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Danno di rilevante gravità: prova necessaria per l’aggravante

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7472/2024, ha annullato la decisione di una Corte d’Appello riguardo l’applicazione dell’aggravante del danno di rilevante gravità in un caso di furto. La Corte ha stabilito che non è sufficiente affermare che i beni rubati (monili d’oro) abbiano un valore elevato; è necessaria una motivazione specifica basata su elementi concreti come peso, pregio o valore di mercato. In assenza di tale prova, la motivazione è considerata ‘apparente’ e l’aggravante non può essere confermata. La condanna per il reato base di furto è rimasta invece confermata.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno di rilevante gravità: non basta dire che è oro

L’applicazione dell’aggravante per danno di rilevante gravità nel reato di furto richiede una motivazione solida e basata su prove concrete. Non è sufficiente che i beni sottratti siano d’oro per presumere automaticamente un danno ingente. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 7472 del 2024, che annulla con rinvio una decisione della Corte d’Appello proprio per carenza di motivazione su questo punto cruciale.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato per furto aggravato in abitazione ai danni di un parente presso cui aveva vissuto. Dopo essere stato allontanato in seguito alla nomina di un amministratore di sostegno per la vittima, l’imputato si era introdotto nuovamente nell’abitazione, impossessandosi di vari beni, tra cui diversi monili d’oro. La refurtiva era stata successivamente rinvenuta presso l’abitazione dell’imputato.

Sia in primo grado che in appello, l’uomo veniva riconosciuto colpevole. La Corte d’Appello, in particolare, confermava la responsabilità penale e l’esistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità, pur revocando la provvisionale. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione, contestando, tra le altre cose, proprio la sussistenza di tale aggravante per mancanza di prove sul valore effettivo dei beni sottratti.

La valutazione del danno di rilevante gravità

La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse confermato l’aggravante in modo assertivo, senza alcun elemento concreto a supporto. In atti vi erano solo fotografie dei monili che non permettevano di valutarne il pregio o il peso. Mancava, quindi, una stima oggettiva del valore economico del danno, elemento indispensabile per poter affermare la sua ‘rilevante gravità’ ai sensi dell’art. 61 n. 7 del codice penale.

La Corte di Cassazione ha accolto questo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse meramente ‘apparente’. I giudici di secondo grado si erano limitati a dichiarare che ‘il valore dei soli oggetti d’oro sottratti… attesta senza dubbio la sussistenza della contestata aggravante’, senza però fornire alcun dato fattuale a sostegno di tale affermazione.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: per valutare il danno di rilevante gravità, il criterio principale è l’entità oggettiva del danno, parametrata al livello economico medio della società al momento del fatto. L’aggettivo ‘rilevante’ impone di alzare la soglia di valutazione. Un danno è ‘rilevante’ quando il suo importo lo rende immediatamente percepibile come tale. Il criterio sussidiario, ovvero il riferimento alle condizioni economiche della persona offesa, può essere utilizzato solo quando il valore oggettivo del danno è borderline, tale da rendere dubbia la sua rilevanza.

Nel caso di specie, mancava qualsiasi indicazione sul valore dei monili. La semplice circostanza che fossero d’oro non è, di per sé, sufficiente a dimostrare un danno ingente. Senza indicazioni su peso, caratura, pregio o valore di mercato, l’affermazione della Corte d’Appello si riduce a una congettura, una motivazione apparente che non soddisfa l’obbligo di giustificare la decisione sulla base delle prove processuali.

Le conclusioni

La Cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari per un nuovo giudizio sul punto. I giudici del rinvio dovranno motivare in modo concreto e non assertivo sulla sussistenza o insussistenza dell’aggravante, basandosi su elementi di prova oggettivi. Questa pronuncia conferma che nel processo penale le affermazioni generiche non hanno spazio: ogni elemento, specialmente se idoneo a inasprire la pena, deve essere rigorosamente provato e adeguatamente motivato.

Per applicare l’aggravante del danno di rilevante gravità è sufficiente che i beni rubati siano d’oro?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non basta la natura del bene (es. oro) per giustificare l’aggravante. È necessaria una motivazione basata su elementi di prova concreti che dimostrino l’effettivo e significativo valore economico del danno, come il peso, il pregio o una perizia di stima.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in una sentenza?
Si ha una motivazione ‘apparente’ quando il giudice utilizza formule generiche, assertive o tautologiche che sembrano giustificare una decisione ma che in realtà sono prive di un’analisi specifica delle prove e dei fatti del caso. Equivale, in sostanza, a una mancanza di motivazione e costituisce un vizio che può portare all’annullamento della sentenza.

Qual è il criterio principale per valutare la rilevante gravità del danno?
Il criterio principale è l’entità oggettiva del danno, che deve essere tale da apparire immediatamente percepibile come significativo in base al livello economico medio della comunità sociale nel momento storico in cui il reato è stato commesso. Le condizioni economiche della vittima sono un criterio secondario, da utilizzare solo in casi dubbi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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