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Danno di lieve entità: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto di beni per un valore di circa 253 euro. Il ricorso si basava sulla mancata concessione dell’attenuante del danno di lieve entità. La Corte ha stabilito che tale valore non può essere considerato irrisorio e che le censure del ricorrente costituivano mere doglianze di fatto, non ammissibili in sede di legittimità, confermando la correttezza della motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno di lieve entità: la Cassazione chiarisce i limiti

L’applicazione della circostanza attenuante del danno di lieve entità è spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. Il caso analizzato riguarda un tentato furto di generi alimentari per un valore superiore a 250 euro, un importo che la Corte ha ritenuto non sufficientemente esiguo per giustificare una riduzione di pena.

Il Caso: Un Tentativo di Furto e il Ricorso in Cassazione

I fatti alla base della decisione riguardano un individuo che aveva tentato di sottrarre prodotti alimentari per un valore complessivo di 252,80 euro. Condannato nei primi due gradi di giudizio, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, relativa al danno patrimoniale di speciale tenuità, e l’eccessività della pena inflitta.

Secondo la difesa, il valore della merce sottratta avrebbe dovuto condurre i giudici a riconoscere il danno di lieve entità, con una conseguente riduzione della sanzione. Il ricorso mirava a ottenere una riconsiderazione di questi elementi, ritenuti decisivi per un trattamento sanzionatorio più mite.

L’Applicazione dell’Attenuante per Danno di Lieve Entità

Il cuore della questione risiede nella valutazione del concetto di ‘lieve entità’. La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: per l’applicazione dell’attenuante, il danno non deve essere solo ‘modesto’, ma ‘irrisorio’ o ‘esiguo’.

La Corte territoriale, la cui decisione è stata confermata, aveva già evidenziato come un valore di quasi 253 euro non potesse in alcun modo essere qualificato come irrisorio. La Cassazione ha sottolineato che la motivazione fornita dal giudice d’appello era completa, logica e giuridicamente corretta, rendendo le lamentele del ricorrente infondate.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

Un altro punto cruciale dell’ordinanza riguarda la natura del giudizio in Cassazione. La Corte ha specificato che i rilievi sollevati dal ricorrente sulla mancata applicazione dell’attenuante non erano ammissibili in sede di legittimità. Essi, infatti, si configuravano come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ossia un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati e decisi dai giudici di merito.

Il compito della Cassazione non è quello di riesaminare le prove o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Poiché la sentenza impugnata era assistita da una ‘conferente motivazione’, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato sotto ogni profilo. Per quanto riguarda l’attenuante, la valutazione del valore del danno come ‘non irrisorio’ è stata considerata incensurabile. Per quanto concerne l’entità della pena, i giudici hanno osservato che era stata fissata in misura di poco superiore al minimo edittale e che tale scelta era stata adeguatamente giustificata dal primo giudice sulla base di due elementi: la ‘non modesta entità del fatto’ e la ‘negativa personalità dell’imputato’. Anche su questo punto, la motivazione è stata giudicata congrua e sufficiente.

Conclusioni

La decisione riafferma che la valutazione sulla concessione dell’attenuante del danno di lieve entità è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, il cui giudizio può essere contestato in Cassazione solo per vizi di legittimità (come una motivazione mancante, illogica o contraddittoria) e non per un semplice dissenso sulla valutazione dei fatti. Un valore di oltre 250 euro, secondo questo orientamento, esula dalla nozione di ‘danno irrisorio’, precludendo l’applicazione del beneficio. La sentenza, pertanto, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando si applica l’attenuante del danno di particolare tenuità (o lieve entità)?
Secondo la costante giurisprudenza richiamata nella decisione, questa attenuante si applica quando il valore del danno patrimoniale è di entità ‘irrisoria’, ovvero estremamente esigua, e non semplicemente modesta.

Un valore di 252,80 euro può essere considerato di lieve entità ai fini dell’applicazione dell’attenuante?
No, la Corte ha stabilito che un valore di 252,80 euro non può essere considerato di entità irrisoria e, pertanto, non giustifica l’applicazione della circostanza attenuante del danno di lieve entità.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla gravità del danno?
No, non è possibile se la contestazione si limita a una semplice ‘doglianza in punto di fatto’, ovvero a un disaccordo sulla valutazione dei fatti già compiuta dal giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non per ottenere un nuovo esame del merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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