Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10440 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10440 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MONTESILVANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che non è stata formulata richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Lette la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 219 I. fall. e l’inammissibilità del ricorso nel resto, nonché la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, per l’annullamento sul punto relativo alla circostanza attenuante di cui all’art. 219 I. fall.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 04/04/2023, la Corte di appello di L’Aquila corretto l’errore materiale relativo alla durata delle pene accessorie fallimentari determinata in anni due e non in anni dieci – ha confermato la sentenza con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, COGNOME NOME, quale socio accomandatario di RAGIONE_SOCIALE e quale titolare dell’omonima ditta individuale, dichiarate fallita il 29/09/2015 e il 03/09/2015, era stato condannato per bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni aziendali attraverso l’affitto e poi la cessione per euro 900 di un ramo d’azienda avente ad oggetto attività di autotrasporto a RAGIONE_SOCIALE, amministrata dalla madre, per bancarotta per distrazione di un complesso aziendale attraverso la cessione di un ramo di azienda a RAGIONE_SOCIALE amministrata da NOME COGNOME, che a sua volta lo cedeva a RAGIONE_SOCIALE, per bancarotta preferenziale, cedendo alla società RAGIONE_SOCIALE un credito vantato nei confronti della COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 1 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza della legge e vizi di motivazione in ordine al giudizio di colpevolezza sotto il profilo oggettivo e sotto quello soggettivo, non sussistendo gli elementi per l’affermazione di responsabilità del ricorrente, come dedotto dalla difesa e sottoposto al vaglio dei giudice di appello, come ad esempio l’assoluzione del coimputato COGNOME, il che avrebbe dovuto condurre alla riforma totale della condanna in primo grado di COGNOME, laddove il contratto di affitto quinquennale del ramo d’azienda, non comprensivo di immobili, era conveniente per la ditta individuale (consentendole di liberarsi dei costi di manutenzione di gestione di beni vetusti e obsoleti) e per i suoi creditori, tanto è vero che lo stesso curatore non lo ha invalidato. Anche la diversa cessione del ramo d’azienda da parte del ramo d’azienda da parte della ditta individuale alla RAGIONE_SOCIALE consistente nell’attività di autotrasporto, a fronte del corrispettivo di 900 euro, ha consentito l’alleggerimento di costi di gestione, fiscali e amministrativi, limitandosi a cedere come bene una singola benna per scavatore, il che esclude la consapevole volontà di compiere atti suscettibili di arrecare danno ai creditori.
Anche la cessione di ramo d’azienda a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto lo stoccaggio e il recupero di materiali inerti ha fruttato alla ditta individuale 5 mila euro in corrispettivo di beni strumentali di scarso valore, con abbattimento dei
costi di manutenzione e fiscali, laddove COGNOME è stato assolto perché il fatto non costituisce reato, con argomenti che andavano attentamente analizzati dalla Corte di appello.
Quanto alla bancarotta preferenziale, il pagamento effettuato a favore della società RAGIONE_SOCIALE è intervenuto ben due anni e sei mesi prima della dichiarazione di fallimento, ossia in un periodo antecedente e lontano quando l’imputato non era ancora in una situazione in insolvenza.
Non sussiste l’elemento soggettivo, in quanto nel lungo periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento, la situazione della ditta individuale, anche se definibile di difficoltà finanziaria, era tale da poter essere comunque risolta e arginata, in quanto titolare di ingenti crediti, superiori a un milione di euro, come riferito dal teste COGNOME ed evidenziato dalla relazione del curatore, essendo emerso che le operazioni erano funzionali a pagare i dipendenti. Analoghi dati sono stati riferiti a proposito della società.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 219 I. fall. e vizi di motivazione in ordine all’applicazione della circostanza aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, non essendo nessuno dei fatti contestati riconducibile nei genus della bancarotta per distrazione.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 219, u.c., I. fall. e vizi motivazione in ordine al diniego dell’applicazione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, erroneamente giustificato sulla base dell’entità del passivo invece che dell’entità del valore delle distrazioni.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decrel:o-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte NOME COGNOME ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 219 I. fall. e per l’inammissibilità del ricorso nel resto. Il difensore del ricorrente AVV_NOTAIO ha depositato una memoria che conclude per l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, per l’annullamento sul punto relativo al circostanza attenuante di cui all’art. 219 I. fall.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è solo in parte fondato.
In limine, deve rilevarsi il decorso del termine di prescrizione per il reato di bancarotta preferenziale, perfezionatosi il 29/03/2023.
Non emergono, alla luce della sentenza impugnata, elementi che debbano comportare, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., il proscioglimento nel merito dell’imputato. Al riguardo, occorre osservare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee a escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione c:he il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu ocu/i, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244274). Nel caso di specie, le doglianze del ricorrente, lungi dall’evidenziare elementi dm per sé stessi direttamente indicativi della insussistenza del reato addebitato, risultano in grado di condurre, al più, ad annullare con rinvio la sentenza impugnata, rinvio, tuttavia, inibito, poiché, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in ckianto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275). Pertanto, in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato di bancarotta preferenziale è estinto per prescrizione, restando assorbite le doglianze formulate al riguardo nel corpo del primo motivo.
Le ulteriori doglianze articolate con il primo motivo e con il secondo non meritano accoglimento.
3.1. La Corte distrettuale ha rilevato che la crisi della società si era già manifestata nel 2011 con una perdita di esercizio maggiore di 100 mila euro ed era del tutto evidente nel 2012, quando la perdita di esercizio aveva oltrepassato i 300 mila euro, mentre nel 2014 una società ne aveva chiesto il fallimento. L’affitto del ramo d’azienda avente a oggetto l’attività di demolizione, movimento terra, sistemazione stradale e autotraspoito per conto terzi a D.G.L. e la successiva cessione alla stessa società del ramo d’azienda relativo al trasporto per conto terzi sono intervenuti un anno e mezzo e tre mesi prima del fallimento, mentre la cessione del ramo d’azienda relativo allo stoccaggio e al recupero di rifiuti a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (che poi, a sua volta, lo cedette a RAGIONE_SOCIALE) fu realizzato otto mesi prima del fallimento. Osserva il giudice di appello che a fronte di tali significativi elementi non vale ad escludere l’elemento soggettivo del reato la
presenza di crediti, la cui riscossione era una mera aspettal:iva, priva di alcuna concretezza, laddove le varie cessioni, direttamente o indirettamente, a società facenti capo alla madre dell’imputato, medo tempore deceduta ma già all’epoca di età avanzata, rende ragione, nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, della finalità perseguita attraverso le tre operazioni, ossia, sottrarre i beni alla massa fallimentare, così arrecando un evidente pregiudizio al ceto creditorio. Quanto poi ai presunti vantaggi che sarebbero giunti dalle operazioni in questione, osserva il giudice di appello, che i canoni d’affitto del ramo d’azienda inerente al trasporto per conto terzi risultano versati solo in parte, mentre l’assoluzione di COGNOME è stata determinata dall’esclusione dell’elemento soggettivo, a sua volta ricollegata alla sua estraneità al fallimento, il che, osserva il giudice di appello, non può dirsi nei confronti di COGNOME, ideatore dell’operazione.
3.2. Le doglianze proposte dal ricorso non sono fondate, presentando anzi profili di inammissibilità.
L’appello aveva insistito sulla distanza temporale tra fatti ascritti come distrattivi e fallimento, ma la sentenza impugnata ha congruamente risposto sul punto, tanto più che, come chiarito dalle Sezioni unite, i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804 – 01).
Il ricorso, invece, insiste, sui presunti vantaggi che sarebbero scaturiti dalle operazioni, ma, oltre a non dar conto di avere puntualmente devoluto al giudice di appello tali deduzioni, per un verso non si confronta con i dati rimarcati dal giudice di appello (il pagamento solo parziale dei canoni di una delle cessioni di affitto di ramo di azienda), mentre, per altro verso, continua a far leva, sul piano dell’attivo, sui crediti rivelatesi mere aspettative prive di concreta possibilità d effettiva esazione, come puntualmente rimarcato dalla Corte di appello. Rilievo, questo, che rende ragione dell’infondatezza delle doglianze relative alla sussistenza dell’elemento soggettivo.
Più in generale, la Corte distrettuale ha ricostruito in termini unitari il “significato” delle operazioni direttamente o indirettamente f,per il tramite del “passaggio” intermedio attraverso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) finalizzate alla cessione a favore di NOME (amministrata dall’anziana madre del ricorrente), ossia sottrarre i beni alla massa fallimentare, arrecando un evidente pregiudizio ai creditori: al riguardo, il ricorso è del tutto carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849).
3.3. Dall’infondatezza delle censure relative ai fatti distrattivi di cui al primo motivo discende l’infondatezza anche del secondo motivo, che, facendo leva sulla ritenuta insussistenza delle contestate dist:razioni, deve essere rigettato per le ragioni appena esposte.
Il terzo motivo deve essere accolto. La Corte distrettuale ha confermato il diniego dell’applicazione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità richiamando l’entità del passivo fallimentare, ma, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte in tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, I. fall., va valutata in relazicne all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 277658 – 01). Pertanto, in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla competente Corte di appello di Perugia, che si uniformerà al principio di diritto richiamato.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di bancarotta preferenziale, in quanto estinto per prescrizione, con rinvio per nuovo giudizio alla competente Corte di appello di Perugia limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 219 I. fall. (nonché, per l’effetto, al trattamento sanzionatorio), mentre nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche il reato di bancarotta preferenziale e’ estinto per prescrizione.
Annulla la medesima sentenza limitatamente all’attenuante di cui all’articolo 219 I. fall. con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 31/01/2024.