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Danno di lieve entità: la valutazione nel furto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il furto di un cellulare, che richiedeva l’applicazione dell’attenuante per danno di lieve entità. I giudici hanno ribadito che, per valutare tale attenuante, non basta considerare il solo valore economico dell’oggetto rubato, ma è necessario analizzare il pregiudizio complessivo subito dalla vittima, che deve essere pressoché irrisorio. La capacità economica della persona offesa di sopportare il danno è del tutto irrilevante.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danno di lieve entità: come si valuta nel furto? L’analisi della Cassazione

L’applicazione dell’attenuante per danno di lieve entità è spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia, specialmente in relazione a reati come il furto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti fondamentali sui criteri da adottare, sottolineando che la valutazione non può limitarsi al mero valore commerciale del bene sottratto. Analizziamo insieme la decisione per comprendere la portata di questo importante principio.

I fatti del caso: il furto di un cellulare

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto pluriaggravato di un telefono cellulare. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. L’unico motivo del ricorso si basava sulla presunta violazione di legge per il mancato riconoscimento dell’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, n. 4, del Codice Penale.

L’imputato sosteneva che il valore del cellulare fosse tale da giustificare una riduzione di pena. La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia.

L’analisi della Cassazione sull’attenuante per danno di lieve entità

La Corte ha qualificato il ricorso come manifestamente infondato e generico. La decisione si fonda su una precisa interpretazione dei requisiti necessari per l’applicazione dell’attenuante del danno di lieve entità.

Oltre il valore economico: la valutazione del pregiudizio complessivo

Il punto centrale della motivazione risiede nel concetto di “pregiudizio”. I giudici hanno chiarito che, ai fini del riconoscimento dell’attenuante, il danno cagionato alla vittima deve essere “lievissimo” o di “valore economico pressoché irrisorio”.

Questa valutazione, però, non deve limitarsi al solo valore di mercato della cosa sottratta. È necessario, invece, considerare anche “gli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della res”. Nel caso del furto di un cellulare, ad esempio, il pregiudizio va oltre la perdita dell’apparecchio e può includere la perdita di dati personali, contatti, ricordi, nonché il disagio legato al blocco della SIM e alla denuncia.

L’irrilevanza della capacità economica della vittima

Un altro aspetto fondamentale evidenziato dalla Corte è l’assoluta irrilevanza della capacità economica della vittima di sopportare la perdita. L’attenuante ha una natura oggettiva, legata all’entità del danno in sé, e non soggettiva, basata sulle condizioni economiche della persona offesa. Pertanto, il fatto che la vittima sia benestante e possa facilmente riacquistare il bene rubato non ha alcun peso nella valutazione del giudice.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’imputato non aveva fornito alcun dato fattuale concreto a sostegno della sua richiesta, limitandosi a un’affermazione generica sul valore del cellulare. La Corte ha inoltre specificato che la successiva restituzione del bene, così come il tempo trascorso, sono elementi irrilevanti per la configurazione di questa specifica attenuante. La valutazione deve essere cristallizzata al momento del fatto e deve tenere conto di tutte le conseguenze negative, dirette e indirette, prodotte dall’azione criminosa.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di diritto cruciale: la valutazione del danno di lieve entità richiede un’analisi olistica che trascende il semplice valore economico del bene. Per ottenere la riduzione di pena, è necessario dimostrare che l’impatto complessivo del reato sulla vittima sia stato quasi nullo. La decisione serve da monito: non si può invocare l’attenuante in modo generico, ma occorre argomentare in modo specifico e dettagliato perché il pregiudizio, in tutte le sue sfaccettature, sia da considerarsi irrisorio. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Perché la restituzione di un oggetto rubato non garantisce l’applicazione dell’attenuante del danno di lieve entità?
Secondo la Corte, la restituzione del bene e il tempo trascorso dal furto sono irrilevanti per il riconoscimento di questa attenuante, poiché la valutazione del danno deve essere fatta con riferimento al momento in cui il reato è stato commesso e al pregiudizio iniziale cagionato.

Come si valuta il danno di lieve entità in un furto?
La valutazione non si limita al solo valore economico dell’oggetto sottratto, ma deve considerare il pregiudizio complessivo subito dalla vittima, includendo ogni altro effetto negativo derivante dal reato. Il danno, nel suo complesso, deve essere lievissimo o di valore pressoché irrisorio.

La situazione economica della vittima del furto influisce sulla concessione dell’attenuante?
No, la Corte ha stabilito che la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato è irrilevante. La valutazione dell’entità del danno è oggettiva e non dipende dalle condizioni economiche della persona offesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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