18989/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava la mancata applicazione dell’attenuante per danno di speciale tenuità in un caso di rapina. La Corte ha ribadito che, data la natura plurioffensiva del reato, la valutazione non può limitarsi al valore esiguo del bene sottratto, ma deve necessariamente considerare anche il danno alla persona derivante dalla violenza o minaccia subita dalla vittima.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno di speciale tenuità: perché nella rapina non basta il valore esiguo del bottino

L’applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità è un tema di grande interesse nel diritto penale, specialmente quando si tratta di reati complessi come la rapina. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui criteri di valutazione, sottolineando come il modesto valore della refurtiva non sia l’unico elemento da considerare. La decisione evidenzia la necessità di un’analisi più ampia, che tenga conto di tutti gli aspetti lesivi del reato.

Il Caso in Esame: Rapina e la Richiesta di Attenuante

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia. La difesa contestava la mancata applicazione della circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 6, del codice penale, ovvero quella del danno di speciale tenuità. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel negare il beneficio, non considerando adeguatamente il valore minimo del bene sottratto.

L’Attenuante del Danno di Speciale Tenuità nella Rapina

Per comprendere appieno la portata della decisione, è fondamentale analizzare la natura del reato di rapina. Questo delitto si definisce ‘plurioffensivo’, poiché non lede unicamente il patrimonio della vittima (come avviene nel furto), ma aggredisce anche altri beni giuridici fondamentali, quali la libertà personale e l’integrità fisica e morale. La condotta, infatti, si realizza attraverso l’uso di violenza o minaccia.

La Natura Plurioffensiva del Reato di Rapina

È proprio questa duplice offesa a costituire il fulcro del ragionamento della Cassazione. I giudici hanno ribadito un principio di diritto consolidato: la valutazione per il riconoscimento dell’attenuante in esame non può essere limitata al solo aspetto patrimoniale. È indispensabile considerare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona. L’impatto psicologico e fisico della violenza o della minaccia subita dalla vittima assume un peso determinante nell’analisi complessiva della gravità del fatto.

L’Irrilevanza della Sola Quietanza della Vittima

Un altro aspetto interessante toccato dall’ordinanza riguarda il risarcimento del danno. Anche qualora la parte offesa rilasci una ‘quietanza integralmente liberatoria’, dichiarando di essere stata pienamente risarcita, ciò non vincola automaticamente il giudice a concedere l’attenuante. Spetta sempre al magistrato valutare, nel suo libero convincimento, se il risarcimento corrisponda a un effettivo ravvedimento del reo e a una reale neutralizzazione della sua pericolosità sociale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata giuridicamente corretta e logicamente ineccepibile. I giudici di legittimità hanno spiegato che la decisione impugnata si è allineata perfettamente alla giurisprudenza consolidata, la quale impone, per il reato di rapina, una valutazione che vada oltre il ‘modestissimo valore del bene mobile sottratto’. È necessario, infatti, ‘valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro cui la violenza o la minaccia sono state esercitate’. Di conseguenza, il solo fatto che il bottino fosse di scarso valore non era sufficiente a giustificare la concessione dell’attenuante.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 18989/2024 della Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale: nella valutazione del danno di speciale tenuità per il reato di rapina, il giudice deve adottare una prospettiva olistica. L’analisi non può essere parziale e limitata al solo danno patrimoniale, ma deve estendersi a tutte le conseguenze pregiudizievoli subite dalla vittima, incluse quelle di natura non patrimoniale. Questa pronuncia serve da monito, ricordando che la tutela della persona ha un ruolo centrale anche nei reati contro il patrimonio, quando questi vengono perpetrati con modalità aggressive e lesive della dignità individuale.

Per concedere l’attenuante del danno di speciale tenuità in una rapina, è sufficiente considerare solo il basso valore del bene rubato?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, la rapina è un reato plurioffensivo che lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona. Pertanto, la valutazione deve includere anche gli effetti dannosi derivanti dalla violenza o dalla minaccia esercitata sulla vittima.

Se la vittima di un reato rilascia una quietanza dichiarando di essere stata completamente risarcita, il giudice è obbligato a concedere l’attenuante del risarcimento?
No, una quietanza integralmente liberatoria non è di per sé vincolante per il giudice. La valutazione dell’avvenuto ravvedimento del reo e della neutralizzazione della sua pericolosità sociale, che il risarcimento del danno implica, è rimessa al libero e insindacabile apprezzamento del giudice.

Qual è il principio di diritto affermato dalla Cassazione riguardo l’attenuante del danno lieve nella rapina?
Il principio affermato è che la configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità nel delitto di rapina richiede una valutazione complessiva che non si limiti al modestissimo valore del bene sottratto, ma consideri anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona (violenza o minaccia), data la natura plurioffensiva del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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