Danno di Speciale Tenuità: Quando il Valore del Furto Non Basta
L’attenuante del danno di speciale tenuità è un concetto cruciale nel diritto penale, capace di ridurre la pena per chi ha commesso un reato patrimoniale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del pregiudizio causato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su come i giudici interpretano questo principio, specialmente in casi di furto aggravato.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per furto aggravato. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sua responsabilità penale, limitandosi a ridurre l’entità della pena. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una critica generica all’affermazione di responsabilità e alla valutazione delle prove, accusando la sentenza di vizi di motivazione.
2. La contestazione del mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità.
La Valutazione del Danno di Speciale Tenuità da Parte della Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta. Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto eccessivamente generico e, soprattutto, perché tentava di sollecitare una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Cassazione si limita a controllare la corretta applicazione della legge, non a rifare il processo.
Il punto focale della decisione, tuttavia, risiede nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha ritenuto la richiesta dell’attenuante manifestamente infondata. I giudici hanno sottolineato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione logica e coerente per escludere il danno di speciale tenuità.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si basa su un principio fondamentale: per valutare la speciale tenuità del danno, non basta guardare al valore economico del bene rubato. È necessario, invece, considerare l’impatto complessivo dell’azione illecita. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che il danno cagionato e il profitto conseguito dall’imputato non potevano essere considerati minimi. La valutazione teneva conto non solo del valore del bene oggetto di furto, ma anche dei beni danneggiati durante l’azione e degli ulteriori effetti pregiudizievoli prodotti. In sostanza, il giudice deve effettuare una valutazione globale, che comprenda tutte le conseguenze economiche negative subite dalla vittima. Poiché tale valutazione era stata compiuta in modo logico e completo, non c’era spazio per contestarla in Cassazione.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: la concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità richiede un’analisi complessiva del pregiudizio economico. Non è sufficiente che l’oggetto rubato abbia un valore modesto se l’azione criminosa ha causato altri danni o conseguenze negative. Questa decisione serve come monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge specifici e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una terza valutazione del merito della vicenda. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e l’imputato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché era caratterizzato da estrema genericità e mirava a ottenere una rilettura alternativa delle fonti di prova, attività non consentita in sede di legittimità, dove la Corte di Cassazione valuta solo la corretta applicazione della legge.
Come si valuta il danno per concedere l’attenuante della speciale tenuità?
La valutazione non si limita al mero valore economico del bene rubato, ma deve considerare l’intero pregiudizio causato, includendo il valore dei beni danneggiati e qualsiasi altro effetto pregiudizievole prodotto dall’azione illecita.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11818 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11818 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 21/06/1997
avverso la sentenza del 26/04/2024 della CORTE APPELLO dì PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, che ha confermato la sentenza di primo grado in punto di responsabilità, riducendo la pena inflitta per il delitto di furto aggravato;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione – con il quale il ricorso denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato e alla valutazione delle prove – sia inammissibile, in quanto caratterizzato da estrema genericità e rivolto a realizzare una lettura alternativa delle fonti probatorie, non consentita in sede di legittimità;
ritenuto che il secondo motivo del ricorso – con il quale il ricorrente denuncia il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità – sia manifestamente infondato, avendo la sentenza motivato, in maniera niente affatto illogica, che il danno cagionato e il lucro conseguito non potevano collocarsi entro la cornice della speciale tenuità avuto riguardo alla non esiguità del valore economico del bene oggetto di furto, dei beni danneggiati e degli ulteriori effetti pregiudizievoli prodotti dall’azione illecita (si ve in particolare, la pag. 3 del provvedimento impugnato);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26 febbraio 2025.