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Danneggiamento seguito da incendio: la Cassazione decide

Un individuo è stato condannato per aver appiccato il fuoco a un’automobile, causando un rogo che ha danneggiato anche un secondo veicolo. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, confermando la condanna per danneggiamento seguito da incendio. La Corte ha precisato che si configura un ‘incendio’ quando il fuoco si propaga in modo irrefrenabile e con potenza distruttrice, anche se non raggiunge vaste proporzioni, distinguendolo così dal semplice pericolo. Anche i motivi relativi all’identificazione del colpevole e alla pena sono stati respinti.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento seguito da incendio: quando il fuoco diventa reato

La recente sentenza n. 26215/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla qualificazione giuridica del reato di danneggiamento seguito da incendio. La Corte ha delineato con precisione la linea di demarcazione tra il semplice pericolo e l’effettivo incendio, confermando una condanna per aver dato fuoco a un’automobile. Questo caso analizza non solo la definizione tecnica di ‘incendio’ ai fini penali, ma anche le dinamiche probatorie e le alternative sanzionatorie nel processo.

I fatti del processo

Il caso ha origine da un episodio in cui un uomo, con l’intento di danneggiare l’auto di un’altra persona, le ha appiccato fuoco all’interno del cortile di un’abitazione. Le fiamme hanno completamente distrutto il veicolo preso di mira e hanno gravemente danneggiato un’altra vettura parcheggiata nelle vicinanze. Solo il tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco ha impedito che il rogo si propagasse ulteriormente. L’imputato è stato condannato in primo grado e in appello alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 424, comma 2, del codice penale.

I motivi del ricorso e il reato di danneggiamento seguito da incendio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Carenza di prova: Sosteneva che non vi fosse certezza sulla sua identificazione come autore del fatto, attribuendo il suo stato di agitazione al momento del controllo di polizia alla violazione delle norme anti-COVID allora in vigore.
2. Errata qualificazione giuridica: Riteneva che il fatto dovesse essere classificato come mero pericolo di incendio (art. 424, comma 1 c.p.) e non come danneggiamento seguito da incendio (comma 2), poiché, a suo dire, non si era verificato un incendio di vaste proporzioni.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava una motivazione insufficiente sul diniego delle attenuanti.
4. Mancata conversione della pena: Contestava il rifiuto di convertire la pena detentiva in una sanzione sostitutiva, nonostante gli fosse stata concessa la sospensione condizionale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una motivazione dettagliata per ciascun punto sollevato.

Sull’identificazione del colpevole

La Corte ha ritenuto inammissibile il primo motivo, sottolineando come l’identificazione dell’imputato fosse basata su un solido quadro probatorio: le immagini delle telecamere di sorveglianza, il riconoscimento da parte degli agenti di polizia che lo avevano fermato poco prima (basato su corporatura, abbigliamento e andatura), la sua giustificazione poco credibile e il ritrovamento di un accendino nelle sue tasche. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la logicità della motivazione della corte d’appello, che in questo caso è stata ritenuta congrua ed esente da vizi.

La qualificazione giuridica del danneggiamento seguito da incendio

Il punto centrale della sentenza riguarda il secondo motivo. La Corte ha chiarito che si ha ‘incendio’ non solo in presenza di roghi di proporzioni vastissime, ma ogni qualvolta il fuoco divampi in modo irrefrenabile, con fiamme divoratrici e con una potenza distruttrice tale da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone. Nel caso specifico, il fatto che un’auto fosse stata distrutta, un’altra gravemente danneggiata e che l’intensità del calore avesse impedito ai militari di avvicinarsi era sufficiente a configurare un incendio effettivo e non un mero pericolo. La condotta dell’imputato aveva superato la soglia del pericolo, determinando concretamente l’insorgere di un incendio.

Sul diniego delle attenuanti e delle sanzioni sostitutive

Anche gli ultimi due motivi sono stati respinti. La mancata concessione delle attenuanti generiche è stata giustificata in modo adeguato sulla base dell’indole dell’imputato incline al delitto, un elemento che il giudice può ritenere prevalente. Riguardo alla sanzione sostitutiva, la Corte ha spiegato che, con la recente riforma, la sospensione condizionale della pena e le pene sostitutive sono istituti alternativi. Essendo già stata concessa in primo grado la sospensione condizionale, e non avendo l’imputato formalmente rinunciato a tale beneficio, la Corte d’Appello ha correttamente rigettato la richiesta di conversione della pena.

Le conclusioni

La sentenza consolida importanti principi di diritto. In primo luogo, definisce i contorni del reato di danneggiamento seguito da incendio, stabilendo che la nozione di ‘incendio’ è legata alla capacità distruttiva e incontrollabile del fuoco, piuttosto che alla sua mera estensione. In secondo luogo, riafferma i limiti del giudizio di legittimità, che non può sovrapporsi alla valutazione dei fatti riservata ai giudici di merito. Infine, chiarisce il rapporto di alternatività tra la sospensione condizionale della pena e le sanzioni sostitutive, sottolineando la necessità di una scelta chiara tra i due benefici.

Quando un fuoco appiccato a un bene si qualifica come ‘incendio’ ai sensi dell’art. 424 c.p.?
Secondo la sentenza, si ha un ‘incendio’ quando il fuoco divampa in modo irrefrenabile, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propagano con potenza distruttrice, ponendo in pericolo l’incolumità pubblica. La distruzione di un’auto e il grave danneggiamento di un’altra sono stati ritenuti sufficienti per configurare tale reato, distinguendolo dal mero pericolo.

È possibile ottenere una sanzione sostitutiva se è già stata concessa la sospensione condizionale della pena?
No. La Corte ha chiarito che, secondo la normativa vigente, la sospensione condizionale della pena e l’applicazione di una pena sostitutiva sono istituti alternativi. Una volta che il giudice ha concesso la sospensione condizionale, non può applicare anche una sanzione sostitutiva, a meno che l’imputato non rinunci espressamente al primo beneficio.

Quali prove sono sufficienti per identificare l’autore di un reato in un processo penale?
La sentenza dimostra che l’identificazione può basarsi su un insieme di elementi convergenti. Nel caso specifico, sono stati decisivi: le immagini di videosorveglianza, il riconoscimento effettuato dagli agenti di polizia basato su caratteristiche fisiche e abbigliamento, la compatibilità temporale tra l’avvistamento e il reato, e il comportamento sospetto dell’imputato al momento del controllo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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