Danneggiamento: Anche l’Inservibilità Temporanea Integra il Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di danneggiamento, chiarendo che per commettere tale reato non è necessario distruggere o deteriorare fisicamente un bene. È sufficiente renderlo, anche solo temporaneamente, inservibile al suo uso. Questo caso, nato da un gesto pericoloso in un contesto condominiale, offre spunti importanti sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla definizione stessa del reato.
I Fatti di Causa: Acido sul Pianerottolo Condominiale
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato nei gradi di merito per, tra le altre cose, il reato di danneggiamento ai sensi dell’art. 635 del Codice Penale. La condotta contestata consisteva nell’aver gettato dell’acido sul pianerottolo del proprio condominio. Tale azione, sebbene non abbia distrutto la pavimentazione, l’ha resa di fatto inservibile, impedendo agli altri condomini di transitare in sicurezza. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione della sentenza di condanna e sostenendo che la sua condotta non rientrasse nella tipologia prevista dalla norma incriminatrice.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze sollevate. I giudici hanno sottolineato come i motivi presentati dall’imputato fossero, in larga parte, una mera riproposizione di argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i confini del proprio giudizio: non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito, né può verificare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con modelli di ragionamento esterni. Il suo compito è verificare la presenza di vizi di legge o di motivazioni manifestamente illogiche, assenti nel caso di specie.
Il Reato di Danneggiamento e l’Inservibilità della Cosa
Il punto centrale della decisione riguarda la corretta interpretazione del reato di danneggiamento. L’imputato sosteneva che la sua azione fosse ‘atipica’ rispetto alla previsione normativa. La Corte ha rigettato questa tesi, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità. In particolare, è stato citato un precedente secondo cui ‘integra il reato di danneggiamento qualsiasi condotta che si risolve in una impossibilità, seppur temporanea, di utilizzare la cosa per lo scopo a cui è destinata’.
Gettare dell’acido sul pianerottolo ha reso quest’ultimo inservibile alla sua funzione primaria, ovvero il transito delle persone. L’impossibilità di utilizzo, anche se solo per un periodo limitato, è stata ritenuta sufficiente a configurare il reato. La condotta non deve necessariamente causare una rottura o un deterioramento permanente, ma è sufficiente che ne comprometta la funzionalità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali. Il primo è di natura processuale: il ricorso per Cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi d’appello. Deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, evidenziandone i vizi logici o giuridici, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. I motivi sono stati giudicati ‘non specifici ma soltanto apparenti’. Il secondo pilastro è di natura sostanziale e riguarda, come visto, la nozione di danneggiamento. La Corte ha applicato un’interpretazione consolidata che estende la tutela penale non solo all’integrità materiale della cosa, ma anche alla sua piena funzionalità. Rendere una cosa inutilizzabile, anche temporaneamente, equivale a danneggiarla agli occhi della legge, perché si priva il proprietario della sua utilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame conferma che la nozione di danneggiamento è più ampia di quanto comunemente si pensi. Non si limita alla rottura o alla distruzione, ma include qualsiasi azione che impedisca al bene di svolgere la sua funzione. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente in contesti come quello condominiale, dove le azioni di un singolo possono facilmente compromettere l’uso di parti comuni. La decisione serve anche da monito sull’importanza di formulare ricorsi per Cassazione specifici e tecnicamente fondati, evitando la mera riproposizione di argomenti già vagliati, pena l’inammissibilità.
Quando un’azione costituisce il reato di danneggiamento secondo la Cassazione?
Il reato di danneggiamento si configura con qualsiasi condotta che rende un bene, anche solo temporaneamente, impossibile da utilizzare per lo scopo a cui è destinato. Non è necessaria la distruzione fisica o il deterioramento permanente.
È possibile presentare in Cassazione le stesse argomentazioni già respinte in appello?
No, il ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza formulare una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24069 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24069 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CHIETI il 29/03/1955
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 674 cod. pen. denunciando la violazione dell’art. 192 cod. pen. sulla base della diversa lettura dei dati processuali ed un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si vedano pagg. 3-4 della sentenza impugnata);
rilevato che il secondo e il terzo motivo di ricorso, che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per manifesta illogicità e violazione dell’art. 533 cod. proc. pen., non sono consentiti perché meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (in particolare, vedano anche qui le pagine 3-4 della sentenza impugnata);
osservato che il quarto motivo di ricorso, che, in riferimento all’imputazione per il reato di cui all’art. 635 cod. pen., contesta la violazione di legge per atipici della condotta rispetto a quelle previste dalla norma incriminatrice, non è consentito perché fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
in particolare, la Corte di appello, a pagina 4 della sentenza impugnata, ha correttamente richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui integra il reato di danneggiamento qualsiasi condotta che si risolve in una impossibilità, seppur temporanea, di utilizzare la cosa per lo scopo a cui è destinata (Sez. 4, n. 9343 del 21/10/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249809 – 01): nel caso di specie risulta evidente come l’aver gettato dell’acido a terra abbia reso inservibile il pianerottolo, impedendo che i condomini potessero transitarvi.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 Maggio 2025
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Il Presidente