Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10648 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CHIAVENNA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CHIAVENNIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BERBENNO DI VALTELLINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CHIAVENNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concliuso chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile;
letta la memoria depositata dai ricorrenti, per il tramite del difensore, con la quale si è insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Sondrio del 5 febbraio 2020, dichiarati
inammissibili i motivi di impugnazione diversi da quelli relativi alla quantificazione della pena, ed in accoglimento dell’accordo tra le parti, ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME ad anni tre di reclusione, che ha sostituito con la pena del lavoro di pubblica utilità per anni tre, per complessivi giorni 1095, corrispondenti a 2109 ore di lavoro di pubblica utilità da svolgersi presso l’RAGIONE_SOCIALE, impartendo le consequenziali disposizioni. In parziale accoglimento dell’appello proposto dalle parti civili, la Corte territoriale ha condannato l’imputato a rifondere alle dette parti le spese relative al giudizio di primo grado. Confermata nel resto la sentenza impugnata.
NOME COGNOME, assolto per le contravvenzioni di cui ai capi a) e b) dell’imputazione in quanto già contestate le relative condotte con il delitto sub c), era stato condannato dal Tribunale, in esito a giudizio abbreviato, in quanto ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 589 bis , comma 4, cod.pen., escluse le aggravanti di cui all’art. 187, comma 1, cod. della strada e 61, n.1) e n.3) cod.pen., concesse le attenuanti generiche e l’attenuante del risarcimento del danno ed applicata la riduzione per il rito, e condannato alla pena di anni quattro di reclusione e revoca della patente di guida.
Il Tribunale aveva accertato, in fatto, che, in data 30 marzo 2017, alle ore 00,54, una squadra dei RAGIONE_SOCIALE era accorsa a seguito della segnalazione, RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, di incidente stradale con due persone incastrate all’interno di una autovettura Toyota Yaris. Giunti sul posto e constatato che entrambe le persone erano contenute dalle cinture di sicurezza, gli operanti estraevano le medesime persone, di cui però il personale sanitario presente constatava il decesso.
Dalle successive indagini della Polizia stradale di Mese, si appurava che NOME COGNOME, alla guida dell’autovettura BMW X3, solo a bordo ed intorno alle ore 00,45, in territorio extra urbano di Samolaco, con direzione di marcia ChiavennaNovate Mezzola, al chilometro 6 e quattrocento, dopo aver percorso un tratto rettilineo pianeggiante, affrontava una curva a destra ad ampio raggio invadendo la corsia opposta; in presumibile fase di rientro RAGIONE_SOCIALE propria corsia, entrava in collisione violentissima frontale con la vettura Toyota Yaris che viaggiava in senso opposto. L’urto avveniva in prossimità della parte centrale della carreggiata, sicuramente in parte, se non del tutto, RAGIONE_SOCIALE corsia di marcia della Toyota Yaris ed interveniva tra la parte anteriore dell’autovettura BMW e la parte anteriore della Toyota.
Le consulenze tecniche (relazione di autopsia, relazione RAGIONE_SOCIALE dinamica del sinistro stradale, la consulenza tossicologica d’ufficio) dimostravano che la condotta di NOME COGNOME, postosi alla guida in stato di ebbrezza (tasso alcolemico di 0,99 g/I) era stata l’unica causa giuridica dell’evento mortale, cagionato dalla forza dirompente del suo automezzo, alla velocità di 125 Krn/h, contro quello condotto regolarmente da una delle vittime.
Ad avviso della Corte di appello, non essendovi evidenze circa la mancanza di responsabilità dell’imputato, poteva accogliersi la richiesta di concordato ex art. 599 bis cod. proc.pen. avanzata dal medesimo imputato, RAGIONE_SOCIALE quale il Procuratore generale aveva espresso consenso. Alla conferma della responsabilità, la Corte territoriale ha fatto seguire la condanna al pagamento delle spese di proseguita difesa in favore della parte civile. Quanto, poi, all’appello proposto dalla parte civile, lo stesso era da accogliere solo quanto alla mancata rifusione delle spese del grado precedente, mentre andava rigettato in punto di congruità delle somme liquidate a titolo risarcitorio. In particolare, i genitori e fratelli di NOME avevano ottenuto la somma di Euro 790.000 (Euro 305.000 ciascuno i genitori ed Euro 50.000 ciascuno per i due fratelli, concretamente erogati ed il rimanente solo offerto, ma non accettato perché ritenuto non congruo) prossime al massimo, rispetto agli importi previsti dalle tabelle dell’RAGIONE_SOCIALE giustizia civile RAGIONE_SOCIALE e non potendosi liquidare poste di danno del tutto aleatorie, come la continuità, per tutta la vita, delle scelte professionali del giovane che al momento del decesso prestava attività nell’azienda familiare quale amministratore. Ciò incideva anche sulle richieste del fratello NOME, di anni 33, che riconnetteva al decesso anche il pregiudizio derivante dall’essere stato messo nelle condizioni di aiutare i genitori, e del fratello NOME, neanche convivente con la vittima, e di 44 anni di età. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso tale sentenza, ricorrono per cassazione, a mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE base dei seguenti motivi, riferiti in forma sintetica in relazione al disposto dell’art. 1 disp. att. cod. proc.pen.:
Erronea applicazione dell’art. 1226 cod. civ., con riferimento alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale patito dai congiunti di NOME, che avrebbe dovuto essere effettuato con la rigorosa applicazione del metodo tabellare, unico idoneo a garantire la considerazione adeguata delle concrete circostanze del caso concreto;
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato in ragione della mancata condanna al pagamento delle somme offerte ma non corrisposte;
manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato con riferimento alla convivenza di NOME con NOME, rilevante ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale;
inosservanza di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, segnatamente articoli 1223, 1244, 1226 cod.civ. per il mancato riconoscimento di rivalutazione ed interessi;
Violazione di legge in relazione all’articolo 541, comma uno, cod. proc. pen. ed articolo 12 DM 55 del 2014 per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, avendo errato la sentenza impugnata nella liquidazione delle spese di primo grado;
vizio di cui all’articolo 606 lettera e) cod. proc. pen., in ragione dell mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, in ragione alla violazione dell’articolo 541, comma uno, cod. proc. pen. e dell’articolo 12. D.m. n. 55 del 2014, per inosservanza e/o erronea violazione della legge penale o di altre norme giuridiche, là dove in mancanza di gravi motivi la sentenza impugnata aveva omesso di liquidare le spese secondo grado quale esposte o altra somma ritenuta congrua.
Il procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
9.1 ricorrenti hanno depositato memoria, con la quale hanno insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi tre motivi, riferiti per diversi aspetti ai criteri di liquidazione danno in via equitativa e per questo da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
È opportuno premettere che, come riferisce la stessa sentenza impugnata, gli odierni ricorrenti, con i motivi di gravame, avevano lamentato l’insufficiente risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. In particolare, quanto al danno patrimoniale, il Tribunale si era limitato a riconoscere soltanto le spese funerarie e di consulenza, non considerando il danno da lucro cessante indicato
nell’atto di costituzione di parte civile, pur avendo le parti civili richiesto, in c di ritenuta necessità di una lunga istruttoria, che per la relativa cognizione si rinviasse al giudice civile. Quanto al danno non patrimoniale, il Tribunale aveva ritenuto solo il danno da perdita parentale. Gli appellanti, invece, avevano richiesto il riconoscimento del massimo valore espresso dalle apposite tabelle del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, essendo insufficiente quanto versato dalla compagnia assicuratrice, in considerazione della giovane età della vittima, della sua convivenza con i genitori e del ruolo svolto nella famiglia e la gestione, da parte della vittima, nell’impresa familiare. Le somme dovute a titolo risarcitorio non erano neanche state rivalutate ed una quota parte delle somme ritenute come risarcimento era solo stata offerta e non versata, perché condizionata alla dichiarazione del totale ed integrale risarcimento. Ulteriore motivo di appello era poi stato quello relativo alla omessa liquidazione delle spese di giudizio di primo grado.
A fronte di tali motivi di impugnazione, la sentenza impugnata, accolto solo tale ultimo motivo, ha condiviso la decisione del Tribunale, di ritenere congrua la somma di euro 790.000, ripartita tra genitori e fratelli nella misura sopra indicata ed in parte solo offerta. A sostegno della decisione, la Corte territoriale ha addotto che le Tabelle invocate prevedevano anche valori minimi e che la somma liquidata rientrava nella forbice tra minimo e massimo tabellare, discostandosi solo di poco dal massimo (dodicimila euro per il padre e quindicimila per lai madre). Anche il danno patrimoniale era stato correttamente liquidato dal Tribunale, in quanto il lucro cessante derivante dalla mancata contribuzione all’azienda familiare e dalla necessità di munirsi di nuovo amministratore, si sostanziava in danno meramente ipotetico e non attuale.
La sentenza impugnata ha effettivamente violato le disposizioni di legge che regolano la liquidazione del danno a seguito di decesso di prossimo congiunto, a causa di condotte colpose di terzi.
Questa Corte, in sede civile, (ex plurimis vd. Cass. civ. SeZ. 3, 25/06/2021, n. 18284) ha più volte affermato che la morte di un prossimo congiunto determina per i prossimi congiunti superstiti un danno iure proprio (Cass., 30/8/2019, n. 21837), di carattere patrimoniale e non patrimoniale, in particolare in conseguenza dell’irreversibile venir meno del godimento del rapporto personale con il congiunto defunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale) anzitutto, anche se non solo, nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza morale (cura, amore) cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei confronti dell’altro, come per i coniugi in particolare previsto dall’art. 143 c.c.; per il genitore dall’art.
c.c., e ancor prima da un principio immanente nell’ordinamento fondato RAGIONE_SOCIALE responsabilità genitoriale (v. Corte Cost., 13/5/1998, n. 166); per il figlio nell’art 315 c.c., valorizzabile secondo tale orientata lettura (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546). L’ evento morte determina per i congiunti superstiti la perdita di un sistema di vita basato sull’affettività, RAGIONE_SOCIALE condivisione, RAGIONE_SOCIALE quotidianità de rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non pot più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti (v. Cass., 9/5/2011, n. 10107).
Da tale perdita può al congiunto superstite derivare un danno morale (sofferenza interiore o emotiva) e/o un danno biologico relazionale, laddove venga a risultare intaccata l’integrità psicofisica del medesimo con riflessi RAGIONE_SOCIALE sua capacità di relazionarsi con il modo esterno, financo di carattere eccezionale laddove venga a determinare per il medesimo fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita (cfr. Cass., 19/10/2016, n. 21060; Cass., 20/8/2015, n. 16992; Cass., 23/1/2014, n. 1361). Escludendo che sia possibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., al ristretto ambito della sola c. famiglia nucleare, questa Corte ha avuto già occasione di precisare che il danno da perdita del rapporto parentale, in quanto danno iure proprio dei congiunti, è risarcibile ove venga provata l’effettività e la consistenza di tale relazione, e i particolare l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con i familiare defunto, non essendo al riguardo richiesto che essa risulti caratterizzata altresì dalla convivenza, quest’ultima non assurgendo a connotato minimo di relativa esistenza (v. Cass., 30/8/2019, n. 21837; Cass., 19/11/2018, n. 29784; Cass., 15/2/2018, n. 3767).
6. Diversamente dal danno patrimoniale, il cui ristoro deve normalmente corrispondere alla sua esatta commisurazione (artt. 1223, 1224, 1225 e 1227 c.c.) valendo a rimuovere il pregiudizio economico subito dal danneggiato e a restituire al patrimonio del medesimo la consistenza che avrebbe avuto senza il verificarsi del fatto stesso (cfr. Cass., 19/1/2007, n. 1183. V. già Cass., 18/7/1989, n. 3352) sicché viene in rilievo il danne effettivo (cfr. Cass. Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., 12/6/2008, n. 15814), il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale non può invece mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto sempre la valutazione equitativa (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit.; Cass., 31/5/2003, n. 8828. E già Cass., 5/4/1963, n. 872. Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, n. 5063; Cass., 1/4/1980, n. 2112; Cass., 11/7/1977, n. 3106).
Attenendo alla qualificazione e non già all’individuazione del danno (non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto all’art. 2697 c.c.: v Cass., 11/5/20:10, n. 11368; Cass., 6/5/2010, n. 10957; Cass., 10/12/2009, n. 25820; Cass., 4/11/2014, n. 23425; e, da ultimo, Cass., 6/5/2020, n. 8508), la valutazione equitaitiva è volta a determinare “la compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che “l’ambiente sociale accetta come compensazione equa” (in ordine al significato che nel caso assume l’equità v. Cass., 7/6/2011, n. 12408) e deve essere dal giudice condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i vari fattori incidenti RAGIONE_SOCIALE gravità della lesione (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645).
È compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul patrimonio e sul valore persona si siano verificate, e provvedendo al relativo integrale ristoro (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).
Tale tipo di liquidazione, anche nella sua forma cd. “pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento.
Ne consegue che, allorché non siano indicate le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6), sia nel vizio di violazione dell’art. 1226 c.c. (Cass. sez. sesta, ordinanza n. 18795 del 2/7/2021, Rv. 661913′ in cui, nel ribadire il principio, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva operato in via equitativa una ingentissima riduzione del quantum senza dare alcun conto dei motivi e dei criteri posti alla base della operata rilevante modifica; ma anche Cass. civ. sez. 3, n. 22272 del 13/9/2018, Rv. 650596).
Va pure ricordato che, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale (che è, poi, quello riconosciuto nel caso in esame), deve essere di regola liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto,
l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vitt l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (sez. 3, n. 26300 del 29/9/2021, Rv. i562499).
Si è pure affermato, (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 36297 del 13/12/2022 (Rv. 666353 – 01) che in tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, è ammissibile la liquidazione equitativa “pura” (che si discosti, cioè, dai valori astrattamente predisposti dalle tabelle in uso), sempreché ricorrano circostanze peculiari, delle quali sia fornita logica e congrua motivazione.
9. Tale ipotesi qui non è ricorrente.
La Corte territoriale, oltre a confondere il piano dell’importo già versato con quello solo offerto al fine di valutare la congruità della liquidazione effettuata dal Tribunale, ha del tutto omesso di giustificare il proprio ragionamento ed ha ritenuta congrua la somma indicata dal primo giudice, senza spiegarne lai specifica ragione. Nessuna idonea giustificazione, alla luce dei ricordati principi, sorregge la decisione di differenziare la quantificazione del danno patito dai due fratelli odierni ricorrenti essendo di per sé non decisiva la loro età ed il fatto che uno degli stessi aveva fissato la propria residenza in luogo diverso.
10. In definitiva i primi tre motivi vanno accolti, restando assorbiti gli altri.
Infatti, alla luce di tali statuizioni, che determinano l’annullamento della sentenza impugnata quanto alla intera domanda di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, con rinvio al giudice civile di cui al dispositivo, restano assorbiti gli ulteriori motivi che attengono al regime degli accessori del credito risarcitorio, nonché a quello delle spese relative alla stessa domanda, da trattarsi nella stessa sede civile.
La sentenza, pertanto, deve essere annullata, agli effetti civili, con rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p., per la liquidazione del danno in favore delle costituite parti civile, al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche a regolare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili limitatamente alla liquidazione del danno e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il Lit a-6 1 ” 4 W 2 0 2/1 Il Consigliere estensore
Il Presidente