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Danneggiamento seguito da incendio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per due individui per il reato di danneggiamento seguito da incendio di un impianto industriale. La sentenza chiarisce la distinzione con il reato di incendio doloso e conferma la sussistenza delle aggravanti della minorata difesa, del danno di rilevante gravità e del fatto commesso su un impianto industriale, basando la colpevolezza su un solido quadro indiziario.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento Seguito da Incendio: Cassazione su Dolo, Aggravanti e Prova Indiziaria

Con la sentenza n. 22604 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di danneggiamento seguito da incendio, offrendo chiarimenti fondamentali sulla distinzione con il reato di incendio doloso, sulla configurabilità di specifiche aggravanti e sulla valenza del quadro indiziario. La decisione conferma la condanna per due imputati, ritenuti responsabili di aver appiccato il fuoco a un capannone di un consorzio agricolo, e rigetta le loro tesi difensive basate su presunti vizi di motivazione e violazioni di legge.

I Fatti: Un Incendio Notturno e un Quadro Indiziario Complesso

La vicenda ha origine nella notte del 12 settembre 2020, quando un incendio distrugge un magazzino appartenente a un consorzio cooperativo. Poco dopo, una pattuglia dei Carabinieri, a circa 400 metri dal luogo del rogo, ferma un’automobile con a bordo due individui, a circa 60 km di distanza dal loro comune di residenza. Durante la perquisizione, all’interno del veicolo vengono rinvenuti degli strappi di carta imbevuti di benzina.

Le giustificazioni fornite dai due uomini appaiono da subito deboli e contraddittorie: sostengono di trovarsi lì per un appuntamento con delle donne, ma le loro versioni divergono. Anche la spiegazione sulla presenza della benzina risulta poco credibile, legata a un presunto soccorso a una parente rimasta senza carburante con un’auto diesel.

Le indagini successive, basate sui tabulati telefonici, svelano una fitta rete di contatti intercorsa quella notte tra gli occupanti del veicolo e un terzo soggetto, il cui telefono aveva agganciato le celle della zona sia la notte dell’incendio sia due giorni prima, suggerendo un sopralluogo. Emerge inoltre un possibile movente: un quarto individuo, in rapporti economici conflittuali con il consorzio, sarebbe stato il mandante dell’azione ritorsiva.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna in Primo Grado al Ricorso in Cassazione

Il Tribunale, in rito abbreviato, condanna due degli imputati (l’esecutore materiale e il ‘supervisore’) a 3 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di concorso in danneggiamento seguito da incendio, aggravato dalla minorata difesa, dall’aver avuto ad oggetto impianti industriali e dal danno di rilevante gravità. La Corte d’Appello conferma integralmente la sentenza di primo grado.

La difesa ricorre in Cassazione, sollevando diverse questioni:

1. Errata valutazione della prova: Sostiene la presenza di un ragionevole dubbio e di una versione alternativa dei fatti.
2. Errata qualificazione giuridica: Contesta l’elemento soggettivo del reato, sostenendo che l’intenzione era solo quella di danneggiare e non di provocare un incendio. Vengono inoltre contestate tutte le aggravanti.
3. Trattamento sanzionatorio: Ritiene la pena eccessiva e lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche.

La Decisione della Cassazione sul Danneggiamento Seguito da Incendio

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati, e ha fornito importanti precisazioni su ogni punto sollevato dalla difesa.

Distinzione tra Dolo di Danno e Dolo di Incendio

Uno dei punti centrali della sentenza riguarda la corretta qualificazione del reato. La Corte ribadisce la differenza tra il delitto di incendio (art. 423 c.p.) e quello di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.). Il primo richiede il dolo generico, ovvero la volontà di cagionare un incendio con fiamme violente e tendenti a propagarsi, creando un pericolo per la pubblica incolumità. Il secondo, invece, è caratterizzato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui: l’incendio è una conseguenza non voluta, anche se prevedibile, dell’azione finalizzata al solo danneggiamento.

La Validità delle Aggravanti Contestate

La Cassazione ha confermato la sussistenza di tutte le aggravanti:

* Minorata difesa: L’azione è stata commessa di notte, in una zona isolata e priva di videosorveglianza. La presenza di alcuni camionisti che dormivano nei loro mezzi all’interno del piazzale non è stata ritenuta sufficiente a elidere l’aggravante, in quanto non svolgevano alcuna funzione di vigilanza.
* Danno di rilevante gravità: La distruzione di un capannone di 2.000 mq, con muletti, computer, fitofarmaci e linee di produzione, integra oggettivamente un danno di particolare gravità. La Corte ha specificato che né la situazione finanziaria della persona offesa né l’eventuale risarcimento assicurativo sono rilevanti per la valutazione, che deve essere fatta al momento del fatto.
* Impianto industriale: Il magazzino non era un semplice deposito, ma conteneva al suo interno una linea di lavorazione e trasformazione di verdura, impianti di irrigazione e attrezzature per la pulizia dei legumi. Tale destinazione all’attività produttiva lo qualifica come ‘impianto industriale’ ai sensi dell’art. 425 c.p.

La Prova Indiziaria e il Ruolo del ‘Supervisore’

La Corte ha ritenuto logica e coerente la ricostruzione dei giudici di merito, basata su un quadro indiziario solido e convergente: la presenza sul luogo, il possesso di materiale infiammabile, le versioni contraddittorie, i tabulati telefonici e il movente. Interessante è la conferma del ruolo di uno degli imputati come ‘supervisore’, incaricato di programmare l’azione (attraverso un sopralluogo) e di controllarne l’esecuzione. La Corte ha anche chiarito che l’assoluzione del presunto mandante in un separato procedimento non inficia la responsabilità del ‘supervisore’, il cui ruolo non si esauriva nel fare da tramite, ma comprendeva compiti di programmazione e controllo diretto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha respinto i ricorsi perché le censure mosse dalla difesa si risolvevano, in larga parte, in un tentativo di rilettura del merito dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato come la motivazione delle sentenze di primo e secondo grado fosse logica, coerente e non contraddittoria. È stato evidenziato che la valutazione della prova indiziaria, quando basata su elementi gravi, precisi e concordanti, è pienamente sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. La Corte ha inoltre giudicato inammissibili per genericità i motivi relativi al trattamento sanzionatorio e alle attenuanti, poiché non argomentavano specificamente le ragioni per cui la decisione dei giudici di merito sarebbe stata errata.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione sulla gestione processuale dei reati contro il patrimonio commessi con l’uso del fuoco. Consolida il principio secondo cui un quadro indiziario robusto e coerente può legittimamente fondare una condanna, anche in assenza di prove dirette come testimonianze oculari. Ribadisce inoltre i criteri per la corretta applicazione delle aggravanti, chiarendo come la valutazione debba essere ancorata a elementi oggettivi e contestualizzati al momento del crimine. Infine, delinea con precisione i confini tra il dolo di danno e il dolo di incendio, un aspetto cruciale per la corretta qualificazione giuridica di fatti simili.

Qual è la differenza tra il reato di “danneggiamento seguito da incendio” e quello di “incendio doloso”?
Il primo reato (art. 424 c.p.) si configura quando l’agente ha il fine specifico di danneggiare un bene e, nel farlo, provoca un incendio che non era l’obiettivo principale della sua azione. Il reato di incendio doloso (art. 423 c.p.), invece, richiede la volontà di cagionare proprio l’incendio, inteso come un evento di vaste proporzioni e potenzialmente pericoloso per la pubblica incolumità.

La presenza di persone sul luogo del delitto esclude l’aggravante della minorata difesa?
No. La Corte ha chiarito che la sola presenza di persone (in questo caso, camionisti che dormivano) non esclude l’aggravante se queste non sono in grado di esercitare una vigilanza attiva. L’aggravante sussiste se il reato avviene in circostanze di tempo (notte) e di luogo (zona isolata) che oggettivamente facilitano l’azione criminale e ostacolano la difesa.

Un magazzino può essere considerato un “impianto industriale” ai fini dell’applicazione dell’aggravante?
Sì, qualora non sia adibito a mero deposito ma contenga attrezzature, macchinari e linee di lavorazione stabilmente destinate a un’attività produttiva. Nel caso di specie, la presenza di una linea di trasformazione della verdura e di altri impianti produttivi ha giustificato la qualifica di ‘impianto industriale’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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