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Danneggiamento seguito da incendio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per concorso in concorrenza sleale e danneggiamento seguito da incendio. Il caso riguardava l’incendio doloso di due autobus di un’azienda di trasporti concorrente. La Corte ha confermato che per configurare il reato di danneggiamento seguito da incendio è sufficiente il sorgere di un concreto pericolo di un incendio più vasto, come nel caso di specie, data la presenza di carburante e materiali infiammabili sui veicoli.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento Seguito da Incendio: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Reato

Un atto di sabotaggio contro un’azienda concorrente, realizzato incendiando due autobus, diventa il fulcro di un’importante pronuncia della Corte di Cassazione. La sentenza in esame offre chiarimenti cruciali sulla differenza tra un semplice danneggiamento aggravato dal fuoco e il più grave reato di danneggiamento seguito da incendio. Questa decisione sottolinea come la creazione di un concreto pericolo sia l’elemento decisivo per la qualificazione giuridica del fatto.

I Fatti di Causa: Un Atto di Concorrenza Violenta

La vicenda ha origine dalla rivalità tra due aziende di trasporto. Il titolare di una di esse, per eliminare un concorrente, incarica due persone di incendiare due autobus “gran turismo” appartenenti all’azienda rivale. L’atto viene compiuto di notte, mentre i veicoli sono parcheggiati. Uno degli esecutori materiali appicca il fuoco, mentre il complice, ricorrente in Cassazione, funge da “palo”, ovvero da vedetta.

L’azione era finalizzata a impedire alla ditta concorrente di riprendere un importante servizio di trasporto per il personale sanitario di un ospedale, servizio che era stato temporaneamente sospeso a causa della pandemia e che, nel frattempo, era stato acquisito dall’azienda mandante dell’atto illecito. Le indagini, supportate da video di sorveglianza e intercettazioni, hanno rapidamente identificato mandante ed esecutori.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Nei primi due gradi di giudizio, l’imputato con il ruolo di “palo” viene condannato per concorso in illecita concorrenza con violenza e minaccia (art. 513 bis c.p.) e per danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.).

La difesa presenta ricorso in Cassazione, sollevando principalmente due questioni:
1. Errata qualificazione giuridica del danneggiamento: Secondo il ricorrente, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come semplice danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.), in quanto il fuoco appiccato non avrebbe generato un reale pericolo di un incendio più vasto, elemento costitutivo del più grave reato contestato.
2. Insussistenza del reato di concorrenza sleale: La difesa sosteneva che l’imputato, quale extraneus (cioè soggetto esterno all’attività imprenditoriale), non era a conoscenza della qualità di imprenditore del mandante e, di conseguenza, della finalità anticoncorrenziale dell’azione.

L’Analisi della Cassazione sul Danneggiamento Seguito da Incendio

La Corte di Cassazione respinge le argomentazioni difensive, ritenendo il ricorso manifestamente infondato. Il punto centrale della decisione riguarda la corretta interpretazione del reato di danneggiamento seguito da incendio. I giudici chiariscono che, per integrare questa fattispecie, non è necessario che un incendio di vaste proporzioni si sia effettivamente verificato, ma è sufficiente che l’azione abbia creato un concreto pericolo che ciò potesse accadere.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano logicamente osservato che l’incendio dei due pullman aveva insito un concreto pericolo. La presenza di carburante nei serbatoi, degli pneumatici e del materiale infiammabile della tappezzeria dei sedili costituiva una base sufficiente per la propagazione delle fiamme. Inoltre, le prove hanno dimostrato che l’esecutore materiale era tornato sul posto una seconda volta proprio per alimentare le fiamme sul secondo autobus, che non avevano preso bene al primo tentativo. Questo comportamento dimostrava l’intenzione di provocare un danno significativo e non un semplice atto dimostrativo, creando un rischio tangibile e immediato.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha ritenuto le motivazioni delle sentenze di merito complete, logiche e coerenti con le prove acquisite. Il ricorso, secondo i giudici, rappresentava un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità. La Cassazione ha confermato che la valutazione sul pericolo di incendio è una questione di fatto, adeguatamente motivata dai giudici di merito e quindi non sindacabile.

Anche riguardo al reato di concorrenza sleale, la Corte ha respinto la tesi difensiva. Ha ritenuto del tutto ragionevole che l’imputato, agendo in un piccolo contesto territoriale e partecipando a un’azione così eclatante contro i mezzi di un’impresa locale, fosse pienamente consapevole della finalità dell’incarico ricevuto: rendere inservibili i pullman di un’impresa concorrente per favorire quella del mandante.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la distinzione tra il danneggiamento aggravato e il danneggiamento seguito da incendio risiede nella potenzialità offensiva del fuoco. Se l’azione crea un pericolo concreto e reale che le fiamme si propaghino, si configura il reato più grave previsto dall’art. 424 c.p. La decisione serve da monito sulla gravità di atti che, pur mirando a un danno specifico, mettono a repentaglio la pubblica incolumità attraverso il rischio di un incendio.

Quando un danneggiamento con il fuoco diventa il reato più grave di ‘danneggiamento seguito da incendio’?
Il reato più grave si configura quando l’azione di appiccare il fuoco, oltre a danneggiare il bene, crea un pericolo concreto che si sviluppi un incendio più vasto. La presenza di materiali facilmente infiammabili (come carburante o pneumatici) è un elemento chiave per valutare tale pericolo.

Una persona che non è un imprenditore può essere condannata per concorso in concorrenza sleale?
Sì, può essere condannata a titolo di concorso se è consapevole della finalità illecita della sua azione. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che l’imputato fosse consapevole di partecipare a un atto di concorrenza sleale, dato il contesto e la natura dell’azione commessa.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o ricostruire diversamente i fatti già accertati nei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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