Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22604 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22604 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il PG, ASSUNTA COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito il difensore degli imputati, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza dell’Il maggio 2022 il Tribunale di Potenza, in rito abbreviato, ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione per il concorso nel reato di danneggiamento, seguito da incendio, aggravato dalla minorata difesa, dall’aver avuto ad oggetto il reato impianti industriali e dal danno di rilevante gravità (artt. 61 n. 5 e 7, 110, 424, 425 cod. pen.), commesso il 12 settembre 2020.
Con sentenza del 16 giugno 2023 la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza di primo grado.
In particolare, secondo la ricostruzione dei giudici del merito la notte del 12 settembre 2020, alle 00:40, una pattuglia dei COGNOMEbinieri in servizio perlustrativo aveva notato, in una strada interpoderale, un’autovettura Fiat Punto diesel con motore e fari spenti.
I COGNOMEbinieri avevano deciso di controllare il veicolo dove avevano identificato, nel lato guidatore, NOME COGNOME e, nel lato passeggero, NOME COGNOME, entrambi residenti ad Orta Nova, comune in provincia di Foggia, posto a circa 60 km di distanza dal luogo del controllo.
I COGNOMEbinieri avevano effettuato la perquisizione dell’autovettura, e nel portabagagli avevano trovato due strappi di carta tipo scottex intrisi di benzina.
Nel mentre effettuavano la perquisizione, i COGNOMEbinieri avevano notato bagliori riconducibili allo sprigionarsi di un incendio provenienti dalla sede del RAGIONE_SOCIALE, che distava circa 400 m. dal luogo del controllo, contemporaneamente avevano udito il suono di clacson di camion provenienti dalla stessa area, si erano recati sul posto e sentito a sommarie informazioni un camionista, che aveva riferito che, mentre stava dormendo nel suo camion parcheggiato all’interno del piazzale del RAGIONE_SOCIALE, era stato svegliato dall’abbaiare dei cani ed aveva notato a quel punto che si stava sviluppando un incendio, circostanza confermata anche da altro camionista che pure stava dormendo nel proprio camion nello stesso piazzale.
I due occupanti dell’autovettura Fiat Punto (COGNOME e COGNOME) erano stati allora sentiti nell’immediatezza dei fatti sul perché quella notte si trovassero a INDIRIZZO ed avevano riferito di avervi incontrato due donne, di cui avevano indicato solo i nomi di battesimo e l’età approssimativa, con cui si sarebbero intrattenuti per un paio d’ore e di cui non avrebbero avuto il numero di telefono perché le stesse avrebbero riferito loro di essere sposate. Le dichiarazioni sul punto dei due non erano del tutto sovrapponibili, perché COGNOME aveva riferito di averli incontrate in un bar, mentre COGNOME aveva sostenuto di averle incontrate in macchina e di non essere stato in nessun bar.
Sui motivi della presenza nell’autovettura della carta tipo scottex imbevuta di benzina, COGNOME aveva riferito che la sera precedente al fatto aveva prelevato una tanica di 5 litri di benzina da portare a sua nonna che era rimasta senza carburante nella Fiat Panda e di essersi pulito le mani con lo scottex che sbadatamente aveva dimenticato nel bagagliaio.
Nei giorni successivi gli imputati erano stati intercettati, ed era stata ascoltata una telefonata in cui COGNOME aveva informato la nonna di aver detto ai COGNOMEbinieri che le aveva portato una tanica di benzina perché era rimasta in panne,
aggiungendo di essere stato costretto a tirarla in ballo perché non poteva dire che la tanica era servita per la sua Punto che aveva un motore diesel, COGNOME aveva chiesto a sua nonna di sostenere questa versione qualora fosse stata sentita, dicendole di sceglier lei il luogo esatto in cui era riferire essere in panne proponendole di indicare la strada del mercato oppure la strada vicino all’abitazione della NOME.
L’esame dei tabulati telefonici in uso a COGNOME e COGNOME aveva permesso di verificare che nel corso della notte dell’incendio gli stessi avevano ricevuto numerose telefonate dall’utenza di NOME COGNOME, utenza che a sua volta nel corso della nottata aveva agganciato le celle telefoniche del Comune di Palazzo San Gervasio prima di rientrare a sua volta in Orta Nova dalle ore 3.29 in poi. L’esame storico di questa utenza aveva consentito di accertare che l’utenza di COGNOME aveva agganciato la cella di Palazzo San Gervasio soltanto nella data dell’incendio ed in quella del 10 settembre, antecedente di due giorni l’incendio.
Erano stati trovati, inoltre, contatti nel corso della notte tra l’utenza di COGNOME quelle di una persona di nome NOME COGNOME, che invece per tutta la nottata era rimasto nel comune di Orta Nova.
Indagando su quest’ultimo, era emerso che NOME aveva avuto rapporti economici con il RAGIONE_SOCIALE per il mancato pagamento dei canoni di locazione e delle spese relative alle utenze, e che il RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di cui era rappresentante NOME l’emissione di un decreto ingiuntivo e, sempre in relazione a questa vicenda, sporto querela per calunnia.
In sede di interrogatorio di garanzia COGNOME aveva spiegato queste telefonate sostenendo che era stato contattato da COGNOME e COGNOME che avevano riferito di essere rimasti in panne a Palazzo San Gervasio, e che aveva a sua volta contattato NOME, che abitava ad Orta Nova ma che era nativo di Palazzo San Gervasio, per chiedergli di indicare la strada da percorrere per raggiungere i suoi amici.
Sulla base di questi elementi il Tribunale aveva ritenuto responsabili gli imputati NOME e NOME (NOME e NOME erano stati giudicati separatamente con rito ordinario) evidenziando come il movente del delitto dovesse essere individuato nel proposito di vendetta del NOME; COGNOME era stato individuato come uno degli autori materiali, NOME come “vero e proprio supervisore” dell’azione criminosa con il compito di rendere edotto il NOME circa l’avvenuta realizzazione dell’evento preso di mira, evidenziando peraltro anche la partecipazione di NOME al sopralluogo avvenuto due sere prima del fatto. La Corte di appello aveva confermato il giudizio di responsabilità a carico di entrambi.
Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei lim strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso COGNOME
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, perchè l’imputato sarebbe stato condannato nonostante sussistesse un ragionevole dubbio sulla sua responsabilità per il fatto in presenza di una versione alternativa lecita offerta dallo stesso imputato, e considerata l’assoluta inconciliabilità oraria tra il controllo di polizia e il momento consumativo del reato.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge punto di trattamento sanzionatorio, perchè i giudici del merito hanno deciso per un trattamento sanzionatorio assai severo anche per via del movente ma in realtà nessun movente è stato accertato; inoltre, non sono state concesse le attenuanti generiche ma il loro riconoscimento sarebbe stato giustificato dalla sussistenza di situazioni che presentano connotazioni rilevanti e speciali tali da esigere una considerazione ai fini della quantificazione della pena.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in punto di qualificazione giuridica del fatto, perché nell’imputato difettava l’elemento soggettivo del reato di cui lo stesso è stato ritenuto responsabile, avendo egli agito con l’unico scopo di danneggiare la cosa altrui con il fuoco e non risultando provata l’accettazione dell’incendio come conseguenza della condotta. Con lo stesso motivo deduce anche violazione di legge in punto di sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, non configurabile nel caso in esame, atteso che nel momento in cui è avvenuto l’incendio erano comunque presenti all’interno del RAGIONE_SOCIALE alcuni camionisti i quali hanno dato subito l’allarme. Con lo stesso motivo deduce ancora violazione di legge in punto di sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità, in quanto, per giudicare della gravità del fatto, avrebbe dovuto essere valutata anche la situazione economica finanziaria della persona offesa nonché considerare il risarcimento del danno ottenuto in virtù della copertura assicurativa. Con lo stesso motivo deduce pure violazione di legge in punto di sussistenza dell’aggravante del fatto commesso in danno di un impianto industriale atteso che un magazzino/deposito non può essere ritenuto un impianto industriale, che è tale solo quando vi sono capitali, macchine, mezzi e addetti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione sostenendo che la sentenza non è motivata sia con riferimento al giudizio di responsabilità che con riferimento alle aggravanti ed al trattamento sanzionatorio.
2.2. Ricorso COGNOME
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, perchè l’imputato sarebbe stato condannato nonostante sussistesse un ragionevole dubbio sulla sua responsabilità per il fatto in presenza di una versione alternativa lecita offerta dallo stesso imputato.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e travisamento della prova con riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato, in quanto la responsabilità di NOME è stata desunta soltanto dai contatti telefonici avvenuti la notte del fatto ma NOME ha sostenuto di essersi mosso la notte dell’incendio perché contattato da COGNOME e COGNOME che gli avevano chiesto aiuto perché era rimasta in panne l’auto su cui viaggiavano, circostanza che secondo la sentenza d’appello sarebbe smentita dai tabulati telefonici che dimostrano che è stato proprio NOME a contattare COGNOME e COGNOME, nella sentenza però nulla è scritto in ordine al ruolo ed al contributo dato da NOME alla perpetrazione del reato, non risulta mai avvistato in loco nel giorno del delitto o nei giorni precedenti, non ci sono tracce del suo intervento nella commissione del reato, non si comprende quale sia stato il suo ruolo nel reato, la sentenza ritiene che il suo ruolo sta stato quello di anello d congiunzione tra gli esecutori materiali ed il mandante, ma il mandante è stato assolto dal Tribunale di Potenza in un procedimento separato, venendo meno il mandante scompare anche il contributo causale del soggetto che avrebbe dovuto fare da tramite con il mandante; inoltre, non va trascurato il dato probatorio negativo offerto dai vigili del fuoco intervenuti a spegnere l’incendio, secondo cui risulta incerta persino l’origine del fuoco lasciando aperta l’ipotesi alternativa dell’autocombustione.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in punto di qualificazione giuridica del fatto, di sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, di sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità, di sussistenza dell’aggravante del fatto commesso in danno di un impianto industriale. Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del secondo motivo del ricorso COGNOME.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge in punto di trattamento sanzionatorio e di attenuanti generiche. Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del terzo motivo del ricorso COGNOME.
Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione sostenendo che la sentenza non è motivata sia con riferimento al giudizio di responsabilità che con riferimento alle aggravanti ed al trattamento sanzionatorio. Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del quarto motivo del ricorso COGNOME.
3. La difesa dell’imputato ha chiesto la discussione orale.
Con memoria depositata il 21 febbraio 2024 il difensore degli imputati, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi e depositato documentazione tra cui la sentenza passata in giudicato nei confronti del coimputato NOME nonchè i verbali delle udienze dibattimentali del processo svoltosi nei confronti di questi.
Il Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Il difensore degli imputati, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati.
1. Ricorso COGNOME
1.1. Il primo motivo del ricorso, che contesta il giudizio di responsabilità, è inammissibile per difetto di specificità.
Il ricorso deduce l’esistenza di una versione alternativa lecita fornita dall’imputato e l’assoluta inconciliabilità oraria tra il controllo ed il moment consumativo del reato, ma sul punto il ricorso è privo del requisito della specificità estrinseca dei motivi di impugnazione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), atteso che lo stesso non si confronta con il percorso logico del provvedimento impugnato.
I giudici del merito, infatti, hanno condannato COGNOME, perché sorpreso la notte dei fatti, a poche centinaia di metri di distanza dal luogo dell’incendio, ed a 60 km di distanza dal luogo di residenza, a bordo di un’autovettura in cui è stato trovato anche un panno imbevuto di benzina. Il ricorso non prende posizione su queste circostanze a carico dell’imputato, evidenziate nella motivazione della sentenza impugnata, limitandosi ad una mera affermazione di principio, e non argomentata, su inconciliabilità degli orari del controllo e su versione alternativa lecita che avrebbe dato l’imputato, e pertanto, deve essere giudicato sul punto inammissibile.
1.2. Il secondo motivo, dedicato alla qualificazione giuridica del fatto ed alle aggravanti, è, nel complesso, infondato.
1.2.1. Sulla qualificazione giudica del fatto, il ricorso deduce che mancherebbe nell’agente l’elemento soggettivo del dolo di incendio, in quanto, al più, l’imputato può essere accusato di aver voluto soltanto danneggiare il magazzino del RAGIONE_SOCIALE agricolo, ma non di aver voluto determinare l’insorgere di un incendio, evento il cui rischio non aveva accettato.
L’argomento è manifestamente infondato, in quanto inconferente con gli elementi costitutivi del reato dell’art. 424, comma 2, cod. pen., per cui il ricorrente è stato condannato.
Della struttura del reato di cui all’art. 424 cod. pen. infatti, non fa parte il do d’incendio, neanche nelle forme della mera accettazione del rischio, perché l’esistenza nell’agente del dolo – anche eventuale – di incendio comporta la sussunzione del fatto non sotto la norma incriminatrice dell’art. 424 cod. pen., ma sotto quella più grave dell’art. 423 c.p. (Sez. 1, Sentenza n. 29294 del 17/05/2019, Feno, Rv. 276402: I delitti di incendio e di danneggiamento seguito da incendio si distinguono in relazione all’elemento psicologico in quanto mentre il primo è connotato dal dolo generico, ovvero dalla volontà di cagionare l’evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, il secondo è connotato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento).
Pertanto, nel caso di incendio commesso al fine di danneggiare, quando a detta ulteriore e specifica attività si associa la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste dall’art. 423 cod. pen., è applicabile quest’ultima norma, e non l’art. 424 cod. pen., nel quale l’incendio è contemplato come evento che esula dall’intenzione dell’agente (Sez. 5, Sentenza n. 1697 del 25/09/2013, dep. 2014, Cavallari, Rv. 258942).
L’argomento, pertanto, è inammissibile.
1.2.2. Sulla ritenuta esistenza dell’aggravante della minorata difesa, il ricorso deduce che l’aggravante non sia configurabile nel caso in esame, in quanto nel momento in cui è avvenuto l’incendio erano comunque presenti all’interno del piazzale del magazzino del RAGIONE_SOCIALE alcuni camionisti che hanno dato subito l’allarme.
L’argomento è inammissibile perché privo del requisito della specificità dei motivi di impugnazione, perché non si confronta con il percorso logico della sentenza impugnata, che ha evidenziato che l’azione delittuosa è stata commessa durante la notte, in una zona isolata, priva di sistemi di videosorveglianza, e che la presenza dei camionisti nel piazzale non serve ad elidere la esistenza della
minorata difesa, perché gli stessi erano presenti nell’area soltanto per poter dormire.
Il ricorso non attacca il percorso logico della sentenza impugnata e si limita a riproporre l’argomento della presenza dei camionisti sul luogo ed al momento del fatto, e, pertanto, sul punto è inammissibile per difetto di specificità.
1.2.3. Sulla ritenuta esistenza dell’aggravante del danno di particolare gravità, il ricorso deduce che, ai fini del giudizio sull’aggravante, andavano valutate le condizioni finanziarie della persona offesa e andava considerato anche il risarcimento del danno da parte dell’assicurazione.
Gli argomenti sono manifestamente infondati.
L’argomento sulla rilevanza delle condizioni economico finanziarie della vittima è manifestamente infondato, perché “nel valutare l’applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, può farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l’entità oggettiva del danno è tale da integrare di per sé un danno patrimoniale di rilevante gravità. (Sez. 2, Sentenza n. 48734 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 268446; Sez. 2, Sentenza n. 33432 del 14/07/2015, COGNOME, Rv. 264543), e nel caso in esame la pronuncia di appello ha evidenziato che l’incendio ha distrutto tutto il capannone di circa 2.000 mq con il materiale presente all’interno tra cui due muletti, personal computer, arredi, fitofarmaci, concimi e linee di produzione, talchè nulla in più era dovuto nella motivazione sulla sussistenza del danno di particolare gravità.
L’argomento sull’esistenza di un’assicurazione sull’immobile a protezione dei danni è manifestamente infondato, perché la rilevante gravità del danno deve essere valutata al momento del fatto, secondo l’orientamento già più volte espresso da questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 36311 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 277032; Sez. 2, n. 3369 del 18/12/2012, dep. 2013, Carfagna, Rv. 254780), talchè non rilevano eventuali riduzioni del danno per effetto di comportamenti successivi.
L’argomento è in ogni caso anche inammissibile, perché, come correttamente evidenziato già a pag. 25 della sentenza di primo grado, non è dato sapere per quali importi il RAGIONE_SOCIALE sia stato ristorato dei danni, né il ricorso li indi parlando genericamente di una “copertura assicurativa che garantiva la p.o. contro tale ipotesi”, incorrendo per questo anche qui nel vizio di mancanza di specificità del motivo di impugnazione, oltre che nella ulteriore causa di inammissibilità dell’impugnazione di aver rintrodotto un argomento meramente congetturale che,
in quanto tale, è inidoneo a viziare il percorso logico della decisione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237).
1.2.4. Sulla ritenuta esistenza dell’aggravante dell’art. 425, comma 1, n. 2, cod. pen., per aver commesso il fatto su impianti industriali, il ricorso deduce che un magazzino/deposito non può essere ritenuto un impianto industriale, che è tale solo quando vi sono capitali, macchine, mezzi e addetti.
L’argomento è infondato.
La norma dell’art. 425, comma 1, n. 2, cod. pen. prevede un aggravamento di pena quando il fatto è commesso “su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, su aziende agricole, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque”. Per restare al caso oggetto di questo giudizio, la disposizione in parola non definisce cosa sia, agli effetti della norma penale, un impianto industriale.
Il ricorso sostiene che l’impianto industriale debba essere caratterizzato dalla presenza di capitali, macchine, mezzi ed addetti, ma in questo modo ricalca la definizione di azienda, che per l’art. 2555 cod. civ. è “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, ma la norma dell’art. 425 citato non indica come oggetto della tutela l’azienda, ma l’impianto industriale.
Pur potendo consistere anche in un bene mobile, o finanche in un bene immateriale, il concetto di impianto industriale è compatibile con quello di un bene immobile destinato all’attività produttiva, quale era, nel caso in esame, il magazzino del RAGIONE_SOCIALE.
Ne consegue che in modo non illogico la pronuncia di appello ha ritenuto di respingere il relativo motivo di impugnazione evidenziando che il bene immobile andato distrutto con l’incendio conteneva al suo interno, oltre al deposito delle merci, anche la linea di lavorazione e trasformazione della verdura fresca, impianti di irrigazione a goccia ed attrezzature per la pulizia dei legumi, che lo rendevano destinato all’attività produttiva.
Il motivo è, pertanto, nel complesso, infondato.
1.3. Il terzo motivo, dedicato al trattamento sanzionatorio ed alle attenuanti generiche, è manifestamente infondato.
Quanto alle attenuanti generiche, il ricorso deduce che non sono state concesse e che il loro riconoscimento sarebbe stato giustificato dalla sussistenza di situazioni che presentano connotazioni rilevanti e speciali tali da esigere una considerazione ai fini della quantificazione della pena, che, però, non indica. Sul punto, pertanto, il ricorso è affetto da estrema genericità perché, risolvendosi nella
mera citazione di un precedente giurisprudenziale, senza il riferimento ad alcuna delle circostanze del caso di specie, non contiene una critica argomentata alla sentenza impugnata.
Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorso deduce che i giudici del merito hanno deciso per un trattamento sanzionatorio assai severo anche per via del movente, ma che in realtà nessun movente è stato accertato. L’argomento è manifestamente infondato, perché nella individuazione del trattamento sanzionatorio il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli pur sempre indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899), come avvenuto nel caso in esame mediante il richiamo agli indici del danno, del dolo, delle modalità di esecuzione della condotta criminosa, del grave pericolo all’incolumità pubblica ed alle persone che riposavano nel piazzale del RAGIONE_SOCIALE, che non sono attaccati in ricorso, se non con il riferimento all’oscurità del movente, argomento di per sé inidoneo a disarticolare la motivazione della pronuncia impugnata.
1.4. Il quarto motivo si limita a riproporre sotto il profilo del difetto motivazione gli stessi argomenti gli esposti nei motivi precedenti, e non contenendo deduzioni nuove, incorre nell’inammissibilità, in quanto meramente ripetitivo di deduzioni che erano già state svolte.
Il ricorso di COGNOME è, pertanto, complessivamente infondato.
2. Ricorso COGNOME
2.1. Il primo ed il secondo motivo del ricorso di NOME, che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto relativi entrambi al giudizio di responsabilità, sono infondati.
In essi si deduce che l’imputato avrebbe fornito una propria versione dei fatti, che non vi sarebbe prova del suo coinvolgimento nel delitto, che nessuno lo ha visto nel luogo di consumazione dell’incendio né il giorno dei fatti né nei giorni precedenti, che lo stesso ha fornito una sua versione sui motivi delle telefonate intercorse con COGNOME e COGNOME la notte dei fatti.
In questa parte il motivo è inammissibile, perché la doglianza mossa dal ricorrente si risolve in una ricostruzione alternativa delle evidenze probatorie, che di per sé non è apprezzabile in sede di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, GLYPH COGNOME, GLYPH Rv. 280747; GLYPH Sez. 3, Sentenza n.
10 GLYPH
18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519). Nel giudizio di legittimità, infatti, il sindacato sulla correttezza della valutazione della prova è molto ristretto, perchè non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, dato che ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve limitarsi al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali ed alle regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori. E, n caso in esame, il ricorrente censura come profili di illogicità della motivazione quelle che sono in realtà conclusioni cui in modo non illogico è pervenuto il giudice del merito sulla base della valutazione del materiale probatorio a sua disposizione (la presenza del COGNOME a Palazzo San Gervasio la notte del fatto; le telefonate intercorse quella notte con gli autori materiali del reato; la spiegazione, contraddetta dalle risultanze in atti, sulle ragioni di quelle telefonate; la su presenza in Palazzo san Gervasio anche in data compatibile con quella di un sopralluogo preliminare alla realizzazione del delitto).
Il ricorso deduce anche che nelle sentenze dei giudici del merito non sarebbe indicato il contributo causale fornito da NOME alla realizzazione del delitto. L’argomento è infondato perché, in realtà, nella motivazione della sentenza di primo grado è specificato in modo chiaro a pag. 20 che NOME ha svolto la funzione di supervisore del lavoro degli autori materiali del reato, che ha controllato da molto vicino, anche recandosi a INDIRIZZO San Gervasio la notte dei fatti; la sentenza di secondo grado a pag. 11 aggiunge che NOME è anche il soggetto che la sera del 10 settembre 2020 si è recato a INDIRIZZO San Gervasio per effettuare un sopralluogo preparatorio al reato. A prescindere, infatti, dalla individuazione del mandante, il ruolo di programmatore e supervisore dell’azione criminosa svolto da NOME emerge in modo nitido, e non illogico, nelle sentenze dei giudici del merito.
Il ricorso deduce ancora che, venuto meno il mandante NOME, assolto con sentenza passata in giudicato nel separato processo condotto con rito ordinario, dovrebbe venire meno anche il ruolo che NOME avrebbe avuto nel delitto.
L’argomento è infondato. L’intervenuta assoluzione di NOME nella separata sentenza emessa in rito ordinario non vizia la sentenza emessa nel giudizio a carico di NOME, anzitutto, perché “in tema di ricorso per cassazione, la contraddittorietà della motivazione di cui all’art.606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., deve essere interna alla sentenza impugnata” (Sez. 3, Sentenza n. 13678 del 20/01/2022, Noviello, Rv. 283034), talchè è escluso che la contraddittorietà della motivazione di una sentenza possa conseguire ad elementi esterni alla stessa; nel percorso logico delle sentenze dei giudici del merito, infatti, non vi alcuna contraddizione tra le proposizioni che valutano la posizione di NOME e quelle dedicate alla
posizione di NOME, perché il giudizio di responsabilità di NOME in via incidentale quale mandante dell’azione criminosa emerge in modo molto argomentato, in particolare nella sentenza di primo grado alle pagg. 17 – 19.
Inoltre, l’intervenuta assoluzione di NOME nella separata sentenza emessa in rito ordinario non vizia la sentenza emessa nel giudizio a carico di NOME anche perché, come detto, il ruolo di NOME nel percorso logico della sentenza impugnata non si esaurisce con l’aver fatto da tramite tra gli autori materiali del delitto ed mandante, ma consiste anche nel compito di programmazione e preparazione del delitto mediante l’azione di sopralluogo e del controllo da vicino (“supervisore”, secondo il linguaggio della sentenza impugnata) della esecuzione dell’azione.
I motivi sono, pertanto, nel complesso, infondati.
2.3. Il terzo motivo deduce violazione di legge in punto di qualificazione giuridica del fatto, di sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, di sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità, di sussistenza dell’aggravante del fatto commesso in danno di un impianto industriale.
Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del secondo motivo del ricorso COGNOME.
Il motivo è, pertanto, infondato per le ragioni che sono state indicate al punto 1.2. di questa sentenza.
2.4. Il quarto motivo deduce violazione di legge in punto di trattamento sanzionatorio e di attenuanti generiche.
Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del terzo motivo del ricorso COGNOME.
Il motivo è, pertanto, manifestamente infondato per le ragioni che sono state indicate al punto 1.3. di questa sentenza.
2.5. Il quinto motivo deduce vizio di motivazione sostenendo che la sentenza non è motivata sia con riferimento al giudizio di responsabilità che con riferimento alle aggravanti ed al trattamento sanzionatorio.
Gli argomenti sono sovrapponibili in tutto con quelli del quarto motivo del ricorso COGNOME.
Il motivo è, pertanto, manifestamente infondato per le ragioni che sono state indicate al punto 1.4. di questa sentenza.
Il ricorso di NOME è, pertanto, complessivamente infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua
Così deciso il 21 marzo 2024.