Danneggiamento e Tenuità: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per il reato di danneggiamento e, in particolare, sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso riguarda un individuo condannato per danneggiamento che ha visto il suo ricorso respinto per manifesta infondatezza, con una decisione che ribadisce principi consolidati in materia di Danneggiamento e Tenuità. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni della Corte.
I Fatti del Caso: La Condanna per Danneggiamento
Il procedimento nasce da un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la condanna di un imputato per il delitto di danneggiamento. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato due principali motivi di doglianza davanti alla Suprema Corte, sperando di ottenere l’annullamento della condanna.
L’Analisi della Cassazione: I Motivi del Ricorso
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, ritenendoli entrambi non meritevoli di accoglimento e, di conseguenza, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.
Primo Motivo: La Responsabilità Penale e lo Stato d’Ira
Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità. Sostanzialmente, riproponeva censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che tali argomentazioni erano formulate in termini non consentiti in sede di legittimità. La Corte territoriale, infatti, aveva già congruamente spiegato come nel comportamento dell’imputato fossero presenti sia l’elemento materiale che quello soggettivo del reato di danneggiamento.
Inoltre, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale sancito dall’art. 90 del codice penale: lo stato d’ira o il movente che ha spinto il soggetto a commettere il reato non sono elementi idonei a escludere la responsabilità penale.
Secondo Motivo: Il Danneggiamento e Tenuità e l’Art. 131-bis c.p.
Il secondo motivo di ricorso si concentrava sulla violazione di legge per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p. Anche questa doglianza è stata giudicata manifestamente infondata.
La Corte ha evidenziato come i giudici d’appello avessero correttamente applicato i principi di diritto in materia, escludendo la possibilità di applicare tale beneficio. La decisione si basava su una valutazione complessiva della vicenda, che teneva conto di tre fattori cruciali.
Le Motivazioni della Decisione: Perché il Ricorso è Inammissibile
La decisione di inammissibilità si fonda su una valutazione rigorosa dei presupposti richiesti per l’applicazione della non punibilità. I giudici hanno ritenuto assenti tali presupposti per diverse ragioni. In primo luogo, hanno considerato il ‘particolare disvalore della condotta’, che andava oltre una semplice minima offesa. In secondo luogo, hanno valutato il ‘danno economicamente non irrisorio’ derivato dal reato, un elemento che contrasta con il concetto di tenuità. Infine, un fattore determinante è stata la ‘presenza di plurime condanne per reati della stessa indole’ a carico del ricorrente. Questo ultimo aspetto è stato interpretato come un indicatore di un comportamento non occasionale, bensì di una tendenza a delinquere che osta all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p. La Corte, richiamando consolidata giurisprudenza, ha quindi confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce che il beneficio della particolare tenuità del fatto non è un automatismo, ma richiede una valutazione attenta da parte del giudice, che deve considerare non solo l’entità del danno, ma anche il disvalore complessivo della condotta e la personalità dell’imputato. La presenza di precedenti penali specifici assume un peso determinante nell’escludere la non punibilità. La decisione finale di inammissibilità, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, serve da monito sull’importanza di presentare ricorsi fondati su motivi di legittimità validi, evitando di riproporre questioni di merito già decise nei precedenti gradi di giudizio.
Lo stato d’ira può escludere la responsabilità per il reato di danneggiamento?
No, secondo la Corte, lo stato d’ira e il movente che spingono ad agire non assumono rilevanza ai fini dell’esclusione della responsabilità penale, come stabilito dall’art. 90 del codice penale.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto inapplicabile tale beneficio a causa del particolare disvalore della condotta, del danno economico non irrisorio e della presenza di plurime condanne precedenti a carico del ricorrente per reati della stessa indole, che indicano un comportamento non occasionale.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36802 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36802 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a RABAT( MAROCCO) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che confermava la responsabilità dell’imputato e il trattamento sanzionatorio inflittogli per il delitto di danneggiamento;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 635, secondo comma, n. 1, cod. pen., è formulato in termini non consentiti dalla legge in questa sede, essendo riproduttivo di profili di censura già dedotti in appello e congruamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, la quale, sulla base di corrette argomentazioni logiche e giuridiche, ha ravvisato nel contegno posto in essere dall’odierno ricorrente tanto l’elemento materiale del reato di danneggiamento, quanto quello soggettivo (si veda pag. 2 della impugnata sentenza);
che, infatti, come osservato dai giudici di appello, non assumono rilevanza, ai fini della esclusione della responsabilità penale, il movente e lo stato d’ira che hanno determinato il soggetto ad agire (art. 90 cod. pen.);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., risulta manifestamente infondato in quanto i giudici di appello, con motivazione scevra da vizi censurabili in questa sede, hanno fatto corretta applicazione dei principi di diritto che regolano la materia (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), ritenendo assenti i presupposti per l’operatività dell’istituto in considerazione del particolare disvalore della condotta e del danno economicamente non irrisorio da essa derivato, nonché della presenza di plurime condanne per reati della stessa indole a carico dell’odierno ricorrente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il giorno 10 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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Il Pres ente