Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28509 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28509 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME NOME COGNOME n. a Barcellona Pozzo di Gotto il 20/2/1952
avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina in data 18/5/2025
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare ai sensi dell’art. 611, commi 1 e 1bis , cod.proc.pen.;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte corredate da nota spese depositate dal patrono della parte civile;
lette la memoria e le conclusioni scritte rassegnate dal difensore dell’imputato
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Messina, in riforma della decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 6/12/2023, riqualificato il delitto ascritto al Micale in quello di danneggiamento, determinava la pena in
mesi otto di reclusione, confermando la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:
2.1 la violazione degli artt. 635 cod.pen. e 129 cod.proc.pen. per avere la Corte d’Appello riqualificato la condotta ascritta all’imputato nel delitto di danneggiamento, perseguibile a querela di parte, senza accertare la presenza nel fascicolo processuale dell’istanza punitiva nei confronti del ricorrente;
2.2 il vizio di motivazione in ordine all’esistenza di valida querela, essendosi la Corte territoriale limitata a richiamare i riferimenti effettuati alla stessa nel corso dell’esame dibattimentale della persona offesa. Inoltre, secondo il ricorrente, l’istanza punitiva non può ricavarsi dalla costituzione di parte civile di COGNOME NOME, soggetto diverso dalla p.o. COGNOME NOME che, non costituendosi parte civile, ha dimostrato tacitamente di non voler persistere nella querela e di avervi rinunciato a norma dell’art. 124, comma 3, cod.pen.;
2.3 la contraddittorietà della motivazione e il travisamento della prova in ordine alla sussistenza dell’elemento materiale del delitto di danneggiamento, asseritamente integrato dalla bruciatura di erbe secche che non erano poste sul fondo della p.o. ma a margine della strada, come emerge dalla deposizione dei testi escussi in dibattimento;
2.4 la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di danneggiamento;
2.5 l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato ex art. 635 cod.pen.;
2.6 l’omessa pronuncia in ordine al quinto motivo d’appello con cui si censurava la mancata risposta del primo giudice alla richiesta di riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 131 bis cod.pen. formulata all’udienza del 6/12/2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è fondato nei termini e per le ragioni di seguito precisate.
1.1 La Corte Costituzionale con la sentenza n. 212/2024, nel dichiarare infondata la questione relativa al differente e asseritamente irragionevole trattamento sanzionatorio previsto per le fattispecie ex artt. 424 cod.pen. e 635 cod.pen., ha ricordato che la fattispecie incriminatrice del danneggiamento è stata oggetto di plurime modifiche, la più significativa delle quali ad opera dell’art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell’articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67), per effetto della quale il legislatore ha escluso la rilevanza penale del danneggiamento semplice, attribuendo a tale fatto un rilievo meramente civilistico. A detta
depenalizzazione si è accompagnata la previsione, come reato, delle sole forme di danneggiamento che in precedenza erano configurate come ipotesi aggravate, le quali sono state trasformate in autonome figure di reato, mantenendo inalterato il trattamento sanzionatorio, già in precedenza previsto nella pena della reclusione da sei mesi a tre anni. ‘Oltre a ridurre l’area di rilevanza penale dei fatti di danneggiamento, la riforma del 2016 ha ridisegnato la dimensione offensiva del reato in parola: all’esito della riscrittura della norma, il danneggiamento non è più da considerarsi come figura posta genericamente ed esclusivamente a tutela del patrimonio mobiliare e immobiliare, bensì come ipotesi che ne tutela l’integrità laddove l’aggressione si accompagni a specifiche modalità (ad esempio, violente o minacciose, ex art. 635, primo comma, cod. pen.), condizioni di contesto (ad esempio, in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, ex art. 635, terzo comma, cod. pen.) o a una particolare qualità del bene oggetto del reato (art. 635, secondo comma, cod. pen.)’. Il giudice delle leggi ha sottolineato che ‘inidonea a integrare il reato di cui all’art. 635 cod. pen., dopo la riforma avvenuta con il d.lgs. n. 7 del 2016, è anche la condotta che si realizzi appiccando il fuoco a una cosa altrui, laddove manchino le connotazioni modali della condotta stessa, o le condizioni di contesto indicate dai commi primo, terzo e quarto dell’art. 635 cod. pen. (uso di violenza alla persona o minaccia, commissione del fatto in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, e via dicendo); oppure sia assente il requisito previsto dal secondo comma della disposizione censurata, relativo alla particolare natura dei beni danneggiati’.
1.2 Nella specie si ascrive all’imputato di avere dato fuoco a erba secca e sterpaglie poste a ridosso della strada, a confine del fondo di proprietà di COGNOME NOME e COGNOME NOME, fuoco che veniva subito spento, su richiesta della stessa COGNOME che si era trovata a transitare sulla strada, da un amico dell’imputato presente ai fatti. La Corte d’Appello a pag. 5 ha rimarcato che ‘le dimensioni del materiale attinto dalle fiamme era tale da essere spento in pochi secondi con il semplice getto di qualche litro d’acqua’.
Il delitto ex art. 635 cod.pen. nell’attuale formulazione e in tutte le ipotesi sanzionate individua l’elemento oggettivo del reato nella distruzione, dispersione, deterioramento di cose mobili o immobili altrui. Trattandosi di fattispecie che, secondo le puntualizzazioni della Corte Costituzionale, è posta a presidio dell’integrità del patrimonio, ai fini della configurabilità dell’illecito è necessario che la condotta materiale sia rivolta ad un bene altrui dotato di un seppur minimo rilievo economico. Questa Corte ha in proposito costantemente affermato che ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art 635 cod. pen. è necessario che la condotta produca una modificazione strutturale o funzionale della cosa, ovvero un
deterioramento di una certa consistenza ed evidenza (Sez. 2, n. 549 del 01/04/1966, COGNOME, Rv. 102418 – 01; Sez. 2, n. 7429 del 11/04/1972, COGNOME, Rv. 122267 – 01; Sez. 5, n. 6344 del 07/02/1978, COGNOME, Rv. 139071 – 01; Sez. 2, n. 3554 del 08/11/1982, dep. 1983, COGNOME, Rv. 158596 – 01; in senso conforme, Sez. 2, n. 4229 del 31/01/2005, COGNOME, Rv. 230700 – 01). Ha, altresì, affermato che l’elemento oggettivo del reato è integrato in tutti i casi nei quali il valore o l’utilizzabilità della cosa vengano diminuiti, anche solo parzialmente, rendendo necessario sull’oggetto materiale un intervento ripristinatorio della sua essenza e funzionalità (Sez. 6, n. 1271 del 05/12/2003, dep. 2004, Misuraca, Rv. 228425 – 01; Sez. 2, n. 41284 del 23/09/2009, COGNOME, Rv. 245245 – 01; Sez. 3, n. 15460 del 10/02/2016, Ingegneri, Rv. 267823 – 01, secondo cui ai fini della configurabilità del reato di danneggiamento mediante deterioramento è necessario che la capacità della cosa di soddisfare i bisogni umani o l’idoneità della stessa di rispettare la sua naturale destinazione risulti ridotta, con compromissione della relativa funzionalità).
2.1 La condotta materiale del reato presuppone, dunque, che il bene danneggiato sia caratterizzato dal requisito dell’altruità rispetto all’agente e rivesta per il possessore un interesse patrimonialmente apprezzabile, requisiti che nella specie difettano. Infatti, da un lato, le sterpaglie alle quali è stato dato fuoco non ricadevano nel fondo incolto dei INDIRIZZO; dall’altro, le stesse, costituite da vegetazione spontanea infestante, non appaiono suscettibili di essere considerate quali beni ricompresi nell’ambito della tutela accordata al patrimonio, pubblico o privato, dall’art. 635 cod.pen.
Risultano, pertanto, fondate le assorbenti censure svolte nel terzo motivo in punto di sussistenza degli estremi costitutivi del delitto ritenuto, seppur per ragioni diverse da quelle prospettate dal ricorrente. Devesi, per obbligo di completezza, aggiungere che la Corte territoriale, nell’operare la riqualificazione, non ha fornito alcun dettaglio sull’inquadramento della fattispecie alla luce dell’assetto normativo vigente e non ha dato conto, in maniera specifica e puntuale, dell’esistenza della necessaria istanza punitiva a fronte dell’originaria contestazione, assoggettata al regime della perseguibilità d’ufficio.
A tanto consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto di reato ex art. 635 cod.pen. non sussiste, con conseguente revoca delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025